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Energie rinnovabili e ‘danni collaterali’: la trappola del biogas

23 novembre 2010

Libertiamo – 23/11/2010

Provate a immaginare di possedere un allevamento di 220 bovini e 6000 suini, e che il fabbisogno di questi animali dipenda dai 400 ettari di terreno che avete in affitto. Provate ora a immaginare che il canone di affitto di questi terreni triplichi improvvisamente, passando da 500 a 1500 euro per ettaro, prendere o lasciare. E’ quanto è accaduto a Stefano Moscone, allevatore cremonese che ha raccontato la sua storia al Sole24ore, ed è un fenomeno sempre più diffuso in Lombardia.

Dietro a questo fenomeno c’è la bolla del biogas alimentato a incentivi. Sembra che produrre mais per buttarlo a fermentare coi liquami stia diventando un affare d’oro, e non c’è da stupirsi: per realizzare gli impianti si può contare su un contributo a fondo perduto del 30%, finanziato dalla regione con i soldi dei Piani di Sviluppo Rurale (un impianto per la produzione di biogas non sarebbe altrimenti un buon investimento: costa circa un milione di euro a MW, con una previsione di rientro di circa 12 anni).

Oltre all’aiuto iniziale, si può poi contare sul contributo per kWh prodotto, quello che ci viene salassato in bolletta, come per le altre rinnovabili. Grazie a questo contributo l’energia prodotta dal biogas finisce per costare cinque volte di più di quella prodotta con i combustibili fossili. Per finire, il fatto che le industrie debbano utilizzare una quota di energia rinnovabile ha indotto molte di queste ad investire direttamente nel settore: se produrre biogas è un affare, tanto vale farsi il proprio impianto, invece di acquistare l’energia, e magari venderla a chi non è arrivato in tempo.

Per fare questo, però, c’è bisogno di garantire ad ogni impianto il proprio fabbisogno di mais, ed ecco quindi che cominciano a fioccare proposte di affitto esorbitanti per i terreni agricoli, tanto paga Pantalone. Il risultato, tanto ovvio quanto prevedibile, è che Stefano Moscone dovrà pagare dall’anno prossimo 600.000 euro all’anno di affitti, e come lui molti altri si trovano a dover scegliere se chiudere oggi o provare a resistere fino a domani.

Non è certo una bella situazione, considerando il fatto che gli impianti a biogas dovevano, nelle intenzioni dei promotori dei finanziamenti, contribuire ad integrare il reddito delle aziende agricole, mentre ora sono una delle cause della loro crisi. Una situazione che presenta molte analogie con quella che, in molte zone del paese, vede le società che installano impianti fotovoltaici proporre canoni d’affitto stellari (fino a 4000 euro per ettaro) per un uso ventennale dei terreni (spesso proprio quelli migliori, pianeggianti e meglio esposti al sole).

Proprio pochi giorni fa George Gilder, un amico di Libertiamo, ha parlato con la chiarezza che lo contraddistingue dalle colonne del Wall Street Journal:

Tutti i programmi per le energie cosiddette “rinnovabili” finiscono per sprecare e distruggere la preziosa risorsa della terra coltivabile, che serve a nutrire l’umanità.

Terra che in questo caso viene acquisita ad un prezzo maggiore del suo valore di mercato per produrre qualcosa che vale molto meno, e tutto ciò grazie al denaro che viene sottratto ai contribuenti e ai consumatori. Sarebbe forse il caso di cominciare a chiedersi se, nel momento in cui la frenesia dell’energia sussidiata sarà gioco forza esaurita e in cui ci accorgeremo che un settore produttivo sano come quello della zootecnia padana è stato spazzato via, proprio noi, contribuenti e consumatori, potremo dire di aver fatto un buon affare.

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2 commenti leave one →
  1. caso permalink
    24 novembre 2010 09:04

    se riuscirete a far cadere berlusconi forse la sx ci riuscirà ad incrementare le rinnovabili.
    complimenti

  2. 24 novembre 2010 11:09

    “se riuscirete” chi??

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