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Della forma e della sostanza: il burqa vietato di Novara

4 Maggio 2010

Ieri  a Novara una donna tunisina è stata sanzionata dai vigili urbani perché indossava il velo integrale, il niqab. E’ stato possibile grazie ad un’ordinanza del Sindaco, Massimo Giordano, che vieta di frequentare i luoghi pubblici con il volto coperto. Questa è la notizia, che ho riportato nel modo più asettico possibile, in modo da poterla separare dalle mie considerazioni.

Personalmente ritengo che sia compito dello Stato impedire i comportamenti aggressivi o che costituiscano una minaccia per la libertà altrui. Ovvero, non saranno le statistiche sulle vittime della strada a convincermi che sia giusto rendere obbligatorio l’uso del casco in bicicletta: andare in bicicletta senza casco non è un comportamento aggressivo o minaccioso, semmai è semplicemente un comportamento in alcuni casi imprudente, che che deve rimanere nell’ambito delle nostre scelte individuali e consapevoli. Allo stesso modo è difficile considerare l’uso del burqa o del niqab un atteggiamento aggressivo o minaccioso, nel senso che comunemente si da a questa espressione. Per me, in teoria, una persona dovrebbe poter essere libera di andare in giro col frac, i jeans, il burqa o le mutande in testa senza che questo debba far perdere anche solo cinque minuti al legislatore. Il riferimento al dovere di ogni cittadino di essere identificabile può essere sensato, anche se ho l’impressione, a naso, che questo discorso sia in realtà un alibi per impedire un comportamento, l’uso del burqa, che riteniamo intollerabile per altre ragioni.

Io credo però che l’uso del burqa o del niqab, più che essere un comportamento aggressivo in sé, manifesti l’esistenza di un comportamento aggressivo, di cui sono vittime le donne che lo indossano, e come tale sia giusto impedirlo. L’uso del burqa è intollerabile perché priva un individuo dell’unicità del suo volto, e attraverso di essa del suo diritto a manifestarsi al prossimo, a coesistere con gli altri. Priva, in sostanza, un individuo del suo diritto ad essere tale. Quindi l’uso del burqa non è intollerabile per la nostra civiltà o le nostre tradizioni, come dice il sindaco di Novara. E’ intollerabile in sé, a meno che non consideriamo accettabile l’esistenza di (o la coesistenza con) un sistema di valori grazie al quale una persona può essere privata del suo volto, della sua individualità e della sua libertà dall’istante della nascita a quello della sua morte.

E conta assai poco che una donna possa acconsentire ad indossare il velo. La mancanza di una possibilità di scelta priva il consenso di qualsiasi valore. Il marito della donna sanzionata avrebbe infatti già fatto capire che se le cose stanno così sua moglie sarà costretta a non uscire più di casa. A questo punto la sfida per le istituzioni e i cittadini di Novara si fa complessa, ma di straordinario valore: dovranno affrontare la sostanza del problema, e non solo le sue manifestazioni apparenti in luogo pubblico. Dovranno vigilare e impedire che una prigione di stoffa venga sostituita da una di mattoni.  Dovranno prendersi cura di quella donna, se sarà il caso, e non respingerla. Se ci riusciranno (o almeno se tenteranno di farlo) avranno dato un senso ad una norma giusta che altrimenti apparirà solo come un’ulteriore, inutile vessazione.

Fino ad ora le risposte che la politica ha cercato di dare al problema costituito dall’uso del velo integrale, da una parte e dall’altra, sono delle semplici rimozioni: o ci si volta dall’altra parte in nome di una malintesa forma di relativismo multiculturale che dimentica i diritti fondamentali della persona, o si relega la questione tra le mura di una casa, accontentandosi di allontanare la sofferenza da i nostri occhi. Ma se occhio non vede, e cuore non duole, una donna reclusa resta tale, anche e soprattutto se non passeggia più sulla pubblica piazza.

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