Biogas o bioinganno? Terza parte – Il biogas buono
Non tutti gli impianti a biogas utilizzano materie prime come biomassa. Ce ne sono alcuni che utilizzano solo i rifiuti organici urbani e industriali, alimenti scaduti, e i reflui urbani e zootecnici, e sono gli unici che a mio giudizio andrebbero incentivati. Queste matrici organiche si possono gestire anche con il compostaggio e la maturazione, ma la digestione anaerobica ne garantisce la sanificazione, la deodorizzazione sia in stoccaggio sia in distribuzione e la disinfestazione dei semi delle piante infestanti. La sanificazione, nel caso si utilizzino scarti industriali come farine di carne o reflui urbani, è fondamentale perché c’è il rischio di contaminare l’ambiente con patogeni molto pericolosi come la salmonella e i coli patogeni.
Questi impianti sono poco diffusi perché è necessario collocare il digestato che ne deriva e questo anziché essere una condizione obbligatoria per gli agricoltori per ricevere la PAC diventa un costo e un problema organizzativo non da poco per comuni e industrie. Inoltre, mentre i rifiuti hanno una buona resa in gas, i reflui ce l’hanno bassissima perché l’energia degli alimenti è già stata sfruttata dagli organismi, i liquami hanno dei volumi enormi (specie i reflui urbani), quindi servono digestori di grandi dimensioni che hanno tempi di abbattimento del debito enormi. Ecco perché ai reflui l’integrazione è quasi indispensabile.
Un metro cubo di liquame suino produce in media 16 m3 di biogas da cui si possono ricavare circa 28 kWh di energica elettrica, mentre un metro cubo di silomais produce 68 m3 di biogas e 121 kWh di energia elettrica (1).
La figura mostra lo schema di un impianto a biogas tipo plug flow tra i più semplici, in questo caso il liquame dopo il separatore finisce nel digestore. Il biogas viene bruciato nel cogeneratore per produrre energia elettrica, mentre l’energia termica viene sfruttata per mantenere sopra i 35° la temperatura nel digestore
Ci sono però degli impianti virtuosi già in attività che anziché utilizzare i reflui tal quali ne utilizzano i flottati che sono le particelle fini presenti nei reflui separate con flottazione. Quello che segue è lo schema di un impianto a flottato suino che ho visitato in provincia di Bergamo.
- Il liquame puro e fresco passa da due separatori a tamburo e il separato si spande nei terreni aziendali. Sarebbe meglio utilizzare separatori a coclea elicoidali in polimeri con vasca di premiscelazione. Il separato non viene aggiunto alla biomassa da fermentare nel digestore perché ha resa molto bassa in quanto è costituito prevalentemente da cheratina (setole, forfora, consumo di unghielli) fibra indigerita, sabbia, e eventuali chicchi non macinati o semi di infestanti questo più per i bovini che per i suini.
- Il chiarificato viene ulteriormente separato dalle particelle fini tramite flottazione. Per far coagulare in fiocchi le particelle fini usano due additivi: un’eletrolita e un sale di alluminio, si possono usare anche dei sali ferrosi anziché quelli di alluminio, il sistema di miscelazione e calibraizone è brevettato.
- Il flottato si separa con un flottatore a supero ed è immesso nel digestore anaerobico rettangolare tipo Plug Flow, mesofilo.
- Dal flottatore oltre al flottato esce l’ultrachirificato che ha un colore verde trasparente, e una bassissima percentuale di sostanza secca. In pratica è un refluo minerale liquido del tutto simile ai concimi minerali di sintesi liquidi.
Il flottato è solo il 10% del liquame in entrata, quindi il reattore è molto piccolo rispetto agli impianti che utilizzano reflui tal quali.
Secondo i dati del costruttore nel flottato finisce il 60-70% della sostanza organica del chiarificato che ha una resa in gas molto alta perché è molto fermentescibile in quanto costituita soprattutto da proteine e carboidrati.
Il vantaggio di questo sistema non è solo nel volume ridotto del digestore, ma anche e soprattutto dal fatto che nel digestore non entrano le sostanze abiotiche contenute nei liquami che non hanno nessuna resa in gas ma che anzi limitano le fermentazioni. Queste sostanze tossiche sono: tutto l’ammonio, gran parte dei nitrati e nitriti, rame e zinco, e residui di antibiotici che rimangono invece nell’ultrachiarificato.
In aggiunta a questo schema io proporrei un sistema di ricircolo in modo che il digestato in uscita dal digestore torni alla flottazione per recuperare altro flottato costituito dalla massa batterica fermentante e privo di ammonio da immettere nuovamente nel reattore. L’impianto dovrebbe essere predisposto anche a ricevere i flottati di altri allevamenti che per dimensioni ridotte non riescono a produrre biogas a sufficienza per giustificare un impianto.
Questo tipo di impianti già esiste, sono piccoli, facili da realizzare, costano poco, e andrebbero sostenuti da una legislazione adeguata che faciliti lo smaltimento dei digestati e degli ultrachiarificati e, come già detto, dovrebbero essere gli unici a godere di finanziamenti regionali e di incentivi per la produzione di energia rinnovabile.
