Le regioni in rosso dovranno aumentare le tasse. E chiudere, finalmente, gli ospedali inutili
Chicago Blog – 14/05/2010
La notizia che quattro regioni (Lazio, Campania, Calabria e Molise) non riceveranno più i fondi del FAS per ripianare i conti in rosso del proprio sistema sanitario è una buona notizia. Anche se questo significherà necessariamente più tasse (anche per il sottoscritto, ahimé, che risiede nel Lazio nonostante pochi chilometri lo separino da due regioni “virtuose” come Umbria e Toscana).
E’ prevedibile il coro di proteste che si leverà, e si può star certi che in qualche caso si troveranno delle formule per aggirare il niet del ministero. D’altronde il fatto che le amministrazioni in questione si siano appena insediate non può costituire un alibi. I nuovi governatori hanno avuto successo proprio promettendo di mettere fine agli sprechi e risanare i bilanci della sanità. Cominciando quest’opera senza seguire le orme dei predecessori potranno dimostrare la bontà delle loro intenzioni. Quindi, se non vorranno inaugurare il loro mandato mettendo mano al portafogli dei loro elettori, o se vorranno farlo per il tempo più breve possibile, dovranno mettere mano alle forbici, e cominciare a usarle.
Dovranno cominciare a chiudere le strutture inutili come i piccoli ospedali. Come il mio beneamato ospedale di Acquapendente, in provincia di Viterbo, recentemente salvato dall’amministrazione regionale uscente grazie a un provvedimento ad hoc che lo ha trasformato in ospedale montano (“Hanno portato l’ospedale in montagna”, scherzavano in paese).
I piccoli ospedali fanno lievitare i costi del servizio “sanità”, ne peggiorano decisamente la qualità, ma nonostante questo rendono per altre ragioni. In un paese come Acquapendente, infatti, l’ospedale ha creato un indotto di servizi collegati, come mense, catering, fornitori e badanti, oltre ad offrire posti di lavoro stabili per una gran quantità di persone. Per questa ragione, quando si cominciò a ventilare l’ipotesi della sua chiusura, tutte le forze politiche locali, da destra a sinistra, fecero muro.
Eppure i cittadini già evitano, se possono, di servirsene: per arrivare a Orvieto ci vuole meno di mezz’ora di macchina, per le cose serie c’è Viterbo o Siena, e anche prima di andare al pronto soccorso è meglio sapere chi è il medico di turno. Per non parlare del fatto che si viene ricoverati anche per una stupidaggine, probabilmente per poter dimostrare, alla resa dei conti, un numero di degenze sufficiente a giustificare l’esistenza in vita dell’ospedale. In qualche caso, poi, l’aver sostato del tempo al pronto soccorso di Acquapendente, magari in attesa del radiologo reperibile, prima di essere trasferiti in una struttura più adeguata, ha messo a repentaglio la vita dei pazienti.
Il problema è che Orvieto e Siena sono fuori regione, e se le persone si servono di quelle strutture diventano automaticamente un costo per la Regione Lazio. Ma, ovviamente, ai cittadini importa poco dove si curano, ciò che importa loro è di usufruire di un servizio decente, come dimostra il caso calabrese, dove chi se lo può permettere vola a curarsi addirittura a Milano.
Stiamo imparando in questi giorni, su scala maggiore, cosa significa curare il debito con altro debito, e dove si va a finire. Spostare il deficit dal bilancio regionale a quello nazionale attraverso fondi che servono semplicemente da salvagente per chi non ha voluto imparare a nuotare cronicizza il problema, ed è molto più costoso per i contribuenti di una addizionale regionale.