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Green economy, chi paga (e quanto)?

14 giugno 2010

Se lo chiede sarcasticamante il Wall Street Journal, di fronte agli ultimi impegni assunti dal neopremier inglese Cameron, che promette di tagliare le emissioni di CO2 del 10% (Bum!) in 12 mesi. La storia ce la racconta Claudio Gravina su Climate Monitor:

A questo punto, giustamente e sarcasticamente, un giornalista del Wall Street Journal pone due questioni. Da un lato, se il taglio delle emissioni dovesse interessare il solo comparto pubblico, la via più semplice (c’è del sarcasmo, attenzione) sarebbe quella di licenziare il 10% dei dipendenti pubblici. E non potendo erogare sussidi per se stesso, il governo si vedrebbe costretto ad aumentare le tasse (per diventare più verde). D’altro canto, se il taglio invece interesserà il comparto privato, ci si chiede come si potrà raggiungere questo obiettivo, dovendo sicuramente finanziare in qualche modo, tramite sussidi, la transizione green. Il tutto a fronte di un disavanzo pari ormai al 12% del PIL.

Tuttavia, e così torniamo sull’argomento di apertura, il mercato, il WSJ ci fa notare che se le opzioni green fossero davvero soluzioni ottimali all’interno del paniere di scelte possibili, allora il mercato le avrebbe già selezionate. Il fatto che il mercato si rifiuti (a meno di potenti stimoli economici) di seguire la strada green, per il WSJ, vuol dire una e una sola cosa: la green economy, è anti-economica.

Non solo antieconomica, ma anche distruttiva, a sentire quanto affermano Carlo Stagnaro e Luciano Lavecchia, che hanno trattato l’argomento proprio sul Wall Street Journal. Secondo il loro studio

da qui al 2020, a seconda degli scenari, potrebbero essere creati tra circa 55 mila e circa 112 mila posti di lavoro grazie allo sviluppo delle fonti eolica e solare fotovoltaica, se nel 2020 fosse raggiunto il “potenziale massimo teorico” stimato dal governo italiano nel 2007. Tuttavia, per ottenere tale risultato dovrebbe essere mobilitata una massa enorme di finanziamenti, pari a circa 6 miliardi di euro all’anno nel 2020. Se le stesse risorse fossero lasciate al mercato, per ogni posto di lavoro “verde” potrebbero esserne creati mediamente 4,8 nell’economia in generale, o 6,9 nell’industria.

Ma dov’è il problema, se il prezzo di questa costosa operazione di ripulitura delle coscienze della nostra generazione verrà, secondo tradizione, caricato sulle spalle delle generazioni future?

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