Cinque anni di agricoltura (pessima e sprecona) nel Lazio
Lazio Informazione, il mensile dell’assessorato all’agricoltura della Regione Lazio, è un opuscolo illeggibile e irritante che viene usato dall’assessore di turno per fare un po’ di propaganda a buon mercato, considerato che viene stampato e diffuso a spese dei contribuenti. Mi arriva a casa ogni mese senza che ne abbia mai fatto richiesta per il semplice fatto, credo, di essere un agricoltore. Se oggi prendo in considerazione l’ultimo numero, invece di destinarlo al caminetto, è perché offre un’ampia e dettagliata sintesi di tutto ciò che un assessorato regionale all’agricoltura non dovrebbe fare nel tempo e con i soldi a sua disposizione. Il fatto che nelle intenzioni degli estensori, l’opera avrebbe dovuto rappresentare un titolo di vanto per l’assessore uscente, non toglie nulla all’utilità “accademica” del dossier, intitolato Come è cambiata l’agricoltura del Lazio in 5 anni.
Distretti rurali ed agroalimentari di qualità. Avere istituito dei distretti rurali di qualità su tutto il territorio regionale è senz’altro servito a distribuire risorse pubbliche in ogni provincia, senza scontentare nessuno, senza che nessuno restasse a bocca asciutta. In termini elettorali è un’operazione che porta il suo buon tornaconto, non c’è dubbio. Resta tutto da definire un concetto di qualità talmente inflazionato da includere ogni territorio, e quali benefici reali e a lungo termine ne derivino per imprese che si ritrovano a godere di un valore aggiunto che il mercato avrebbe loro negato.
Agriturismo. Le aziende agrituristiche della regione Lazio sono passate in 5 anni da 273 a 654. Questo dato sarebbe esaltante, se fosse stato il mercato e non gli incentivi pubblici a spingere il settore. In realtà la domanda è in calo, ormai da anni, e gli investimenti sono soltanto il frutto dell’ennesimo spreco di denaro pubblico. Ho già avuto modo di descrivere in che modo gli investimenti pubblici per il turismo rurale hanno drogato e soffocato il settore. Sarebbe stato sufficiente imparare la lezione dai tempi del vecchio Obiettivo 5b. In quest’ultimo caso mi limiterò a osservare che per nessuno degli investimenti ammessi a contributo secondo l’ultimo PSR (Piano di Sviluppo Rurale) è ancora stato pagato un euro, e che molte aziende agricole, che hanno dovuto comunque far fronte agli investimenti, si trovano in molti casi con l’acqua alla gola. Non perdere nessuna occasione per distribuire (o promettere) contributi a pioggia può senz’altro rendere dal punto di vista elettorale, come sopra. Nella migliore delle ipotesi ci si limita a disperdere risorse pubbliche senza nessun vantaggio per l’economia, nella peggiore si influisce sulle normali dinamiche di mercato con risultati catastrofici.
Ogm. Vietare la coltivazione di varietà geneticamente modificate sul territorio regionale non è solo illegittimo, secondo quando stabilito dalla sentenza del Consiglio di Stato del 19 gennaio scorso, ma è anche profondamente sbagliato, perché impedisce agli agricoltori di usufruire di opportunità che sono consentite altrove, e li colloca automaticamente fuori mercato. Pretendendo poi, per dare una parvenza di legittimità etica a questa follia, di vietare la somministrazione di prodotti contenenti Ogm nelle mense scolastiche, si prendono in giro i consumatori. Gli Ogm sono legittimamente presenti nell’alimentazione animale (un quarto dei mangimi li contengono) e finiscono nei piatti di ogni mensa, pubblica e privata. Nessuna legge regionale è in grado, grazie al cielo, di modificare questa realtà.
Accordi di filiera. La Pac, (Politica Agricola Comunitaria) già interviene pesantemente con i suoi sussidi sul normale sistema di determinazione dei prezzi. Pretendere di intervenire ulteriormente con i contratti di filiera, stipulati tra associazioni di categoria, in cui sono stabiliti
nel dettaglio tutte le condizioni tra i contraenti (durata, dinamiche di mercato, sbocchi commerciali, sicurezza degli approvvigionamenti e fluttuazioni dei prezzi)
rappresenta un ulteriore illogica intromissione della politica nelle scelte degli imprenditori che a questo punto si trovano costretti ad operare su un percorso già tracciato altrove. Soprattutto se
l’adesione agli accordi costituisce criterio di preferenza per l’accesso a finanziamenti, azioni e servizi della Regione in favore delle imprese agricole ed agroalimentari.
Mercati agricoli.
Vengono concessi contributi ai comuni e agli imprenditori agricoli, sia singoli che associati, per realizzare i mercati agricoli; i mercati agricoli devono vendere prodotti locali; nei capoluoghi di provincia viene sostenuta anche la realizzazione di mercati agricoli che vendono prodotti biologici; vengono concessi contributi anche ai comuni che utilizzano i prodotti ortofrutticoli dei mercati agricoli per le mense scolastiche.
Traduzione: ci sono avanzati un po’ di soldi da buttare e non siamo riusciti a trovare nulla di più inutile e insensato da finanziare. Ce l’abbiamo comunque messa tutta.
e tu il 3 marzo, con una situazione al limite dell’eversivo mi (ci)spieghi che è quasi meglio la Polverini? Come dice Ghedini: “ma va là”.
alessandro
La situazione del Lazio è ai limiti del patetico (anzi ben oltre), più che dell’eversivo. La mia idea (del tutto personale) è che per essere apprezzati dagli elettori si dovrebbe provare ad amministrare correttamente le risorse che si hanno a disposizione, mentre per essere riconfermati dagli elettori è più che sufficiente distribuire a spaglio le risorse medesime…