Il meccanico dei trattori presenta le sue creature al Motor Show! La storia di Franco Dini, di Acquapendente
In genere, quando si va in officina a cercarlo, lo si trova sdraiato sotto un camion o infilato nel culo polveroso di una mietitrebbia, mentre bestemmia contro l’ingegnere che l’ha progettata. Ma più spesso lo si trova al tornio, mentre crea perni e boccole introvabili in qualsiasi magazzino di ricambi.
La storia di Franco (al secolo Dini Gianfranco) non è cominciata in modo molto diverso da quella di molti altri dalle nostre parti. A lavorare presto, da ragazzo, mentre si frequenta la scuola tecnica, come apprendista. Poi, appena possibile, mettersi in proprio. Si comincia con un banco da lavoro, poi i primi macchinari, il capannone nella zona industriale… Facendo regolarmente passi più lunghi della gamba.
E intanto la vita scorre mentre si riparano trattori, si saldano aratri spaccati, si rettificano motori, si pagano cambiali, si inseguono clienti che non pagano e si cresce una famiglia. Facendo ciò che si può, come si può.
Ma Franco non è un meccanico come gli altri. Ha una passione autentica e invidiabile per il suo lavoro, e una sicurezza nelle sue capacità che rasenta la presunzione. Molti hanno finito per detestarlo per questo, per questa sua ostinazione a sistemare pezzi che chiunque altro avrebbe semplicemente sostituito, facendo tutt’al più la fatica di un ordine telefonico. Eppure poi, quando i problemi sono seri, corrono tutti da Franco, anche i suoi concorrenti, a chiedere aiuto e consiglio.
Ho passato una buona parte degli ultimi anni nella sua officina, aspettando che finisse un lavoro per cominciare a occuparsi dei guasti dei miei trattori, o delle saldature delle mie attrezzature. Perché con Franco, va detto, ci vuole un po’ di pazienza…
Era prevedibile che prima o poi anche Franco si facesse contagiare dalla tentazione di sistemare auto d’epoca. “Ma lo faccio per gioco, solo quando c’ho tempo!” E infatti il tempo non c’era mai, e la sua prima 500, rossa fiammante, ha impiegato anni per vedere la luce. Poi una Mini Cooper, una Topolino, una Lancia Montecarlo, e noi clienti sempre più preoccupati che i nuovi giocattoli di Franco togliessero tempo alle cose serie, cioè a noi.
Un giorno, entrando in officina, vidi appoggiato in terra un gruppo motore-trasmissione gigantesco, che aveva tutta l’aria di essere stato salvato dalla pressa di uno sfasciacarrozze.
“E questo?” gli ho chiesto.
“E’ per quella” mi ha risposto indicandomi una carcassa arruginita di una vecchissima 500. “E’ un Porsche. Tremila e due di cilindrata”
“Ma vaffanculo, Fra’!”
Non la voglio fare tanto lunga. La 500 Porshe è nata, nonostante lo scetticismo di tutti. Rispettando il passo e i quattro posti originali. E se la cava con circa 200 cv in 800 kg di peso.
Ed è bellissima. Sobria ed elegante, col suo grigio argento McLaren.
Chi pensava che fosse finita lì non conosce Franco. Erano passati solo pochi giorni dalla sua trionfale prova sul mensile Elaborare che già un’altra 500 antidiluviana faceva il suo ingresso in officina, completamente mangiata dalla ruggine.
“E con questa, che ci vuoi fare?”
“Cosa c’è di più di una Porsche?” mi ha chiesto con un sorriso ironico.
“No, Franco, una Ferrari non ti c’entra qui dentro, per piacere…”
Ma non ero troppo convinto. Lui si, invece, dato che in poco più di un anno, lavorando soprattutto di notte, ha tirato fuori dal cappello una 500 spinta da un 3000 V8 Ferrari. In questo caso ha dovuto sacrificare i sedili posteriori, ma il risultato è lo stesso spettacolare. A vederla, sembra incredibile che sia stata creata lì, in quel capannone della zona industriale di Acquapendente, nei ritagli di tempo tra un trattore e un autocarro.
La settimana scorsa ha portato le sue creature al Motor Show di Bologna.
“Le hanno viste tutti”, mi dice “e quando dico tutti voglio dire tutti. Sono venuti tutti i costruttori, anche in incognito, ma non costruttori come me, costruttori veri! E giornalisti, tanti, e pure le puttane… Sì, le pornostar… A fare le foto sulla mia macchina! Una m’ha detto se gliela facevo vedere, la macchina, ma io ho risposto che me la doveva far vedere prima lei! In molti mi hanno detto che erano i pezzi più belli del salone…”
“Sono soddisfazioni” aggiunge, con gli occhi un po’ lucidi. “Soddisfazioni e basta” e indica il figlio, Leonardo, che fino a poco tempo fa veniva a far casino in officina per sistemare i motorini degli amici, ora è neolaureato in ingegneria robotica e ha curato il design dei due bolidi.
“Non ci guadagno niente, anzi ci ho rimesso un mucchio di quattrini, ma sai, all’età mia, qualche soddisfazione me la meritavo pure” (le due macchine sono state valutate alcune centinaia di migliaia di euro, ma a venderle neanche ci pensa).
“All’età tua?” gli chiedo, “perché, ti fermi qui?”
“Non ci penso per niente” fa lui, recuperando allegria, “ho fatto una scommessa con un giornalista: se qualcuno mi rimedia un 12 cilindri Lamborghini, ci infilo dentro pure quello!”
Ah beh… Mi pareva strano!
Chi volesse, può vedere la storia della 500 Ferrari in questo video, mentre in quest’altro c’è la 500 Porsche in un raduno a Tarquinia.
E’ vero, Franco. Ne abbiamo parlato spesso, andando a fare colazione insieme a metà mattinata. Una vita di sacrificio e di lavoro svolto con passione può dare qualche soddisfazione inattesa.
Complimenti.
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