Il referendum che non c’era
Nella bolgia seguita alla notizia della decisione della Corte di cassazione di mantenere in piedi il quesito referendario sul nucleare può valere la pena, per chi non fosse ancora completamente sbronzo, dare un’occhiata all’intervento di Serena Sileoni su Chicago Blog.
Perché il problema non è solo la stranezza di una decisione che trasferisce il quesito referendario dalla disposizione abrogata a quella abrogante nonostante che
l’art. 5 che ha abrogato l’oggetto del referendum non lo ha sostituito con una disciplina che, nella sostanza, ne riproduce contenuto e finalità.
La cosa curiosa è piuttosto che il referendum andrà ad abrogare anche il comma 8 dell’art. 5 del decreto, il quale
prevede, in sostanza, che il Consiglio dei ministri dovrà adottare la Strategia energetica nazionale, la quale non ha evidentemente per oggetto l’energia nucleare, quanto piuttosto la programmazione dell’approvvigionamento energetico globale di cui abbisogna. Si tratta, dunque, del piano con cui il governo individua le fonti energetiche, ne ripartisce il carico in base alle potenzialità e alle necessità, programma lo sviluppo delle infrastrutture e gli investimenti, bilancia le esigenze energetiche con la sostenibilità ambientale. Qualcosa di molto diverso e molto più ampio di un piano energetico nucleare, qualcosa che riguarda tutte le fonti di energia, comprese le rinnovabili.
Dunque, che la Cassazione abbia trasferito il quesito al comma 8 implica due conseguenze. La prima, che l’oggetto del referendum è cambiato: dalla questione nucleare alla questione energetica, con buona pace di tutte le regole procedurali relative, per esempio, alla propaganda referendaria e, più drammaticamente, alla consapevolezza degli elettori di cosa stiano votando. La seconda, che se vinceranno i sì il Governo non sarà autorizzato ad adottare la Strategia energetica nazionale. Con questi effetti, tra i tanti: che il governo non potrà varare il piano per la diversificazione delle fonti di energia, comprese quelle “pulite”, e non potrà nemmeno escludere il nucleare, dal momento che la Strategia sarebbe stata proprio la sede per farlo. Due effetti, questi, che tanto stanno a cuore agli antinuclearisti. Avranno questi il tempo e il modo di rendersi conto del nuovo, reale oggetto del voto (dal nucleare alla pianificazione) imposto dalla Corte a dieci giorni dalla chiamata alle urne?
Dubito che avranno non tanto il tempo, ma addirittura la voglia di rendersene conto, in un momento in cui da una parte si prepara l’invasione di campo e dall’altra si abbandonano gli spalti ben prima del fischio finale. La politica è sempre e solo roba da ultras in questo paese, e chi si sforza di concentrarsi sul merito delle cose è solo un miope tecnicista perditempo. Ora è solo il momento di festeggiare, o di leccarsi le ferite. Per risvegliarsi in un paese peggiore, ancora più paralizzato di prima e comunque berlusconiano anche senza Berlusconi, c’è sempre tempo.
La spiegaziona abbastanza logica che ho sentito è che, anche se presentato come un referendum contro il nucleare, sostanzialmente era una abrogazione di alcuni articoli di legge che prevedevano appunto una “strategia energetica nazionale”, la semplice moratoria della stessa , senza nessuna abrogazione, era già in base a sentenze della corte di cassazione considerata insufficente per cancellare un referendum.
insomma a parte qualsiasi considerazione di buonsenso si tratta probabilmente della solita sciatteria del legislatore incompetente, che nel campo del centrodestra mi sembra abbstanza comune.
La realtà è quella che presentava Montanelli, di una clsse politica di persone sufficentemente competenti e capaci, ma con pessime idee a sinistra, e di pessime persone con buone idee a destra.
Che ci si può fare?
Se ho capito bene, votando si, si toglie al governo la possibilità di decidere il futuro energetico dell’ Italia. E chi lo stabilirà? Ma forse non ho colto…