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La fiera del catastrofismo zootecnico – terza parte: il metano

7 dicembre 2010

Il metano di origine zootecnica deriva principalmente dalla fermentazione anaerobica da parte dei ruminanti e viene emesso tramite eruttazione continua per una quota pari al 95% del totale emesso. Altre fonti zootecniche sono le fermentazioni intestinali e quelle degli effluenti zootecnici, cioè polline, letami e liquami, che riguardano quindi tutte le specie, ruminanti e non.

Gli scienziati dell’IPCC calcolano le emissioni di metano zoogenico, sul numero totale degli animali zootecnici: queste sono stimate in crescita dal 1990 al 2007 e cioè 80 Tg nel 1990, 85 Tg nel 1994 e 92 Tg nel 2007. Il Tg indica i tetragrammi cioè 10 grammi alla dodicesima di metano annui. Ci sono anche stime diverse citate dall’IPCC. Per quanto riguarda invece le emissioni di metano zoogenico in Italia invece si passa da 580 Gg anno del 1990 a 517 Gg del 2004 (da Italian green house inventory 1990 2004).

Il tempo di vita media in atmosfera (lifetime) del metano è di 4-12 anni (IPCC 2007) dopo di che è scisso in H2O e CO2 grazie agli ultravioletti uv e agli ioni ossidrile (OH) (8). Il CO2 che deriva dal metano zoogenico non è aggiuntivo perchè rientra nel ciclo del carbonio captato dai vegetali. Le interazioni del metano in atmosfera sono molteplici:

  • la concentrazione del radicale OH è determinante sulla concentrazione atmosferica di metano ma risulta che la concentrazione di OH non sia cambiata in atmosfera dal 1994 (IPCC 2007)
  • la concentrazione del metano influenza quella del vapore stratosferico e dell’ozono troposferico Quindi gli scienziati affermano che la stima della forzante radiativa del metano va fatta complessivamente a quella dell’ozono troposferico altrimenti si rischia una sottostima della forzante stessa.

Quindi per calcolare correttamente l’effetto del metano zoogenico sul clima, cioè la sua forzante radiativa, alle emissioni zoogeniche lorde annue vanno stornate le tonnellate di metano atmosferico di origine zoogenica che ogni anno sono ossidate a CO2 perché è solo la perturbazione aggiuntiva di metano che determina riscaldamento.

– Se il numero di animali da allevamento resta costante, anche il metano atmosferico di origine zootecnica resta costante, tanto ne entra in atmosfera e tanto ne esce come CO2 captato dai vegetali che nutrono gli animali

– Se il numero di animali cresce, dovrebbe aumentare anche il metano residente in atmosfera, almeno per 4-12 anni

Esempio: Per un allevatore che ha 300 vacche dal 1996, il metano emesso nel 2008 da questi animali va a sostituire il metano emesso nel 1996 dallo stesso numero di animali, perché il metano del 1996 si è ormai scisso in CO2. Questo carbonio una volta assorbito dai foraggi e dai cereali che nel 2008 andranno a costituire la razione delle 300 vacche sarà riemesso dalle stesse come CO2 con la respirazione e come CH4 con la ruminazione. Quindi le emissioni di metano di queste 300 vacche sono zero nel bilancio di massa, non vanno ad aumentare la concentrazione atmosferica. Se invece la mandria aumentasse a 350 capi le emissioni di metano aggiuntive sarebbero da calcolare su 50 vacche per 12 anni.

Una stima da proporre in alternativa è un accumulo di quote per 12 anni sull’incremento zootecnico per specie e tipologia, anno per anno. La somma delle quote diviso il periodo di tempo preso in considerazione, dovrebbe dare la quota annua di metano zoogenico aggiuntivo.

Gli autori del rapporto IPCC sommano il metano zoogenico a quello antropogenico. Ma il metano antropogenico fuoriuscito dalle perdite di estrazione e trasporto, quando si scinde in H20 e CO2 determina un aumento della concentrazione del CO2, il metano zoogenico no perché il CO2 che ne deriva verrà assorbito dai foraggi e dai mangimi!

Cento milioni di ruminanti in 100 anni non variano la concentrazione del metano in atmosfera se il loro numero non cambia. La concentrazione rimane stabile: se era 1800 ppb nel 2000 sarà 1800 ppb anche nel 2100. Non causano nessuna forzante radiativa aggiuntiva, quindi nessun riscaldamento, casomai contribuiscono al cosiddetto effetto serra totale, ma non l’aumentano, per quanto riguarda il metano.

Cento milioni di auto accese per 100 anni invece cambiano la concentrazione del CO2, perchè immettono in atmosfera carbonio aggiuntivo che era stoccato nelle viscere della terra, la differenza è macroscopica, ma sono in molti a non capirla come analizzeremo in seguito.

