Uno, nessuno e centomila
Dopo il primo dei due sabati di lotta si da inizio, tanto per cambiare, allo spettacolo della caricatura delle cifre, e possiamo scommetere che assisteremo alle stesse scene anche sabato prossimo. Ne avevamo parlato a dicembre, in un post su PerSentitoDire, dopo la prima manifestazione del cosiddetto “popolo viola”
Il 24 marzo del 1984 Roma fu invasa da quella che gli organizzatori definirono come la più imponente manifestazione del dopoguerra. Fu stimato che circa settecentomila persone giunsero nella capitale per protestare contro il taglio della scala mobile voluto da Craxi. Ero ragazzino, ma ricordo che per anni quella parola magica, settecentomila, avrebbe accompagnato le nostre battaglie come un miraggio irraggiungibile.
Anche se pochi mesi dopo, per il funerale di Enrico Berlinguer, furono un milione gli uomini e le donne che vennero a Roma. Anche in questo caso i ricordi vaghi mi restituiscono l’immagine di una città paralizzata, treni speciali, pullman a non finire, perfino navi. Una piazza San Giovanni che rischiava di esplodere, e ogni strada che confluiva nella piazza altrettanto gremita per chilometri.
Poi, il movimento per la pace, le lotte studentesche… A ogni manifestazione il duello di cifre tra questura e organizzatori si ripeteva: settantamila per la questura, centomila per gli organizzatori. Centottantamila per la questura, trecentomila per gli organizzatori. Noi che le manifestazioni le organizzavamo, facevamo i servizi d’ordine e parlavamo con la questura sapevamo che, come sempre, la verità era nel mezzo. E penso che lo sapessero un po’ tutti.
Poi, negli ultimi anni, è cominciato un fenomeno curioso. Proprio quando l’interesse e la passione per la politica si affievolisce e raggiunge i minimi storici, la partecipazione alle manifestazioni popolari raggiunge proporzioni mai immaginate prima. Un milione, due milioni, due milioni e mezzo, tre milioni, secondo i Cofferati, i Berlusconi, i Veltroni e gli Epifani che le hanno via via organizzate.
Ieri, al cosiddetto No B Day, la questura ha stimato la presenza di novantamila persone. “Un milione!” hanno ribattuto gli organizzatori ritoccando di un filino la precedente stima di cinquecentomila.
Eppure ieri sono arrivato a Roma a metà mattinata e sono ripartito nel primo pomeriggio, e il traffico scorreva liscio come l’olio. Non ho visto un solo pullman, almeno tra ponte Milvio, il Foro Italico e Piazzale Flaminio. Ho trovato parcheggio in un baleno. I bollettini radiofonici del traffico segnalavano rallentamenti nel centro storico e nelle zone limitrofe al percorso della manifestazione. Non pretendo di fare statistica, ma mi pare un po’ pochino.
Credo che il milione di uomini e donne, quello vero, che attraversarono l’Italia con ogni mezzo per salutare Enrico Berlinguer meriterebbero un po’ più di rispetto così come forse lo meriterebbero le persone reali (il numero non è dato saperlo) che ieri hanno scelto di manifestare e che non dovrebbero essere usate come petardi da stadio.
Non voglio entrare nel merito della manifestazione di ieri. Molti buoni amici e persone che stimo c’erano, io no.
Ma una cosa è certa: tanto Berlusconi che l’antiberlusconismo si nutrono dello stesso gusto per la cazzata sparata a tutto volume e della stessa pretesa di rappresentare l’Italia intera.
(tanto, poi, saranno i dati sulla affluenza alle urne per le elezioni regionali a fornire una misura piú veritiera della situazione…)