Erbacce “roundup ready”
La notizia che si sta diffondendo sui media americani, la comparsa di erbe infestanti “roundup ready”, cioè resistenti all’erbicida glifosate, merita attenzione, soprattutto data la quantità di colture Ogm HR, Herbicide Resistant, che devono la propria ragion d’essere proprio alla resitenza verso questo particolare erbicida. In queste varietà (essenzialmente mais e soia) è stato inserito un gene che le rende resistenti a un diserbante generico, il glifosate appunto, che diventa automaticamente molto efficace nella disinfestazione dei campi, uccidendo tutte le malerbe tranne la coltura in questione, con costi ridotti rispetto al passato quando si usavano diversi diserbanti selettivi che costavano molto di più e avevano un’efficacia inferiore (oltre ad avere una tossicità maggiore).
Oggi l’ecoblogosfera è invasa di post trionfanti che imputano agli Ogm la diffusione di queste malerbe. In realtà le cose a nostro avviso non stanno esattamente così, e più che gli Ogm la responsabilità del fenomeno va ricercata in un certo tipo di gestione aziendale, che cerca di massimizzare le rese nel breve periodo senza porsi troppi problemi sul medio e lungo periodo. In agricoltura convenzionale, per fare un esempio, per combattere le graminacee infestanti su un campo di grano duro esistono molti prodotti. Qualunque rivenditore consiglierà sempre di alternarne l’uso, per evitare fenomeni di resistenza: se usi tutti gli anni lo stesso prodotto, per quanta soddisfazione ti avrà dato l’anno precedente, finirà nel tempo con l’essere meno efficace, e avrai bisogno di dosi maggiori. Gli agricoltori sanno che è buona norma alternare l’uso di un principio attivo con un altro.
Così come sanno che l’alternanza colturale, unita all’uso di diverse tecniche di lavorazone del terreno usate in successione, è un buon sistema per migliorare la fertilità dei terreni e per prevenire le infestanti. Per esempio sappiamo che le aziende che uniscono l’allevamento alla coltivazione, e che quindi devono alternare i cereali con l’erba medica da foraggio (che ha la capacità di fissare l’azoto nel terreno) hanno rese unitarie di cereali per ettaro superiori a quelle di aziende che praticano solo la coltivazione di cereali. In queste ultime aziende, invece, la mancanza o l’insufficienza di alternanza colturale, unita ad un uso massiccio di fertilizzanti chimici che a lungo andare impoveriscono la materia organica del terreno, finisce per marcare un calo sensibile delle rese dopo pochi anni.
In molte aziende, come quella di cui parla l’articolo del New York Times, si usa esclusivamente la semina su sodo (no-till) per coltivazioni monocolturali di soia o mais. Le varietà HR sono ovviamente funzionali a questo genere di gestione aziendale, che però oggi minaccia di essere produttiva solo nel breve periodo, dato che usando solo glifosate si sono, evidentemente, sviluppate e diffuse malerbe resistenti proprio al glifosate (attenzione, non sono infestanti geneticamente modificate). Non conosciamo l’entità del fenomeno, ma anche senza dati, cifre e tabelle non ci sembra un fenomeno molto strano.
Gli Ogm non sono “buoni” in sé. Molto dipende dall’uso che se ne fa, come per ogni cosa. E chi li usa male a lungo andare ci rimette, come è giusto che sia. Anzi, vicende di questo tipo dimostrano che gli Ogm non solo possono, ma probabilmente devono coesistere con diverse tecniche colturali, anche più tradizionali. L’industria Biotech sta intanto dando la sua risposta, cercando di selezionare varietà resistenti a differenti principi attivi, mentre gli agricoltori in alcune aree del Midwest stanno ricominciando ad usare anche altri erbicidi selettivi oltre il glifosate.
Beh, qui un approfondimento ci voleva…
http://biotecnologiebastabugie.blogspot.com/2010/05/ignoganza-infestans-uninfestante.html
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