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L’Italia delle cavallette

6 febbraio 2011

E’ un’immagine efficace quella che il prof. Nicola Rossi, dimettendosi dalla carica di senatore (e dal ruolo di soprammobile di pregio del PD, da esporre con la cristalleria migliore in vista delle elezioni e da riporre con cautela in una teca sigillata e nascosta nei giorni feriali), dà della sua generazione e lascia in eredità al suo partito, dalle pagine del Corriere della Sera (i grassetti sono miei):

E’ capitato a molti, prima di oggi, di sperimentare condizioni di vita e livelli di benessere inferiori rispetto a quelli sperimentati dalle generazioni precedenti. I giovani di oggi non sono i primi e non saranno gli ultimi. E la strada che hanno davanti è la stessa dei tanti che hanno in passato affrontato simili difficoltà e hanno saputo risalire la china: rimboccarsi le maniche, studiare e lavorare di più e meglio per riconquistare i perduti livelli di benessere, accettare la realtà ed affrontarla a viso aperto, piegandola se necessario e quando possibile. Senza perdere un solo istante per ascoltare i tanti che – con ipocrita pietismo – commiserano oggi le odierne condizioni delle generazioni più giovani.

Anche senza mai dimenticare, però, che un’anomalia nel loro caso c’è. E l’anomalia – vera – è quella della generazione che li ha preceduti. Una generazione composta – non trovo immagine più efficace – in buona misura da cavallette. Politici – a destra come a sinistra – che hanno fatto quanto potevano per impedire (e ci sono riusciti!) che si facesse a tempo debito quanto poteva dare ai più giovani prospettive meno incerte e che oggi (visto che gli stessi giovani sono diventati elettori) sono i primi a manifestare viva preoccupazione per le loro sorti. Sindacalisti capaci di tradire la loro missione per dare a chi aveva già avuto togliendo a chi ancora non aveva. Giornalisti della domenica capaci di vedere il problema solo quando è ormai troppo tardi. Adulti – uomini e donne, a destra e a sinistra – che per due decadi non hanno esitato a consumare quel che c’era e, soprattutto, quel che non c’era. L’anomalia vera è la mia generazione: la stessa che oggi guarda i più giovani con occhio umido e li considera come una sfortunata eccezione.

Ad una nuova stagione di incertezza la politica avrebbe dovuto rispondere non con le narrazioni ma con le politiche: portando, per esempio, lo stato sociale ad assicurare i nuovi rischi altrimenti non assicurabili e liberandolo dal fardello delle attività ormai di mercato. Certo, allo sforzo di comprendere la natura dei nuovi rischi e di costruire nuove forme assicurative si può sempre sostituire la scorciatoia delle sanatorie per i precari ed il pubblico come datore di lavoro di ultima istanza. Ma si finirebbe solo per sostituire ai rischi ed alle incertezze del mercato l’arbitrio estremo ed intollerabile proprio della politica.

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  1. alberto Guidorzi permalink
    6 febbraio 2011 19:05

    Scusami Giordano se riporto anche il secondo periodo dell’intervento di Nicola Rossi che avevo già letto sul Corriere della Sera:

    “L`italiano medio che avesse avuto la ventura di avere vent`anni nei primi anni 30 mio padre, per fare solo un esempio fra tanti – avrebbe sperimentato per gran parte della sua vita (fino alla mezza età, per intendersi) una dieta fino al 35% meno ricca di calorie di quella sperimentata dalla generazione che lo aveva preceduto”.

    Trovo, però, che questa considerazione è di un’attualità tale che le nuove generazioni dovrebbero meditarci su profondamente e “buttare a mare” i Capanna , i Petrini, gli Alemanno, gli Zaia, la Coldiretti e perfino la Confagricoltura che, torno a rpetere, si dimostra sempre più una “Confraternita d’ ignavi”.

    La generazione del papà di Rossi, forte dell’esperienza pagata, compresa la guerra, che è anche quella di mio padre, ci hanno dato il progresso del dopoguerra ed iniziato la rivoluzione verde, mentre noi l’abbiamo solo goduta e abbiamo trasferito unicamente illusioni (salario garantito anche a chi non lavorava, sei politico a scuola, superamento degli esami universitari con seminari, laurea conseguita a 30 anni e oltre anche se con 110 ecc. ecc.)

    A questo riguardo mi limito ad osservare solo ciò che è accaduto alla nostra agricoltura e a ciò che abbiamo fatto credere agli abitanti delle città che ormai hanno totalmente perso le loro radici contadine, ancora credono che si possa continuare a non produrre derrate in Italia perchè tanto abbiamo i soldi per comprarle altrove e che quindi gli scaffali non rimarranno mai vuoti.

    Vi è un’intervista che Antonio Saltini (il noto storico dell’agricoltura) da al mio Direttore di Spazio Rurale, Vittorio Barreca, e dove riassume in due parole ciò che ci aspetta. Egli dice che il futuro prossimo sarà caratterizzato da questa contrapposizione:

    “BUSHEL FOR BARREL” sia che si tratti di scambiarlo con petrolio sia che si tratti di trasformare bushel di derrate in biocarburanti per sè.

    Gli altri, come anche noi italiani, si ritroveranno, invece, ad entrare in concorrenza con chi deve procurarsi altrove il cibo rincorrendo la lievitazione dei prezzi.

    Un’altra rivoluzione verde come quella precedente non ci potrà essere in quanto il pianeta non la potrà sopportare, ma la demografia continuerà nel suo trend. Qual’è la risposta che fa presa sui consumatori e che degli istrioni citati appena sopra propongono? La decrescita, il biologico, la ricerca partecipata per impedire il progresso ecc.

    Molti mi risponderanno ti sbagli! Al che io rispondo: La Francia, che è quella che ci ha dato fino ad ora il frumento che ci mancava ha già detto: “alt, io posso decidere di non esportare derrate!” Il sottinteso è che il grano lo vuol vendere d’ora in poi non a chi ne ha bisogno ma a chi gli pare più conveniente per i suoi interessi nazionali.

    Meditate giovani! Meditate giovani!

  2. 6 febbraio 2011 19:37

    Anch’io avevo pensato che la prima parte dell’articolo di Nicola Rossi potesse fornire qualche spunto interessante le tematiche di cui questo blog si occupa più spesso (sviluppo vs decrescita, commercio internazionale vs sovranità alimentare), ma ho preferito evidenziare la seconda parte, che dava il senso di tutto l’articolo.

    Rispetto agli argomenti che hai citato, ti consiglio di dare un’occhiata agli articoli che Pierre Desrochers mi ha gentilmente autorizzato a tradurre per La Valle del Siele. Questo è l’elenco: https://lavalledelsiele.com/author/lavalledelsiele13/

  3. 6 febbraio 2011 20:39

    e’ bello sapere che esistono persone con questa chiarezza di visione in Italia, e’ triste pensare che non contano una beneamata fava.

  4. alberto Guidorzi permalink
    7 febbraio 2011 01:25

    Giordano
    mi ero già letto tutto il documento sulla sovranità alimentare dell’Istituto Molinari.

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