OGM e contaminazione. 1 – Il colza
Ormai le notizie secondo le quali un tratto OGM immesso in una specie coltivata va ad “inquinare” una coltivazione della stessa specie, ma di altro tipo, oppure delle specie selvatiche apparentate e fecondabili, vengono rilanciate dai massmedia e riprese dagli anti OGM (leggasi Petrini, Capanna e ministri vari) per allarmare un’opinione pubblica totalmente digiuna di meccanismi genetici ed anche di principi botanici di base. Tanto se la notizia fa colpo (uomo che morsica il cane) è più letta e colpisce meglio l’immaginario del pubblico. L’ignoranza di cose scientifiche ed in particolar modo vegetali è tale che se dico che una capra ha fecondato un elefante nessuno mi crede, ma se invece dico che una fragola è stata fecondata da un pesce si trova sempre qualcuno che ci crede.
Vediamo allora di fare chiarezza relativamente alle piante Geneticamente Modificate che si coltivano nel mondo, cominciando dal Colza. Successivamente prenderemo in esame anche la barbabietola da zucchero, la Soia e il Mais.
Il colza e la rutabaga sono due cultigruppo che appartengono alla stessa specie (Brassica napus L). Si sono originati da un incrocio tra il cavolo (Brassica oleracea- 2n=18) e il ravizzone (Brassica campestris L- 2n=20); è un anfiploide (2n=38 cromosomi). La rutabaga e il ravizzone si sono seminate fino agli anni ’60 per uso foraggiero.
Il colza è una specie annuale, semi autogama (cioè la fecondazione avviene all’interno dello stesso fiore). Solo un 30% di semi si origina da fecondazione incrociata. Si tratta di una pianta recente e creata dall’uomo e con un fondo genetico abbastanza stretto, inoltre la coltivazione si è localizzata in posti ben delimitati (Europa, Asia, e recentemente in Canada).
Dalla coltivazione si raccolgono i semi che servono per estrarre l’olio, mentre ciò che rimane dalla spremitura si fanno panelli per l’alimentazione del bestiame. L’olio ha usi alimentari umani. La recente selezione cerca di modificare la composizione in acidi grassi per venire incontro alle esigenze dietetiche moderne. L’utilizzazione industriale più recente prevede l’esterificazione degli acidi grassi dell’olio mediante l’alcol metilico in modo da ottenere un estere metilico, conosciuto come “diestere” e usato come biocarburante nei motori diesel.
Una recente selezione ha creato un colza di tipo “00” (zero acido erucico e debole contenuto in glucosinolati) che ha fatto gridare allo scandalo gli ambientalisti perché in Austria lepri e caprioli, trovandola di alto gradimento, ne fecero scorpacciate al punto da morirne per meteorismo. L’agricoltura è stata subito incolpata di distruggere la biodiversità, ci sono state manifestazioni di protesta, ma è bastato aspettare due anni, affinché lepri e caprioli facessero “esperienza”, ed il fenomeno di mortalità non si è più ripetuto.
La CE ha fatto eseguire numerosi lavori (1988-1992) per verificare la frequenza di fecondazioni incrociate con le popolazioni di Brassicacee selvatiche presenti nel campo o nelle vicinanze ed inoltre la Commissione d’ingegneria biomolecolare francese ha voluto sondare le possibilità di disseminazione del transgene che conferisce la resistenza ad un erbicida al Colza GM. Già un buon numero di tratti GM sono stati inseriti nel colza. Ci limiteremo qui a parlare delle resistenze agli erbicidi. Due sono gli erbicidi interessati: il glufosinate d’ammonio e il glyfosate.
