Due passi alla fiera di Bologna
A parte le imprecazioni per la coda sulla tangenziale e il mal di piedi al ritorno, una giornata all’Eima, l’esposizione internazionale delle macchine agricole di Bologna, è sempre un piacevole diversivo, anche se non si ha in programma di fare investimenti, e può fornire un quadro abbastanza preciso sulla direzione che sta prendendo l’agricoltura italiana. L’Eima è senz’altro il più significativo appuntamento del settore in Italia e uno dei più importanti d’Europa, dopo Parigi e Hannover. Si è svolta tra il 10 e il 14 novembre, e ho avuto la fortuna di poterci andare giovedì, in una delle giornate riservate agli operatori, evitando così l’affollamento di pubblico del week end.
I macchinari sono un’importante voce di spesa nel bilancio di un’azienda agricola, gli investimenti in attrezzature vengono fatti sempre con una certa cautela e avendo ben chiare sia le possibilità di rientro economico che la direzione colturale che l’azienda dovrà avere negli anni a seguire. Passeggiare tra gli stand dell’Eima quindi, guardarsi attorno e fare quattro chiacchiere qua e là con produttori e venditori può essere utile per farsi un’idea degli orientamenti attuali delle aziende, delle loro preferenze e, più in generale, della loro capacità di spesa.
Più che presso gli stand dei trattori, i più spettacolari e ovviamente affollati, che presentano sempre l’intera gamma al pubblico, sono gli espositori di attrezzature, in maniera particolare quelle per la lavorazione del terreno e per la semina, a risultare interessanti. Questi ultimi hanno generalmente meno spazio a disposizione, e i prodotti che scelgono di esporre sono, in linea di massima, quelli che possono attrarre la maggior parte dei potenziali clienti.
La prima cosa che ho avuto modo di notare, tornando all’Eima dopo alcuni anni, è che sono praticamente scomparsi gli aratri. Ovvero, ci sono, ma molto meno che in passato, e non si prendono più i posti migliori degli stand. Invece sembra che le attrezzature che vanno per la maggiore siano quelle per la lavorazione minima del terreno, sempre più complesse e gigantesche, spesso adattate per la semina in combinata in un unico passaggio sul campo. La cosa che fa più effetto è il gigantismo di queste attrezzature, progettate e costruite solo per essere trainate da trattori ad altissima potenza.
Voglio dire, in passato si era abituato a vedere, per esempio, una gamma di erpici progettata per soddisfare diverse dimensioni aziendali, dalla più piccola alla più grande, e l’attrezzo era disponibile in larghezze che andavano dai 2 ai 6 metri a seconda del trattore che poteva portarlo. Attrezzature del genere non sono sparite, fanno sempre parte dei cataloghi dei produttori, ma all’Eima se ne vedono meno, almeno rispetto ai grandi coltivatori ad ancore, dischi e rulli, capaci di coprire larghezze di lavoro considerevoli e ovvamente in grado di essere ripiegate idraulicamente per il trasporto su strada. Si predilige l’attacco trainato o semiportato al trattore rispetto al sollevatore a tre punti, cosa che suggerisce una predilezione per la velocità d’impiego piuttosto che per la precisione, soprattutto nelle capezzagne e nelle volture a fine campo.
Il che indica che oggi a spendere sono soprattutto i contoterzisti, che le aziende agricole di dimensioni “normali” spendono sempre meno non solo in attrezzature, ma anche nelle lavorazioni stesse, dato che richiedono sempre più spesso ai contoterzisti lavorazioni minime ed economiche, ma che rendono inevitabilmente meno prodotto. Anche gli erpici rotanti e le fresatrici, adatti a preparazioni più accurate del letto di semina, ma che per funzionare necessitano di maggior impiego di carburante essendo collegate via cardano alla presa di forza del trattore, cedono il passo.
La lavorazione profonda del terreno è sempre più delegata a ripuntatori a molte ancore, in grado di sostituire quindi un’aratura non troppo profonda, anch’essi combinati con rulli dentati o dischi che affinano il terreno per risparmiare passaggi successivi. E gli stand dei produttori di attrezzature per la distribuzione dei diserbanti, dove prevalgono le semoventi rispetto alle botti trainate e portate, sembrano confermare la stessa tendenza.
Una tendenza che sembra prospettare per l’agricoltura italiana un futuro a breve termine fatto di grandi macchinari trainati da grandi trattori (oltre i 250 cavalli), un futuro in mano al contoterzismo, insomma, oppure, dato che l’eccessiva parcellizzazione delle proprietà fondiarie italiane è un dato che non è mutato negli ultimi anni, in mano a quelle aziende che impareranno a cooperare e ad associarsi per realizzare economie di scala più soddisfacenti. Un futuro, a prescindere e nonostante i calcoli dei tecnocrati europei e gli ostacoli posti dal loro sistema di erogazione di sussidi e incentivi, che guarda al mercato e all’efficienza, e che non riconosce alcun beneficio nel mantenimento di piccole unità produttive.
volevo provare questa macchina