Soldi spariti
Andro’ in tutte le Regioni che non sono riuscite a spendere i fondi PSR nei tempi previsti per spiegare ai contadini che fine hanno fatto i loro soldi. Spero che nessuno voglia mettere lo Stato nelle condizioni di dover prendere provvedimenti simili a quelli che sono stati presi per la sanita’ regionale.
Il Ministro delle Politiche Agricole Giancarlo Galan fa decisamente bene a prendersela con le regioni che ancora non sono riusciti a spendere i fondi che la PAC mette a loro disposizione per i Piani di Sviluppo Rurale (PSR). Finora della dotazione complessiva di 2,2 miliardi di euro ne sono stati spesi solo il 13,4%, e la cosa potrebbe comportare la perdita dei fondi comunitari non utilizzati.
La situazione e’ particolarmente grave soprattutto per alcune Regioni, dove il basso livello di spesa e’ associato a forti ritardi procedurali (emanazione bandi, raccolta domande di finanziamento, formazione graduatorie dei beneficiari, erogazioni degli aiuti). Questa situazione relega il nostro Paese al quart’ultimo posto della classifica comunitaria; alle nostre spalle solo Romania, Bulgaria e Malta.
Ciò che rende assolutamente grottesca questa situazione è che nella maggior parte dei casi non bisogna inventarsi il modo di spendere quei soldi. Bisognerebbe semplicemente tirarli fuori e pagare chi già da tempo deve essere pagato.
Prendiamo il caso del Lazio: gli agricoltori sono stati indotti a richiedere finanziamenti per investimenti che altrimenti non avrebbero fatto. Le loro domande sono state presentate e accolte, i lavori cantierati e spesso conclusi, molte famiglie si sono indebitate oltre misura, ma nessuno ha visto ancora un euro. Così come il pagamento dei contributi per le misure agroambientali del PSR, come quelli per le aziende biologiche, che viaggia ormai da circa tre anni con un ritardo di 18 mesi (salvo alcune improvvise accelerazioni nei periodi preelettorali).
E in tutto questo tempo dagli uffici regionali del Lazio sono state accampate le scuse più disparate, da vizi di forma nella presentaione delle domande (tutte?) al nuovo personale che non sapeva usare il vecchio software (con la variante occasionale del vecchio personale che non sapeva usare il nuovo software), fino alle voci di corridoio più inquietanti ma forse più attendibili, che indicavano nel celebre buco della sanità regionale la destinazione impropria di fondi che l’UE aveva già da tempo versato nelle casse regionali.
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