Un sistema simile applicato alle acque nere urbane ne abbatterebbe i costi di depurazione e permetterebbe il recupero dei preziosi minerali di azoto fosforo e potassio contenuti nei reflui.
Queste sono le cose da incentivare! Peccato che molte amministrazioni locali guardino solo al lato estetico (da punti di vista discutibili) e spesso non permettano la costruzione di questi impianti per salvaguardare il paesaggio.
Caro Claudio
ho letto con interesse il tuo messaggio; si potrebbe sapere il nome di questo impianto della provincia di Bergamo; conosce per caso altri casi che si siano avvicinati alle scelte tecniche che lei menziona? Le sarei grato se potesse fornirmi queste informazioni
Saluti cordiali
Giorgio Osti
@ Giorgio Osti
L’impianto a Bergamo è a flottati suini ed è a Torrepallavicina (ex Binda), se è interessato a costruire un impianto la posso accompagnare in visita con il progettista
Poi ce n’ è uno nuovissimo a San Salvatore (CR) progettato dal prof Navarotto sempre a flottati suini da 250 kW di potenza
Ce ne sono diversi a soli liquami e letami bovini uno a Lodi vecchio solo liquami e letame bovino da 250 kW di potenza se è interessato a costruire un impianto la posso mettere in contatto con i costruttori e accompagarla in visista
Poi ce n’e uno nel cremasco a liquami bovini e letame e un pò di integrazione di paglia glicerolo 330 lt /g e silosorgo sempre da 250 kW di potenza anche qui posso accompagnarla
Il 5 Maggio è uscita una legge in Lombardia per cui gli impianti sotto i 250 Kw di potenza godono di procedura semplificata
@ Alessia Farina
Se hai problemi con la VIA la valutazione di impatto ambientale fammi sapere che ti faccio un progettino di parco integrato intorno al reattore che non possono dire più nulla nemmeno se è un comune ad interesse turistico e il reattore è a vista dalla statale
Caro Claudio
grazie della pronta risposta; in realtà non ho interesse a costruire un impianto a biogas, ma a studiare come questi si integrano nell’ambiente, intendendo per ambiente sia quello naturale che quello sociale (svolgo ricerche sociologiche su ambiente e campagna). Vedo infatti anche dal suo ragionamento che esistono molte relazioni positive e negative fra aspetti tecnici degli impianti, ricadute ambientali di questi, incentivi pubblici, servizi alla collettività. Certo conciliare tutto è impossibile, ma raggiungere un miglior grado di integrazione rispetto alle attuali tendente (impianti da 1 megawatt volti solo a produrre energia elettrica), è certamente possibile.
A questo punto perfezionerei la mia domanda: fra gli impianti che lei mi ha elencato quale è quello che produce maggiore integrazione fra i diversi aspetti: agricolo, economico, sociale e ambientale?
grazie e saluti cordiali
@ Osti
L’impianto perfetto non l’ho ancora visto, comunque la tendenza è molto cambiata, per lo meno il Lombardia, ormai hanno constatato tutti visto i costi del silomais e dei terreni in affitto, che conviene la taglia 250 kW di potenza con almeno il 50% 60 % di biomassa da liquami e letami e il resto paglia, glicerolo, melasso ecc. a meno che uno abbia tutta la terra per alimentare 1 mw…ma quelli l’impianto lo hanno già fatto.
Il migliore che ho visto è a Lodi vecchio 250 kW senza nessuna integrazione,
vantaggi: abbattimento degli odori, stabilizzazione del digestato, uso agricolo del digestato energia rinnovabile quindi reddito, e nessuna competizione alimentare e di territorio.
L’impianto perfetto per me è quello che va a risolvere problemi, non quelli che ne creano, ad es gli impinati con l’ integrazione di rifiuti e fanghi e flottati di reflui urbani e che sfrutti l’energia termica che quasi nessuno sfrutta. In Italia non sono diffusi per problemi burocratici spesso ridicoli, quant’anche si riuscisse ad avere le autorizzazioni (serve anche la bolla papale del camerlengo) poi c’è sempre qualche genio che blocca tutto e che dice: “il digestato prodotto dai rifiuti è un rifiuto quindi deve andare in discarica! “
Caro Claudio
torno a distanza di tempo sul tema dell’impianto a biogas “perfetto”; certo non esiste, ma lei stesso mi indica casi che si avvicinano a quello che io cerco; io schematizzerei così in maniera un po’ brutale: impianti di grossa taglia il cui unico scopo è stare dentro le convenienze, soprattutto la tariffa unica agevolata (penso ai classici impianti da 1 megawatt); impianti piccoli con buona integrazione interna, intendendo con ciò che ottimizzano la funzione agricola e l’allevamento dal punto di vista della singola azienda; impianti piccoli che recuperano calore dalla combustione del biogas e svolgono altre attività socio-ambientali (fattoria didattica, prodotti tipici, amendanti di qualità …); probabilmente il terzo tipo non esiste. Però a questo punto raccoglierei il suo invito a visitarne un paio che rappresentino il secondo e forse il terzo tipo, che lei indicava già nei messaggi precedenti. La prima settimana di agosto potrei venire il Lombardia dove mi pare vi sia la massima concentrazione di casi interessanti. Ribadisco che i miei scopi sono di ricerca e non di investimento/progettazione.
