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Selezionatori o insaccatori? Prima parte – L’attività sementiera

2 marzo 2011

Credo che tutti sappiano della complessità del lavoro del miglioratore delle specie agrarie. Se un tempo si poteva riassumere il lavoro del selezionatore con le parole: “occhio e tanta campagna”, ora, pur rimanendo ancora attuali le prime due caratteristiche, vi si è aggiunto anche “tanto laboratorio biotecnologico”. Ma con questo il quadro economico è profondamente mutato, perché implica un esborso finanziario non indifferente per dotarsi delle strumentazioni e delle tecnologie necessarie, e ciò ha provocato una selezione tra gli operatori.

Vale a dire che se prima il selezionatore doveva ripagarsi del tanto tempo occorrente per annotare e scegliere in campo e poi fare le scelte di post raccolta, ora bisogna essere sostenuti da un’attività finanziario-commmerciale gravosa. Se prima bastava mettere in sacco le moltiplicazioni che si ottenevano dalle nuove costituzioni e si finanziava lavoro e ricerca, ora il panorama è completamente cambiato. Ecco la ragione per cui una miriade di piccole ditte di selezione in Europa sono sparite subito ed altre, più corpose, hanno preferito vendere, quando si è prospettata loro la necessità di dover fare investimenti pluriennali gravosi.

Il selezionatore monospecie non ha più la possibilità di sopravvivere. In conclusione una ditta sementiera deve riuscire ad autofinanziarsi mediante la ricerca su varie specie, cedendo ad altri i diritti della moltiplicazione della sua novità varietale autogama o vendendo in proprio le specie a basso impatto ponderale e a più elevato valore aggiunto quali sono le sementi ibride. In caso contrario essa e destinata a chiudere.

In Italia invece l’evoluzione è stata particolare. l’attività sementiera è sempre stata limitata al solo frumento tenero e duro, mentre per il resto dipendiamo da sempre totalmente dall’estero ed ultimamente anche per i cereali a paglia cominciamo a dipendere dalla Francia e da altri. Solo una ditta ha seguito un po’ l’evolversi delle tecnologie ed è la Produttori Sementi di Bologna che dietro di sé ha una fondazione bancaria che deve trovare fonti d’investimento compatibili con gli scopi sociali propri. Per il resto le scelte di politica sementiera fatta dall’Italia e di cui si dirà in seguito, hanno permesso la sopravvivenza di molti “insaccatori di sementi”. Questo non vuol essere un termine dispregiativo, ma solo un modo sintetico di dire che non sono supportati da una ricerca degna di questo nome o non l’hanno proprio.

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