Il creazionismo di sinistra
Salmone.org – 16/05/2011
Tempo fa Carlo Petrini elencò dieci punti per ribadire il no ai cosiddetti “OGM”. Il punto otto merita una particolare attenzione. Petrini sosteneva, tra l’altro, che “le piante mal sopportano le modificazioni genetiche”. Ora, se durante un esame di biologia avessi fatto un’affermazione del genere sarei stato bocciato a libretto. L’evoluzione dei prodotti agricoli (da diecimila anni) è stata possibile perché le piante sopportano – e come! – le modificazioni genetiche. Nei millenni non abbiamo fatto altro che spostare geni da una parte all’altra. La prima modifica indotta (empiricamente) è stata quella che ha permesso la creazione di cereali che non disperdevano i semi. Abbiamo modificato il loro status selvaggio cercando di ottenere cariossidi più grandi e più ricche di proteine.
Questo è avvenuto e avviene ancora e avverrà sempre e riguarda tutto ciò che consumiamo. Quando modifichiamo un prodotto modifichiamo i suoi geni – per questo tutto è OGM. Ora, affermazioni come quella di Petrini contribuiscono a formare un immaginario ecologista (e di sinistra) di stampo creazionista, un po’ alla “testimone di Geova”. Meglio non muoversi affatto perché, simbolicamente parlando, le piante non sopportano le modificazioni genetiche, quindi ogni tentativo di miglioramento produce un danno e inquina un presunto stato naturale. Questo atteggiamento – che, tra l’altro, incide sulle élites (di sinistra), ossia quelle che producono e trasmettono cultura – sta strutturando, appunto, l’idea di un ecologismo senza innovazione tecnologica. Un paradosso.
Per esempio, una foto di famiglia ritrae mio nonno, mia nonna, mio padre ed io, bambino (due anni). Questa foto (1968) illustra tre generazioni. Mia nonna sullo sfondo lavava i panni. L’ha sempre fatto, per tutta la vita – poi è stata felicissima di potersi servire dell’innovazione portata dalla lavatrice, per lei quella era una scelta ecologica, recuperava tempo e risparmiava acqua.
Mio nonno era un contadino, povero, sdentato, con i postumi della pellagra. Coltivava biologico e non per scelta etica. Non aveva né fertilizzanti né agrofarmaci. Si lamentava degli insetti che mangiavano la sua roba e la distruggevano, i suoi prodotti non erano buoni e la gente al mercato non li comprava (la sua più grande sofferenza, questa. Perché si spaccava la schiena e lavorava con costanza e determinazione e gli sembrava ingiusto essere colpito da una punizione così crudele) – in effetti, bisognerebbe spiegare a tanti fortunati di oggi che con facilità parlano del mondo contadino, elogiando i ritmi naturali e i cibi sani di una volta che, per esempio, gli insetti non sono culturalmente modificati, cioè non dicono: questo campo è biologico, non l’attacchiamo. Mio nonno, ancora, si è spostato nell’arco di tutta la vita, forse di una cinquantina di chilometri dalla sua proprietà. Povertà, ignoranza, sofferenza (tanta) e lingua dialettale stretta gli hanno impedito di accedere a dimensioni diverse da quella agricola. Naturalmente, mio nonno mangiava solo prodotti a chilometro zero. E questo per una buona parte della sua vita, fino agli anni ‘60.
Ma qui la parola passa a mio padre. Che invece ha goduto delle innovazioni tecnologiche di quegli anni. Agrofarmaci, fertilizzanti, meccanizzazione e miglioramento genetico. Ha visto la produzione agricola e il reddito aumentare, quindi ha potuto lentamente fare quello che a mio nonno e a mia nonna non riusciva fare, affrancarsi dalla terra e studiare. Io, dei tre, sono stato il più fortunato. Perché ho potuto beneficiare appieno della rivoluzione agricola e nello stesso tempo capire che questa aveva prodotto dei danni.
