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Il carrozzone riprende la via…

3 giugno 2010

Ci siamo… Pronti? Via! La scadenza del 2013, che per gli agricoltori è molto più inquietante del calendario Maya che farebbe finire il mondo nel 2012, si avvicina, e i ministri dell’agricoltura dei paesi membri dell’UE si sono ritrovati a Merida, in Spagna, per cominciare a tracciare le linee della prossima riforma della PAC, la Politica Agricola Comune.

Noi, per quanto ci permetteranno le poche notizie che generalmente giungono da consessi del genere, racconteremo tutto il possibile della fantastica marcia di avvicinamento alla fatidica data, tentando di andare oltre le ridicole formule diplomatiche ufficiali, e cercando di evidenziare gli aspetti più grotteschi di quella che si preannuncia come una delle più frenetiche pappatorie del vecchio continente.

Intanto, diamo un’occhiata a quanto è successo a Merida:

Recentemente abbiamo sperimentato gli effetti molto negativi della deregulation totale dei mercati

ha dichiarato Bruno Le Maire, ministro dell’agricoltura francese, probabilmente senza rendersi conto dello straordinario effetto comico che una dichiarazione del genere può produrre in un contesto, quello dell’agricoltura europea, dove la parola “mercato” era considerata un’arcaismo linguistico già ai tempi del Sacro Romano Impero.

La Francia è il paese che riceve più di ogni altro dalla PAC, e sta cercando di restaurare anche in chiave agricola l’antico asse con la Germania. La quale Germania però, che storicamente fornisce all’Europa più di quanto l’Europa le restituisce, ha precisato, con una spruzzata di realismo teutonico in più, che

Sulla regolamentazione di mercato i francesi vogliono andare più avanti di noi.

A quanto pare questa volta bisognerà fare seriamente i conti con l’Europa orientale, e con le sue enormi superfici: la Polonia, ad esempio, che già viene tirata con forza per il bavero della giacchetta da Francia e Germania per costituire un super blocco continentale, fa sapere che non accetterà di continuare a considerare il triennio 2000-2002 per determinare le medie degli aiuti. La cosa non sorprende, dato che all’epoca loro in Europa non c’erano. Forse quest’aspetto merita un chiarimento: una volta gli agricoltori ricevevano un “tot” a ettaro a seconda delle colture che seminavano. L’ultima riforma della PAC ha stabilito che ogni azienda avrebbe ricevuto un aiuto fisso quantificato sulla media aritmetica (ridotta di un quid, ovviamente) degli aiuti percepiti nel triennio in questione, e che si è chiamato da allora “diritto disaccoppiato”.

Per fare un esempio che renda l’idea della totale arbitrarietà del criterio, faccio un esempio personale: il sottoscritto, che all’epoca si illudeva ancora che coltivare la terra significasse coltivare la terra, proprio in quel triennio aveva seminato erba medica su circa la metà delle sue superfici. L’erba medica è una leguminosa foraggera, che ha la caratteristica di fissare naturalmente l’azoto nel terreno aumentandone la fertilità. All’epoca le foraggere non ricevevano alcun contributo, ma pensavo di potermelo permettere per tre o quattro anni, in cambio di una produttività maggiore negli anni successivi. Nessuno, però, mi aveva avvertito che proprio quel triennio avrebbe determinato l’ammontare dei contributi da lì all’eternità. Nel giro di un anno mi sono visto ridurre la mia quota di sussidi di più del 50%. Il mio dirimpettaio, invece, che in quegli anni ha continuato a sfiancare i suoi terreni con grano duro alternato a mais (che non veniva mai trebbiato, su colline così ripide, ma intanto garantiva il contributo più alto) si è assicurato una buona rendita per gli anni a venire.

Cose che capitano, e i “diritti” sono riusciti ad acquistarli anni dopo. Ma a naso la posizione della Polonia non mi sembra tanto campata in aria. A tutto ciò si aggiunge il Regno Unito, che non sta mai ai giochi, soprattutto quando sono i mangiatori di rane a dare le carte. Dato che lì di terra da sussidiare ce ne è meno, e perlopiù finisce a pascolo, gli inglesi fanno sapere che l’Europa è a corto di risorse e che comincia ad avere anche altre priorità. Posizione ragionevole, ma assolutamente minoritaria, come dicevamo tempo addietro.

Intanto l’Italia, con il suo ministro Galan, fa sapere che non sarebbe giusto continuare a considerare la superficie come unico parametro per erogare i contributi. Anche questo sembrerebbe più che sensato, anche se solo l’idea che i burocrati di Bruxelles debbano mettersi ad architettare un sistema ancora più complesso fa correre i brividi lungo la schiena. Staremo a vedere. Intanto, per correttezza, chiarisco la mia posizione in materia, che è abbastanza semplice: la PAC va abolita.

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