Un nuovo Climategate: la credibilità dell’IPCC è definitivamente a pezzi
Libertiamo – 20/06/2011
Quando, nel novembre del 2009, alcuni hackers riuscirono a inserirsi nei database della Climatic Research Unit dell’Università dell’East Anglia, rendendo noti alcuni scambi di emails che evidenziavano comportamenti scorretti e vere e proprie manipolazioni dei dati scientifici volti ad attribuire un peso maggiore alle attività umane nei cambiamenti climatici, la credibilità dell’IPCC, il panel delle Nazioni Unite incaricato di studiare il riscaldamento globale, ne uscì letteralmente con le ossa rotte, proprio alla vigilia della conferenza sul clima di Copenhagen.
Oggi, nonostante il tempo abbia smorzato le polemiche, le inchieste siano sostanzialmente finite a tarallucci e vino e Rajendra Pachauri, il controverso direttore del panel, sia riuscito incredibilmente a conservare il posto, l’IPCC ci ricasca in pieno, facendosi redigere il nuovo rapporto sulle energie rinnovabili nientemeno che da Greenpeace. Pare incredibile, ma sembra proprio essere vero, e la storia, della quale in Italia non si sta parlando molto, è invece riportata con una certa evidenza dalla stampa straniera.
In poche parole, pochi giorni fa l’IPCC ha emesso un comunicato in cui anticipava i contenuti del rapporto con queste parole:
Quasi l’80 per cento dell’approvvigionamento energetico mondiale potrà essere coperto da fonti rinnovabili entro la metà del secolo, se sarà sostenuto dalle politiche pubbliche indicate nel nuovo rapporto.
Una cifra sbalorditiva anche per i non addetti ai lavori, soprattutto se si considera che tra gli ostacoli alla realizzazione di un piano del genere non vengono indicati problemi di natura scientifica o tecnologica, ma esclusivamente di natura politica: in parole povere, soldi e buona volontà. Qualcuno ha voluto vederci più chiaro, e ha scoperto che l’IPCC aveva prodotto ben 164 scenari possibili, e che ha poi scelto quello più estremo, che indicava come obbiettivo realistico il 77 percento del fabbisogno energetico mondiale prodotto da rinnovabili, invece di uno intermedio che rappresentasse meglio la produzione scientifica del panel.
E che questo scenario era stato copiato di sana pianta, quasi un karaoke, da una pubblicazione congiunta di Greenpeace e dell’European Renewable Energy Council, un ente che sulla propria homepage
si autodefinisce “la voce dell’industria europea delle energie rinnovabili”. Chapeau!
E che tra gli autori di quella pubblicazione, che risale all’ottobre del 2008, c’è anche il lead author, membro di Greenpeace e dell’IPCC, che ha prodotto lo “scenario” scelto dal panel per il suo nuovo rapporto sulle rinnovabili. E che quella pubblicazione era stata a suo tempo accompagnata da un’introduzione firmata da una personalità piuttosto autorevole:
Questa edizione di Energy [R]evolution Scenarios fornisce una dettagliata analisi del potenziale di efficienza energetica e delle scelte nel settore dei trasporti. Il materiale presentato in questa pubblicazione fornisce una base utile per l’esame di specifiche politiche e gli sviluppi che potrebbero essere di valore non solo per l’intero pianeta, ma per i diversi paesi coinvolti nel tentativo di rispondere alla sfida globale. Il lavoro svolto nelle pagine seguenti è completo e rigoroso, e anche chi non concorda con l’analisi presentata potrebbe, forse, beneficiare di uno studio approfondito delle ipotesi collegate con scenari energetici specifici per il futuro.
Dr. R. K. Pachauri
DIRECTOR-GENERAL, THE ENERGY AND RESOURCES INSTITUTE (TERI) AND CHAIRMAN, INTERGOVERNMENTAL PANEL ON CLIMATE CHANGE (IPCC)
Può bastare?
E’ consolante per noi italiani quello che riporti. almeno ameno vediamo che il fenomeno della commistione d’interessi non è solo tipica dell’Italia….
Può bastare? Mah, in realtà mica tanto. Le critiche sono legittime nei confronti del comunicato stampa, che ha effettivamente pescato dal mucchio lo studio con la percentuale più alta di rinnovabili. Ma il rapporto in sé non ha trattamenti di favore, e leggendolo si capisce che non è stato scritto su dettatura di Greenpeace. Una analisi più oggettiva del fatto si può trovare qui: IPCC SRREN report reveals legitimate issues with the organisation’s communications.