In attesa di un suo riscontro la saluto cordialmente, Giorgio Osti
@ Giorgio
La prima settimana di agosto sono in ferie con la famiglia nelle marche e non posso accompagnarla però per le visiste può chiedere contatti alle ditte Rota Astrim BTS Thoni ecc ecc
Esistono anche fattorie didattiche con impianti a biogas io ne conosco una a Lodi presso il polo universitario per la visita può sentire il presidente del consorzio biogas Willer Boicelli di cui le manderò privatamente i contatti
In realtà il ciclo è virtuoso a prescindere dalla taglia ad es lo è un impianto che utilizza forsu o reflui senza integrazioni.
Ci sono impianti da 35 MW in olanda in GB in Francia ecc . Tenga presente che il 90% del biogas in GB viene dalla forsu.
Più è alta la taglia più si abbassano i costi e più è facile lo sfruttamento dell’energia termica.
La tendenza in nord europa è fare il teleriscaldamento mentre in Italia si sta sviluppando l’essicazione dei cereali al raccolto e del digestato solido durante l’anno.
In provincia di CR ci sono 116 impianti per un valore totale di circa 60 MW.
Se al posto di 110 impianti ne avessero fatto uno da 60 MW consortile sarebbe costato 4 volte meno!
Il biogas è la nuova frontiera della speculazione. Prima c’erano gli allevamenti suini, c’è gente che ha comprato terreni per lo smaltimento dei liquami quando il suino era alle stelle ora si ritrova con la terra che vale meno della metà di quanto l’ha pagata, e non ha più neanche i maiali visto che le loro quotazioni hanno avuto un crollo verticale, ora c’è il biogas, ennesima bolla. In un impianto da 1 Mw ci buttano circa 500 quintali di insilato al giorno (perchè diciamolo: il 99% degli impianti funzionano esclusivamente con materie prime, l’esatto opposto degli scarti….) questo ha provocato un folle aumento dei prezzi del mais oltre ad un altrettanto folle aumento degli affitti/prezzi dei terreni coltivabili. Speriamo che il biogas “esploda” prima che ci troviamo la farina di mais a 40 €/Kg…. Lavoro nel settore agricolo, e vi posso dire che di aziende che possono EFFETTIVAMENTE avere un impianto da svariati Mw e farlo funzionare esclusivamente con i reflui bovini ne ho vista solo una…. Arriveremo (perchè ci arriveremo in quanto non ha senso) al giorno che verranno eliminati gli incentivi per la costruzione/acquisto di corrente da questi “figli della speculazione” ed allora si ripresenterà la stessa situazione sopradescritta per i suini. Spero di sbagliarmi.
Maldito
Quanto hai ragione!
Vivo a Sermide (MN), paese rinomato per la produzione di meloni e angurie ed inoltre zona tipica per la produzione del parmigiano-reggiano.
Qundo tutti gli impianti di biogas e biomassa costruiti o in costruzione nel raggio di 15 km ho calcolato che occorreranno ben 10.000 ha sui 50.000
esistenti per alimentare gli impianti.
L’ho già fatto notare ad amministratori pubblici a vario livello e tutti mi rispondono che il problema c’è, ma poi continuano a correre a destra e a manca ad inaugurare nuovi impianti.
Spero solo che tutti quegli italiani che sono rimasti obnubilati dall’ambientalimo ideologico e relative energie rinnovabili trovino sempre cibo alla portata della loro borsa. Ma l’idea di vederli contare i soldi prima di entrare in un supermercato e uscire con la metà della spesa mi attira, solo per potermi sfogare un po’! Avrò istinti sadici, ma non so resistervi.
…mi aspettavo che qualcuno dei signori che hanno postato prima di me controbattessero scrivendo che ho scritto delle menzogne, non funziona cosi etc etc etc, Dinnanzi all’impietosa realtà, ricordo che la realtà non sono i due o tre “impianti politicamente” corretti che fanno visitare per far vedere quanto è bello e bravo il biogas, non c’è niente da ribattere….
@Maldito: le ricordo che il post che stiamo commentando risale al 17 gennaio, quindi è molto probabile che “qualcuno dei signori che hanno postato” prima di lei semplicemente non abbia visto il suo commento.
In ogni caso questo è solo l’ultimo di una serie di articoli di Claudio Costa, tutt’altro che teneri con il biogas. https://lavalledelsiele.com/?s=Biogas+o+bioinganno%3F
esistono impianti biogas che sfruttano gli scarti derivanti dalla macellazione dei suini: es. sangue o altro?
Si so che esistono anzi sono stati i primi a sorgere perchè allo smaltimento del macello hanno abbinato la produzione di energia, ma credo che li integrino con altre biomasse.