La fiera del catastrofismo zootecnico – settima parte: le emissioni della filiera agroalimentare
I due studiosi del World Watch Institute stimano a spanne le emissioni dei consumi energetici della filiera agroalimentare delle proteine animali compreso la produzione di alghe per mangimi, e i consumi dell’itticoltura. Ma non fanno il confronto scientifico correttamente come già descritto, fanno invece il conteggio di tutte le emissioni senza confrontare la filiera di una dieta alternativa che potrebbe essere diversa di poco in equipollenza proteica. Si limitano a fare conclusioni approssimative e molto discutibili sul fatto che i cibi a base di proteine animali, rispetto a una dieta in equivalenza calorica necessitano di molte operazioni che richiedono energia e che andrò a citare una ad una.
Alle diete con prodotti di origine animale secondo il rapporto servono:
più energia per produrre mangimi e foraggi
Questo però dipende sempre dal tipo di confronto, in equivalenza calorica serve sicuramente più energia, ma anche la filiera della pasta o del riso è lunga: sintetizzare concimi minerali, arare, erpicare, seminare, diserbare, trebbiare, stoccare, macinare, impastare, essiccare, imballare, trasportare e cuocere, comporta grandi consumi energetici e quindi emissioni.
Citano il seitan che è ottimo, ma secondo me non sanno di cosa parlano, perché ci vogliono 10 kg di grano per fare 1 kg di seitan in ss, mentre con 10 kg di mangime faccio 3 kg di pollo, il seitan in confronto è un spreco.
una cottura più lunga e più intensa
non mi risulta affatto, anzi latte uova, carne e salumi si possono mangiare crudi (o stagionati) mentre piselli, fagioli patate, pane, pasta e riso, no, anzi le proteine vegetali crude sono indigeribili o addirittura tossiche come la soia.
un maggior raffreddamento
come se frutta e verdure, tofu e seitan, non venissero refrigerati e surgelati (piselli, minestroni, spinaci ecc) tra l’altro citano i CFC che sono gas refrigeranti ritenuti responsabili della deplezione dell’ozono stratosferico ma che sono vietati dal protocollo di Montreal del 1987 e che sono calati in atmosfera di almeno un fattore 4.
più imballaggi
come se: i legumi non fossero in lattina, i succhi di frutta e il latte di soia nel tetrapak come il latte vaccino, molte verdure confezionate nelle vaschette come la carne, il tofu e il seitan non fossero confezionati come i salumi e i formaggi.
più energia per smaltire i sotto prodotti pelli, piume, lana, e effluenti
ma queste sono risorse non costi, anzi vanno conteggiate nel fare i confronti perché sono da sostituire. Nell’articolo non c’è alcun cenno alla possibilità di concimare con concimi rinnovabili, cioè ottenuti dagli effluenti urbani e zootecnici e da tutti i rifiuti organici urbani, zootecnici e industriali, previa recupero dell’energia residua che è anche un modo per sanificarli e stabilizzarli (biogas o gassificazione).
Continua…
Le puntate precedenti:
La fiera del catastrofismo zootecnico – prima parte: le equivalenze
La fiera del catastrofismo zootecnico – seconda parte
La fiera del catastrofismo zootecnico – terza parte: il metano
La fiera del catastrofismo zootecnico – quarta parte: CO2 e N2O
La fiera del catastrofismo zootecnico – quinta parte: la respirazione animale
La fiera del catastrofismo zootecnico – sesta parte: la deforestazione
Trackbacks