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Ci voleva tanto?

11 giugno 2010

Efficace Gramellini che dipinge la stizzita condiscendenza con cui il governo ha dovuto finalmente abbozzare, e innalzare l’età pensionabile delle donne del publico impiego a 65 anni a partire dal 2012, ottemperando ad una richiesta che, prima che dalla Commissaria Europea Reding, veniva ripetuta da decenni dalla logica e dal buon senso (che però non hanno il potere di infliggere sanzioni).

L’algida signora raggiunge il colmo della tracotanza quando si spinge ad affermare che le direttive sull’equiparazione dell’età pensionabile risalgono al 1990 e l’Italia non può fare l’offesa o la sorpresa, «dato che ha avuto vent’anni di tempo per mettersi in regola».

E con ciò? Abbiamo i nostri ritmi. E pratichiamo come nessun altro la sofisticata arte del rinvio. Perché fare oggi quel che si può fare domani e che potrebbe non essere più necessario dopodomani? Perché dire di colpo la verità, come ha appena fatto il premier inglese («Il nostro stile di vita cambierà»), se si può continuare a mentire tranquillamente alla giornata? Perché ottemperare subito a un obbligo, rinunciando alla possibilità sempre auspicabile di una proroga o, meglio ancora, di un condono?

Resta un vago senso di stordimento solo a pensare a quanto poco c’è voluto oggi e a quanto si è dovuto aspettare in passato. Verrebbe voglia di chiedere un’aiutino alla signora Reding almeno una volta alla settimana, su una riforma scelta a caso.

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