Come rimediare? C’è solo un modo, capire, ora, attraverso quali nuove tecnologie si arriva a produrre di più, meglio e con meno costi sociali. Si possono ottenere agrofarmaci biodegradabili e innocui? Certo e lo si sta già facendo. Si possono mettere insieme le competenze di varie discipline, agronomia, genetica, ecc. e creare dei protocolli di produzione, via via analizzati e studiati, grazie ai quali gli imprenditori agricoli si trasferiscono nuove conoscenze per meglio coltivare? Certo, la Bayer per esempio, sta avviando questo protocollo sulla vite. Si possono ottenere delle piante resistente alla siccità e agli insetti? Certo.
Il più grande filosofo della modernità, e il miglior esperto di lombrichi e colombi, Charles Darwin, ci ha insegnato che tutto è cultura, la natura non esiste, perché non si può identificare un suo stato perenne né, la natura, contiene al suo interno speciali valori, inanti (e romantici) e quindi immodificabili. Tutto scorre e si modifica e tutto avviene attraverso l’innovazione culturale e tecnologica. Solo con i fondi alla ricerca si può sperare di modificare in meglio il mondo, perché non solo le piante, ma il mondo ha bisogno di essere modificato, entrambi, per così dire, sopportano le modificazione genetiche.
E’ fondamentale farlo e includere nel cambiamento l’abbattimento della emotività e una maggiore dose d’analisi e quindi più precisione e maggiore attenzione ai costi. Sarebbe un disastro se la sinistra perdesse di vista due parole: innovazione e inclusione. Più innovi più includi.
Adesso la sinistra (a leggere la pubblicità) è oltre. Dove, però, non è chiaro. Sospetto che, culturalmente, sia precipitata nel buco nero del passato.
Criticare Petrini in questo caso, come in altri, è come sparare sulla Croce Rossa, a mio avviso. Io se voi me lo permettete, e se avete la disposizione d’animo necessaria ad ascoltare chi non la pensa come voi, proverei a muovere delle critiche al ragionevole articolo di Pascale.
Che dite, ci provo? oppure mi risparmio la fatica ed amici come prima?
Io direi di provarci, Granduro. Se ti va puoi mandarmi un pezzo per email (lavalledelsiele@gmail.com) e nei prossimi giorni lo pubblichiamo.
Ci lavoro, e se sono discretamente soddisfatto te lo invio. Grazie.
Granduro: anche io sono interessato alle tue argomentazioni (su Il Fatto è un casino seguire i discorsi, e credo di essermi perso anche qualche tuo commento, nella marea di rumore)
Pascale, come ho avuto modo di scrivere su “Salmone” e tu ti sei guardato bene dal rispondere, hai ragione, gli OGM sono sicuramente una innovazione di sinistra e noi “compagni” non abbiamo capito niente!
Infatti gli OGM:
– consentiranno di trasformare l’agricoltore in un prestatore di manodopera, in quanto il monopolio creato dalle ditte sementiere, insieme al brevetto ed ai contratti di “soccida”, trasformeranno l’agricoltore in un manovalante a tutto vantaggio dell’industria (già avviene per alcune coltivazioni frutticole e per gli allevamenti di bestiame da carne. Colui che detiene la proprietà del materiale di propagazione affida il seme al coltivatore per la produzione della materia prima, mette tra loro in concorrenza gli agricoltori e trattiene per se stesso la proprietà del prodotto finale);
– l’industria, sempre mediante il brevetto potrà ottenere non solo il monopolio delle sementi, ma anche il monopolio del cibo. Di questo, noi di sinistra e non solo, saremo molto contenti;
– gli OGM ci daranno cibo (quale cibo?) a basso prezzo in modo tale da ottenere un incremento di reddito reale senza aumentare i salari. Che bello, basta scioperi, basta lamentele con i padroni!;
– gli OGM creeranno una sorta di proletariato alimentare nella società, che sarà divisa tra i ricchi, che mangeranno biologico (anche se pieno di micotossine e quant’altro, che schifo!) ed i poveracci che mangeranno cibi OGM che avranno un costo inferiore.
Sono veramente contento che ci sia uno che si reputa di sinistra (ma non credo lo sia) che critica quelli di sinistra che non sono a favore degli OGM! Complimenti veramente.