Per fare il bilancio del metano alle emissioni annue in entrata (lorde) vanno stornate quelle in uscita (sinks) dovute cioè all’ossidazione del metano a CO2

VOCI IN ENTRATA FONTI NATURALI DI METANO

  • Zone umide 100-231
  • Termiti 20-29
  • Oceani 15
  • Idrati 4-5
  • Fonti geologiche vulcaniche 4-14
  • Animali selvatici 15
  • Incendi naturali 2-5
  • TOTALE FONTI NATURALI 145-260 Tg/a

VOCI IN ENTRATA FONTI ANTROPICHE

  • Combustibili fossili, metano, carbone petrolio 74-106
  • Discariche, rifiuti e reflui 35-69
  • Ruminanti zootecnici 92
  • Riso agricoltura 31-112
  • Combustione e incendi della biomassa 14-88
  • TOTALE FONTI ANTROPICHE 264-428 Tg/a

TOTALE EMISSIONI IN ENTRATA 503-610 Tg/a

VOCI IN USCITA DA OSSIDAZIONE

  • Ossidazione troposferica OH 428-507
  • Ossidazione stratosferica (OH, Cl, O1D, HV) 30-45
  • Suoli 26-43

TOTALE VOCI IN USCITA 492-577 Tg /

Nella tabella 1 tratta da un lavoro di H Backman sono riportati i dati in Tg(CH4) anno sulle fonti naturali e antropiche e i gli assorbimenti (sinks) del metano estratti dal rapporto dell’IPCC del 2007

La differenza tra il totale delle emissioni e il totale delle ossidazioni-assorbimenti rappresenta il valore medio dell’incremento del metano atmosferico, che è quello che dà origine al presunto riscaldamento globale.

La stima delle fonti è molto difficile e indaginosa infatti i valori sono molto diversi a seconda degli autori, ma in linea di massima le fonti antropiche sono considerate molto più importanti di quelle naturali, in particolare la filiera dei combustibili fossili. Il metano da questa filiera fuoriesce dalle operazioni di estrazione e trasporto, dalla raffinazione e anche dalla combustione incompleta tanto che nel rapporto IPCC del 1995 c’era una voce pari a 15 tg di metano emessi dalla combustione, come nel 2007 c’è una voce per la combustione della biomassa.

Inoltre la componente zoogenica del metano in atmosfera dovrebbe essere poco significativa, in quanto la concentrazione di metano atmosferico è più o meno stabile dal 1990.

Per l’IPCC le emissioni del metano zoogenico sono in crescita dal 1990 al 2007 mentre quello atmosferico non lo è, come si evince dal grafico.

Gli esperti ci dicono che il metano atmosferico è inspiegabilmente stabile negli ultimi 20 anni, quindi come possono essere veritiere le stime antropogeniche del metano che sono in continua crescita, se poi la concentrazione atmosferica è più o meno stabile?

C’è un rapporto della FAO del 2008 sull’andamento del metano atmosferico, è molto interessante perché mettono in dubbio che le emissioni dei ruminanti (ma vale per tutte le emissioni zoogeniche) siano correlate alla concentrazione atmosferica di metano a differenza delle affermazioni di un precedente rapporto FAO del 2006. La curva del metano zoogenico dal 1998 (anno tra i più caldi del secolo) continua a crescere e diverge da quella del metano atmosferico che invece resta più o meno stabile.

Ultimamente degli studiosi che da anni studiano le fonti del metano atmosferico hanno affermano di non saper spiegare i dati della concentrazione di metano del 2006 e del 2007. Infatti nell’atmosfera il metano ha avuto un piccolo incremento, ma simultaneamente e omogeneamente in tutto il pianeta senza differenza alcuna tra emisfero nord e emisfero sud. La stima delle fonti antropogeniche di metano però è enormemente più alta nell’emisfero nord.

Questo è incompatibile con l’ipotesi per cui le emissioni antropogeniche di metano, tra cui quelle zoogeniche, siano rilevanti nella concentrazione atmosferica di metano, che invece si suppone dipenda dalle temperature globali e dall’equilibrio con le fonti geologiche e marine. Se nell’emisfero nord si ipotizza come possibile fonte di metano la torba e il permafrost, nell’emisfero sud si suppone una fonte marina da gas idrati e dai microrganismi: tutt’altro che fonti antropiche!

Nei grafici dei ratei annui (dati NOAA), l’azione riscaldante annua del metano è in evidente decrescita. Da notare il picco del 1991 dovuta all’eruzione del vulcano Pinantubo e quella del 1998 dovuta ad un nino eccezionale che non possono essere attribuiti ad azioni antropogeniche. Invece nel rapporto AR4 IPCC 2007 si afferma che l’incremento di metano, e quindi il suo presunto effetto riscaldante è solo antropogenico. Che gli scienziati sappiano poco o nulla sulle fonti e sui pozzi di assorbimento del metano è affermato nel capitolo 7 del rapporto 2007 dell’IPCC, poi però nel capitolo 2 lo scienziato J.Hansen fa il calcolo della forzante radiativa come se l’aumento del metano atmosferico fosse da imputare interamente all’uomo, questo però è in contraddizione con quello scritto all’inizio del capitolo 7. Cito un articolo di P. Bousquet su Nature:

Il metano è un gas ad effetto serra, e la sua concentrazione atmosferica è quasi triplicata dal periodo industriale ad ora. Il tasso di crescita del metano in atmosfera è determinata dal saldo tra le emissioni di superficie e la distruzione fotochimica e per principale agente ossidante dell’atmosfera. il radicale idrossile (OH-).

