Pane e brioches: quando i poveri devono pagare il pranzo dei ricchi
Chicago Blog – 05/01/2011
A giudicare dalle solite statistiche post natalizie (qui e qui un paio di esempi), anche quest’anno gli italiani (fatta salva un po’ di cautela, dati i tempi) non hanno rinunciato a mangiar bene e, dove possibile, avrebbero orientato le loro scelte verso prodotti alimentari tipici e biologici. I prodotti tipici, soprattutto quando derivano da agricoltura biologica, sono prodotti di nicchia, tendenzialmente orientati a consumatori abbienti e (forse) consapevoli. Per questa ragione non stupisce affatto che in molti abbiano pensato bene di portare in tavola tipico e bio per cenoni e pranzi di Natale e San Silvestro, quando ci si concede il lusso di spendere qualcosa in più rispetto al resto dell’anno.
I prodotti da agricoltura biologica sono, in sostanza, roba da ricchi. Non potrebbe essere altrimenti, dato che l’agricoltura biologica è molto, ma molto meno produttiva di quella convenzionale, e quindi la mancata produzione dell’agricoltore viene compensata da un prezzo decisamente più alto. D’altronde la filosofia del biologico è sempre la stessa: se io produco mele col baco, qualcuno deve pur essere disposto a pagarmele per buone.
Allora come mai negli ultimi anni i prezzi all’origine dei prodotti agricoli convenzionali e biologici si sono così avvicinati? Oggi la differenza tra un quintale di grano tenero biologico e uno di grano tenero convenzionale è di pochi spicci, mentre quindici anni fa il primo veniva pagato quasi il doppio del secondo. Semplicemente, è successo che non è più il consumatore (che sceglie liberamente cosa acquistare) a pagare il mancato raccolto dell’agricoltore biologico, ma il contribuente, attraverso le sue tasse che si trasformano in sussidi per l’agricoltura biologica e i prodotti tipici, oltre che per i consorzi di tutela e gli enti certificatori, ovvero tutto quel parastato che pretende di sapere meglio di noi ciò che ci piace e ciò che non ci piace bere o mangiare.
In questo modo siamo ritornati, nella vecchissima Europa del ventunesimo secolo, al paradosso per cui le tasse dei poveri servono (ricordate la storiella di Maria Antonietta?) a pagare il pranzo dei ricchi, o almeno a garantire un considerevole sconto sui loro prodotti preferiti.
La spiegazione che tu dai circa il continuo avvicinarsi dei prezzi dei prodotti da agricoltura biologica a quelli da agricoltura convenzionale e’corretta ma non sufficiente a spiegare il fenomeno. Oltre una decina di anni fa ho provato a trasformare la mia azienda risicola in azienda biologica così come parecchie aziende della mia zona. Nel corso dei quattro anni iniziali ho capito che attenendomi ai regolamenti per la produzione biologica non avrei potuto produrre reddito e quindi mi sono trovato a dover scegliere se produrre biologico in barba ai regolamenti o abbandonare . Io, al contrario di molti altri, ho abbandonato non volendo assumermi la responsabilità penale (frode) e morale di immettere sul mercato prodotti certificati bio che bio non sono. Assicuro che tutti i produttori di cereali , anche colori che coltivano cereali biologici, sanno che non e’ possibile coltivarli in modo estensivo, così come avviene, senza l’uso di fitosanitari e concimi chimici . Come e’possibile tutto ciò ? Ritengo che vi sia un tacito consenso politico alla frode sul biologico . Mi spiego meglio , non penso vi sia la volontà politica ad imporre controlli seri sulle coltivazioni biologiche in quanto sono tutti consapevoli che controlli seri porterebbero ad una diminuzione drastica della produzione con prezzi che a quel punto sarebbero accessibili veramente per pochissmi mettendo così in discussione tutta l’impostazione ideologica sull’agricoltura “pulita” con cui la politica tanto si e’ riempita la bocca e a fatto proselitismo tra gli ignoranti negli ultimi decenni. Basterebbe veramente poco impegno scoprire “botti per il diserbo” in appezzamenti convertiti a produzione biologica; ve lo assicuro.
Intorno al biologico ci sono diversi fenomeni che possono aver contribuito a gonfiare artificialmente l’offerta, e quindi alla diminuzione dei prezzi all’origine. Oltre al finto biologico prodotto con metodi più o meno convenzionali, c’è anche il finto biologico che non è mai stato prodotto ma solo fatturato, dato che i controlli, come è ovvio che sia, avvengono solo sul cartaceo.
Ma al tempo stesso ci sono molte aziende per le quali il biologico è solo un sistema per galleggiare su maggiori sussidi, e che preferiscono rischiare il meno possibile, producendo poco o nulla. Non so però quanto questi fenomeni, dei quali ho esperienza ma che è difficile quantificare, abbiano realmente inciso sull’offerta e quindi sui prezzi.
Voglio solo dirti che una partita di risone certificato biologico di 100000 qli proveniente dalla Romania e portato in italia dal Dott Scotti ha bloccato il mercato del risone biologico italiano per parecchi mesi facendo scendere il prezzo sul mercato interno del bio a soli 10 euro a tonnellata di differenza da quello normale. Nessun problema tanto le produzioni di risone bio ad ettaro coincidono con le produzioni produzioni che si ottengono con agricoltura tradizionale
all’esselunga 1kg di superfino bio costa eu2.22, 1kg di superfino scotti no bio eu3.09 !!! come mai? anch’io sono risicoltore e coltivo in modo tradizionale: vi assicuro che se non usassi pesticidi e concimi chimici npk sarebbe durissima produrre con reddito, senza parlare del trattamento di protezione della pianta……
@Mauro e Fulco. Non conosco la situazione del riso, sono geograficamente troppo distante dalle aree di produzione, ma la situazione alla quale accennate puzza abbastanza e sembra meritare qualche approfondimento: avete qualche dato in più? Magari contattatemi per email.