Un sindacato post-democristiano consegna la ‘terra’ al Carroccio. Tutto ok?
Libertiamo – 02/04/2010
Attorno alle questioni agricole si giocano spesso partite i cui esiti restano nell’ombra a causa del disinteresse generale verso il settore da parte della maggioranza dell’opinione pubblica e, di conseguenza, dei media. Una di queste riguarderà la sorte del Ministero delle Politiche Agricole, ora che il suo titolare, Luca Zaia, è stato eletto governatore del Veneto.
La Lega Nord si è accorta da anni del legame stretto che la rappresentanza agricola garantisce con pezzi importanti del territorio, non solo settentrionale. Ma se una volta il sostegno del partito di Bossi alle proteste dei Cobas del latte faceva ben sperare in una rottura e in un superamento delle logiche consociative e spartitorie tipiche dei sindacati agricoli tradizionali e del loro sistema di potere, oggi la situazione appare ben diversa.
Le confederazioni agricole, in particolare la Coldiretti, che è la più ramificata e organizzata, sono diventate nel corso degli anni delle macchine di potere straordinarie: da una parte gli agricoltori sono di fatto obbligati ad aderire ad un sindacato per accedere ai sussidi europei (i loro CAA sono gli unici a disporre del software che permette di connettersi agli enti erogatori per presentare le domande), dall’altra questo stesso ruolo di intermediazione ”istituzionale” li rende attori insostituibili per quanto riguarda l’erogazione dei fondi europei per lo sviluppo rurale, che finanziano progetti individuali e collettivi.
Sono, di fatto, enormi agenzie di servizi, specializzate nella distribuzione di sussidi, che oltre a fare concorrenza sleale agli studi agronomici professionali, sono le prime a beneficiare della Politica Agricola Comune, grazie al ruolo che essa garantisce loro. E possono vantare una rappresentatività enorme nel settore agricolo e operare un condizionamento significativo nelle scelte di tantissime di famiglie.
Questo potere ormai prescinde completamente dalla rappresentanza e dalla tutela reale degli interessi degli agricoltori. Anzi, come ho già avuto modo di spiegare, oggi il sindacato è diventato una controparte degli agricoltori, dato che ormai da decenni fa parte della voce “spese” di ogni azienda agricola. E che Coldiretti abbia abbandonato ormai definitivamente ogni pretesa di rappresentare gli interessi delle aziende lo dimostra la funzione di “controllore” dei prezzi al dettaglio che ormai svolge da anni, quasi fosse un’associazione di consumatori, e alcune scelte oggettivamente penalizzanti per gli agricoltori italiani, come l’ostinato rifiuto degli Ogm.
In particolare quest’ultima scelta, come dimostra un rapporto sull’agricoltura italiana recentemente pubblicato dall’United States Department of Agricolture , costa a ogni coltivatore di mais del nostro paese fino a 400 euro per ettaro di minore produttività, cifre che sono addirittura superiori ai sussidi che lo stesso ettaro di terra riceve dalla Pac. Ma in fondo non è una scelta che sorprende, dato che a Coldiretti non piace un’agricoltura competitiva, ma è gradita un’agricoltura che dipenda, per sopravvivere, dai sussidi europei e indirettamente dal sottobosco politico e clientelare che ruota attorno alla loro erogazione.
Non sappiamo se l’adesione quasi simbiotica tra le politiche di Zaia e la Coldiretti sia stata funzionale soltanto all’elezione del ministro alla carica di governatore del Veneto, dove il sindacato ormai ex democristiano conserva il proprio feudo più significativo, oppure se rappresenti un legame ormai indissolubile, funzionale alla strategia del Carroccio per la conquista e l’occupazione dei centri di potere dell’ancient régime. In campagna elettorale Bossi in persona si è preoccupato di assicurare i sostenitori di Zaia (in particolare Coldiretti) che il Ministero delle Politiche Agricole sarebbe rimasto saldamente nelle mani della Lega Nord, nonostante Berlusconi lo avesse già ufficiosamente promesso a Giancarlo Galan. Ancora una volta si gioca una partita tra libertà e statalismo assistenziale, tra opportunità e corporativismo. Noi sappiamo da che parte stare, e la Lega?
Sei un grande! Noi lo diciamo da anni… e non solo noi. Il problema è che a quanto pare non c’è gente disponibile a cogliere…
Anche la Lega sa bene da quale parte stare: contro il mercato