OGM e contaminazione. 3 – La soia
Ormai le notizie secondo le quali un tratto OGM immesso in una specie coltivata va ad “inquinare” una coltivazione della stessa specie, ma di altro tipo, oppure delle specie selvatiche apparentate e fecondabili, vengono rilanciate dai massmedia e riprese dagli anti OGM (leggasi Petrini, Capanna e ministri vari) per allarmare un’opinione pubblica totalmente digiuna di meccanismi genetici ed anche di principi botanici di base. Tanto se la notizia fa colpo (uomo che morsica il cane) è più letta e colpisce meglio l’immaginario del pubblico. L’ignoranza di cose scientifiche ed in particolar modo vegetali è tale che se dico che una capra ha fecondato un elefante nessuno mi crede, ma se invece dico che una fragola è stata fecondata da un pesce si trova sempre qualcuno che ci crede.
Vediamo allora di fare chiarezza relativamente alle piante Geneticamente Modificate che si coltivano nel mondo. Abbiamo parlato del Colza e della barbabietola da zucchero, oggi prendiamo in esame la soia. L’ultima puntata sarà dedicata al Mais.
Sulla soja diamo prima un po’ di storia in quanto funzionale a quanto si vuole riferire. Essa è originaria della Cina (Manciuria) e si è presto diffusa in tutta l’Asia ed i suoi semi sono entrati a far parte del regime alimentare di questi popoli. Il contatto con gli europei l’ha fatta conoscere e lo studio è iniziato verso il XVIII sec. Via Inghilterra è passata negli USA (Illinois), dove, a partire dal 1850, ne fu fatto un uso foraggero e pascolativo. Verso la fine dell’’800 gli studi ne misero in evidenza la fissazione simbiotica dell’azoto e soprattutto la sensibilità al fotoperiodismo. Il lavoro di reperimento di materiale nelle zone d’origine e la selezione migliorarono la specie. Negli USA intanto il cotone viveva un periodo di crisi per dei parassiti lepidotteri e quindi molte terre furono dirottate a soia per produrne il seme. E’ il momento della nascita della lobby americana della soia che ha in certo senso monopolizzato i panelli di soia per l’alimentazione del bestiame dell’altro mezzo mondo.
La soja è una specie annuale autogama (si autofeconda) ed in più i fiori sono cleistogami (la fecondazione avviene prima che gli organi sessuali siano ben formati). In un campo di soja al massimo si può riscontrare un 1% di fecondazione incrociata. Il seme è poco conservabile e difficilmente si conserva nel terreno da una stagione all’altra. Essa può essere fecondata solo da se stessa.
Della soja esistono tre transgeni coltivati: – uno contiene il gene di resistenza al glufosinate d’ammonio, un secondo ha la resistenza al glyfosate, mentre il terzo permette di produrre un olio ad elevato tenore in acido oleico
La soia OGM dunque soddisfa pressoché completamente il rispetto dell’ambiente circostante, non avendo specie selvatiche con cui impollinarsi e per di più non potendolo fare per meccanismi anatomo-fisiologici.
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