Incredibilmente, questo tasso di crescita è nettamente in decrescita dal 1990, e il livello di metano è rimasto relativamente costante dal 1999. Questo comporta una revisione al ribasso delle proiezioni della sua influenza sulle temperature globali

A determinare un aumento delle temperature è l’incremento della concentrazione atmosferica di metano, non l’emissione in entrata, ma il netto che risulta dal bilancio.

Come vedete dal grafico la concentrazione di metano sembra seguire più l’andamento delle temperature che le stime del terzo rapporto IPCC, che risultano errate dal 30% al 40%.

L’errore principale nella stima del ruolo zoogenico sulla forzante del metano è quello di trasformare le emissioni zoogeniche lorde di metano in CO2 equivalenti grazie all’indice di riscaldamento globale potenziale (GWP). Per meglio definire l’apporto che i vari gas serra forniscono al fenomeno del riscaldamento globale, si è concepito il potenziale di riscaldamento globale (Global Warming Potential, GWP). Questo valore rappresenta il rapporto fra il riscaldamento globale causato in 100 anni da un gas serra ed il riscaldamento provocato dal CO2 nella stessa quantità. Il GWP del CO2 è pari a 1 (vita media 100 anni IPCC 2007), il metano ha GWP pari a 21-25 (vita media 8-12 anni) per altri autori arriva fino a 33.

La trasformazione del metano in CO2 equivalente per essere corretta deve essere fatta dopo il saldo tra le emissioni zoogeniche lorde annue e il metano atmosferico di origine zootecnica che ogni anno viene ossidato a CO2, come ci dice il Bousquet su Nature, invece i due consulenti del World Watch Institute non fanno il bilancio del metano zoogenico ma utilizzano le emissioni lorde.

Su questo l’IPCC è molto chiaro, il confronto deve essere solo indicativo, perché il calcolo delle forzanti radiative deve essere fatto separatamente per ogni tipo di gas climalterante proprio per non andare incontro ad errori.

In conclusione i dati osservati indicano che la concentrazione atmosferica di metano è quasi triplicata dall’inizio dell’era industriale, essendo aumentata del 145% dal 1700 (IPCC, 1995). Tuttavia i dati più recenti (14-15) indicano che dopo un decennio caratterizzato da sostanziale stabilità, negli anni 2007 e 2008 si è assistito ad una ripresa dell’incremento del metano in atmosfera che i ricercatori, anche a seguito di analisi del rapporto isotopico C13/C12, attribuiscono per il 2007 ad una anomalia termica positiva in area artica e per il 2008 all’eccessiva piovosità nella fascia tropicale, con conseguente sviluppo di metano da terreni saturi d’acqua. In entrambe i casi gli scienziati non chiamano in causa la zootecnia come responsabile degli incrementi.

Un altro errore che fanno sul magazine del World watch istitute è considerare il coefficiente GWP di equiparazione tra la CO2 e il metano come 72 e non come 21-25 come indica l’IPCC, amplificando enormemente l’effetto riscaldante delle emissioni zoogeniche..

Il coefficiente per il metano pari a 72 si riferisce non ad un periodo di 100 anni ma di 20 anni, è più alto perché il peso del metano non è diluito sul lungo periodo. Se si considerano solo 20 anni, tutti i parametri andrebbero rapportati a 20 anni, anche la vita media del CO2 che invece è di 100 anni circa.

Il CO2 equivalente è appunto un confronto tra l’effetto dei vari gas paragonati al CO2 che si presume si acculi in atmosfera per 100 anni e quindi abbia un’azione riscaldante ( forzante radiative positiva) per 100 anni, se il confronto per il metano lo si fa su 20 anni, anziché 100, anche il CO2 bisogna considerarlo solo per 20 anni, il che significa che la proiezione climatica di riscaldamento a fine secolo dovrebbe essere di molto diminuita perché l’effetto del CO2 sarebbe solo per 20 anni e non per 100.

Quindi perchè si dovrebbe considerare il GWP a 72 quando in realtà la concentrazione reale del metano è cresciuta di poco o nulla negli ultimi 20 anni?

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3 commenti leave one →
  1. massimo permalink
    9 dicembre 2010 00:26

    Una volta ho letto che somministrando un supplemento alimentare a base di origano i ruminanti smettono di produrre metano. É vero?

  2. 10 dicembre 2010 09:29

    Ho letto anch’io la notizia, poco tempo fa:
    http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/energia_e_ambiente/10_settembre_09/bovini-metano-origano_d53e34c2-bc39-11df-8260-00144f02aabe.shtml
    sulla sua fondatezza, non ho la minima idea…

  3. Claudio Costa permalink
    10 dicembre 2010 20:34

    può darsi che qualcosa faccia, ma costa e non è vero che raddoppia la produzione di latte

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