Ma non era colpa degli Ogm?
O del Global Warming? O dei pesticidi usati in agricoltura? In questi ultimi anni le abbiamo sentite di tutti i colori a proposito della sindrome dello spopolamento degli alveari (Colony Collapse Disorder, CCD), ovvero dell’improvvisa morìa delle api da miele, che solo negli Stati Uniti ha interessato tra il 20 e il 40% delle colonie di questi insetti.
Spesso si preferisce trovare soluzioni semplici a problemi complessi, soprattutto quando la soluzione consiste nell’indicare qualche strega a cui dare la caccia. Invece oggi veniamo a sapere da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica PLoS One (ne parla il New York Times e, in italiano, il magazine Il Post) che il problema, tutt’altro che di facile soluzione, risiederebbe nell’azione combinata di un virus e di un fungo.
Il team di ricerca guidato da Jerry Bromenshenk (University of Montana) ha scoperto che la combinazione fungo – virus era presente in tutte le api morte analizzate. I ricercatori non sanno però quale sia la causa scatenante, ovvero se sia il fungo a indebolire l’organismo delle api aprendo successivamente la strada al virus o se sia il virus a compromettere le difese degli insetti, consentendo così al fungo di agire indisturbato.
Alcuni ricercatori della University of California (San Francisco) avevano già identificato in precedenza il fungo come parte del problema. Altre ricerche avevano ipotizzato che la causa dello spopolamento degli alveari potesse essere legata a un virus, ma le prove a sostegno di questa teoria erano insufficienti. Utilizzando un particolare software per lo studio delle proteine, il gruppo di ricerca ha identificato il virus e ne ha analizzato il DNA, trovando così un legame con il fungo Nosema ceranae.
I ricercatori ammettono che ci vorrà ancora tempo per comprendere come le due cause interagiscano tra loro, definire le variabili ambientali che favoriscono il diffondersi dell’epidemia e approntare le dovute contromisure per prevenire il contagio, ma un decisivo passo in avanti è stato fatto.
Non butterei la croce addosso agli OGM, non necessariamente, ma, in questo caso, il fatto che si parli di un nuovo virus, ovvero di un nuovo filamento di DNA, rende questa pista ancora tiepida.
Un virus biologico non è altro che un’informazione anomala che ha la capacità di replicarsi e di indurre errori (crash) od assumere il controllo di funzioni biologiche.
Infatti, gli studiosi stanno adesso verificando (se ci riusciranno) anche da quali spezzoni di RNA abbia incominciato a ricomporsi quello che oggi è il DNA del virus e/o dove è la localizzazione.
Dopo la migrazione dei geni modificati dal mais alle patate, potrebbe arrivare qualche sorpresa, anche se è possibilissimo che il virus arrivi da una genesi naturale da mutazioni causate da inquinamento o pesticidi (di cui sono note le conseguenze mutagene).
Mai avere partiti presi quando si tratta di scienza in un senso e nell’altro.
“migrazione dei geni modificati dal mais alle patate”?
interessante il virus biologico, e quello convenzionale, dov’e’ finito? A quando il virus biodinamico?
Beh, ad ognuno la materia che ha studiato, sorry.
Qualunque chimico sa che in una sintesi esistono sempre i “prodotti di scarto”. Spesso e volentieri sono nell’ordine del 20-30% e non di rado tra questi risultati di reazioni collaterali esistono molecole con una particolare reattività o che possono fare da precursori per nuove molecole polimeriche.
Non dimentichiamo che il DNA, come l’RNA, è un polimero, relativamente fragile e piuttosto reattivo, prima di essere tutto il resto di cui parlano biologi e medici.
Personalmente, e l’ho scritto, credo che l’ipotesi più probabile sia l’effetto mutageno dell’inquinamento ad aver “creato” questo virus: api, piente e fiori raccattano un’enormità di molecole e le diffondono: servono a questo se parliamo di polline figuriamoci se dalle discariche arrivano ormai impolverate di metalli pesanti.
Quanto agli OGM, ne assumo una discreta dose quotidianamente e consapevolmente: vado appositamente a comprarli in farmacia per terapia. Proprio per questo, sono informato e monitorato. So già che non posso usarli per molto tempo e che ci sono dei rischi. Dunque non capisco lo sfottò …
🙂
http://solleviamoci.wordpress.com/2010/03/08/allarme-ogm-il-mais-ogm-monsanto-provoca-gravi-danni-al-fegato-e-ai-reni-degli-animali-alimentati-ogm-l%E2%80%99autorita-parziale/
http://www.newsfood.com/q/e4f83212/tre-mais-ogm-della-monsanto-sono-tossici/
Dunque, quando parlavo di “mai avere partiti presi quando si tratta di scienza, in un senso e nell’altro” parlavo per me stesso, ma pensando che qualunque uomo o donna di scienza potesse associarsi a questo approccio sperimentale …
Ciao
P.S. La migrazione di un gene dal mais OGM alle patate fu la prima prova storica (molti anni fa ormai, forse alla fine degli ’80) che l’evento era possibile.
A ognuno la materia che ha studiato, è vero, e io non sono un chimico, né un biologo. Ma ho abbastanza rispetto per la scienza e il metodo scientifico per sapere che c’è una graduatoria nella credibilità degli studi, e questa deriva da come questi studi resistano a successive verifiche. 🙂
Gli studi di Séralini non sono stati verificati né nel 2007 (http://www.europass.parma.it/page.asp?IDCategoria=584&IDSezione=3346&ID=122971)
né nel 2010 (http://www.efsa.europa.eu/en/events/event/gmo100127-m.pdf), tanto che il loro autore oggi ha serie difficoltà a pubblicare su riviste scientifiche serie (quelle che sottopongono le ricerche a peer review).
Quindi dal punto di vista scientifico il loro valore è pari a zero, nonostante vengano ancora citati su magazine come quelli da te linkati come prova della tossicità degli Ogm. Ma la scienza è un’altra cosa…