Orgoglio e pregiudizio
Libertiamo – 15/06/2010
La notizia, per come è stata riportata dalle agenzie, è secca e dura:
Gli organizzatori del Gay Pride a Madrid hanno ritirato l’invito alla comunità gay israeliana in seguito alle condanne internazionali a Israele per l’attacco alla Freedom Flotilla, il convoglio di navi diretto a Gaza per consegnare aiuti umanitari . Lo riferisce il sito del quotidiano spagnolo ‘El Mundo’ spiegando che per gli organizzatori la presenza della comunità israeliana comprometterebbe la “sicurezza” della manifestazione prevista per luglio. Il gruppo di omosessuali avrebbe dovuto sfilare per la prima volta nelle strade madrilene con un autobus con la scritta “Israeliani ” e ” Tel Aviv”.
I Gay Pride, ovunque nel mondo, non sono manifestazioni in cui si rivendicano diritti, si chiedono politiche, si invocano provvedimenti legislativi. Sono la semplice manifestazione (più che la rivendicazione) del diritto naturale di un omosessuale ad essere tale, e ad esserlo con orgoglio, dignità e leggerezza. Il Gay Pride è un atto di rottura nei confronti di una società che discrimina di fatto, anche laddove non discrimina più di diritto, una straordinaria battaglia culturale che smaschera le contraddizioni di chi è disposto ad “ammettere”, ma non ad “accettare”.
Chissà se gli organizzatori del Gay Pride madrileno si sono resi conto di aver riproposto, nei confronti della comunità gay israeliana, le stesse dinamiche discriminatorie che hanno consentito e consentono ai governi e alle municipalità di molti paesi europei di proibire i Gay Pride: il riferimento all’ordine e alla sicurezza pubblica minacciata dalla presenza degli omosessuali israeliani è simile a quella a cui i bacchettoni nostrani affidavano la “rispettabilità” della propria opposizione al Gay Pride romano del 2000 e somiglia ancor di più ai divieti che gli omosessuali russi devono sfidare ogni anno, a rischio e a volte al prezzo della propria incolumità.
Chissà se alla comunità gay spagnola è giunta la notizia che Israele è l’unico paese del Medio Oriente in cui è possibile celebrare un Gay Pride, e che quest’anno, pochi giorni fa, i gay palestinesi hanno sfilato insieme agli israeliani per le strade di Tel Aviv . Chissà se si sono chiesti come sia stato possibile. Potrebbero provare a leggere la testimonianza di Munir, un ragazzo palestinese di Gaza che ha trovato in Israele la salvezza da un destino fatto di carcere, violenza, sevizie e persecuzioni di cui è stato vittima e di cui sono vittime gli omosessuali palestinesi nell’era di Hamas.
Munir è stato salvato dai volontari di Aguda, la più grande associazione di gay, lesbiche, bisessuali e transgender israeliana, da anni impegnata per fare ottenere agli omosessuali palestinesi vittime di persecuzioni l’asilo politico in Israele, e oggi si interroga sul significato dell’esclusione degli Israeliani dal Gay Pride spagnolo:
Non capisco come gli spagnoli abbiano potuto rendersi colpevoli di una così grande discriminazione, loro che lottano ogni giorno proprio contro le discriminazioni. Non può che esserci una ragione politica dietro a tutto questo. Perché allora non dicono una sola parola sulle persecuzioni alle quali sono sottoposti i miei fratelli in Palestina? Perché non parlano delle uccisioni dei gay in Iran e nei paesi arabi? Se voleva essere un messaggio di solidarietà al popolo palestinese è il messaggio più sbagliato che potevano concepire, di una stupidità grandiosa, perché gli omosessuali palestinesi devono rifugiarsi in Israele se vogliono sopravvivere.
Tra i tanti spettri che continuano ad aggirarsi per l’Europa, quelli dell’ignoranza, del pregiudizio e della discriminazione sono ancora ben radicati, come sicuramente sanno gli organizzatori del Gay Pride spagnolo. E qualche volta si annidano proprio dove non ti aspetteresti di trovarli.