Non si è notata nessuna variazione di composizione in fatto di acido erucico e glucosinolati. L’analisi dell’olio estratto dal colza transgenico non presenta nessuna traccia di questa proteina. Pertanto vista l’innocuita dei metaboiliti per gli animali, il problema di questi tratti GM è di vedere come possono essere veicolati su altre brassicacee e con quali probabilità ciò può avvenire. Due sono state le prove fatte:
- flusso di geni all’interno della specie colza
- flusso di geni tra brassica napus e altre brassicacee
Il flusso dei geni all’intero del colza è sempre stata un punto d’attenzione per i produttori di sementi di colza. Le distanze raccomandate variano dai 1000 m tra i vari materiali genetici del costitutore, ai 400 per le sementi di base, ai 200 per le sementi di varietà commerciali. Tuttavia vi è il problema della deiscenza delle silique a maturazione che dopo raccolta possono essere causa della permanenza da 1000 a 6000 semi mq sul suolo e che infossati con l’aratura possono restare dormienti anche per 5/10 anni. Dunque un colza OGM può creare un flusso di transgeni attraverso il seme. Ma vi è anche il polline. In condizioni naturali è stato dimostrato che una pianta di colza tradizionale situata a 0, 30 o 90 metri da una pianta di colza transgenica produce rispettivamente il 30%, 1% e 0,1% di sementi transgeniche. Dunque confinamenti tra i due tipi di coltivazione ed i distanziamenti sono capaci di risolvere il problema. Tuttavia si sta lavorando su del colza cleistogamo in modo da impedire la fecondazione incrociata. Nelle piante cleistogame la fecondazione è naturale, ma avviene prima che il fiore si apra o addirittura prima dell’emergere degli organi di riproduzione.
Il flusso di geni tra il colza e le altre brassicacee. Il colza può fecondare le due specie di B. rapa: B. rapa sspp sylvestris (cima di rapa) oppure la B. rapa sspp rapa (rapa), ma data la diversità delle zone di coltivazione e la scarsa rappresentatività delle due specie suddette in piena coltura, l’attenzione e gli accordi risolvono il problema. Inoltre la rapa è biennale e si raccoglie la radice al primo anno. Con il cavolo si può fare lo stesso ragionamento, nella coltura di pieno campo si raccoglie il grumolo e non la si manda a seme. Le probabilità di fecondazione con le brassicacee selvatiche è molto debole con la ravanella (Raphanus raphanistrum), vale a dire 1 ibrido su 33.000 e 10 milioni di semi prodotti dalla ravanella che si trovasse in un campo di colza. Ancora più deboli sono le probabilità d’incrocio con la rucola bastarda (Hirschfeldia incana) ed addirittura insignificante con la senape campestre (Synapsis arvensis).
I più probabili ibridi tra colza e ravanella sono stati studiati nella loro formazione. Durante la meiosi sembra che i due tipi di cromosomi siano capaci di ricombinarsi, tuttavia non è mai stata osservata un’introduzione stabile del transgene nel genoma della ravanella. Gli studi proseguono per comprendere meglio imeccanismi.
Le conclusioni tratte dagli studi sono le seguenti:
- La resistenza ad un erbicida nel colza non apporta vantaggi selettivi particolari al di fuori del trattamento diserbante
- La coltivazione di varietà di colza transgenica non genera dei rischi importanti relativamente alla propagazione del transgene negli ecosistemi naturali
- I rischi agronomici nel caso che una specie avventizia di brassica inglobi il transgene non sembrano irresolubili
- I ricacci di colza tolleranti un erbicida pongono invece problemi diretti e indiretti
L’EFSA, nel 2004 nel dare parere favorevole al primo colza transgenico resistente ad un erbicida ha dichiarato che:
- ”La colza Gt73 tollerante all’erbicida è sicura quanto il colza convenzionale”
- ”non e’ suscettibile di provocare degli effetti indesiderati sulla salute umana o animale o, nel contesto del suo utilizzo previsto, sull’ambiente”
com’è che Claudio non commenta? 🙂
Ma si dice LA colza o IL colza? è più corretto il secondo?
Si può dire in entrambi i modi. Io ho sempre detto “la” colza, ma nelle pubblicazioni del settore ho spesso visto usare il maschile. http://it.wikipedia.org/wiki/Brassica_napus#cite_ref-0
Grazie per la risposta 🙂
Avete utilizzato una mia foto, magari potevate scrivere il nome… lo sapete che ho il copyright?