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La tassa sul precariato

25 giugno 2011

Da un articolo di Dario di Vico sul Corriere di ieri:

E’ un’indiscrezione ma trova buone conferme a Roma. Per comporre la manovra degli ormai famosi 40 miliardi di tagli il governo avrebbe intenzione di aumentare l’aliquota dei contributi previdenziali a carico dei cosiddetti parasubordinati, ovvero collaboratori a progetto e partite Iva. Il contributo versato alla Gestione Separata dell’Inps per la pensione è già oggi del 26% e dovrebbe salire fino addirittura a quota 33.

E’ drammaticamente chiara l’ispirazione bipartisan dell’iniziativa, dato che la parificazione tra il trattamento previdenziale delle collaborazioni autonome con quelle dei lavoratori subordinati, come fa notare Pietro Ichino sul suo blog,  è al centro del “manifesto” per il lavoro del PD approvata pochi giorni fa a Genova all’assemblea nazionale e che una misura del genere era stata adottata anche da Prodi ai tempi del primo tesoretto e del protocollo sul welfare.

A rendere ancora più iniquo l’aumento dei contributi per le partite Iva c’è la circostanza per la quale la Gestione Separata, oggi in attivo per 8 miliardi di euro l’anno, presta i suoi fondi ad altre gestioni Inps con la contabilità in perdita (commercianti, artigiani, dirigenti) ma non è dato sapere come e quando questo prestito verrà restituito. Siamo alla beffa. Ma al di là dei passaggi intermedi ciò che preoccupa le associazioni delle partite Iva (come Acta) è l’ammontare finale delle pensioni che si stanno accumulando con questo metodo. Le proiezioni più o meno pessimistiche parlano di 500-600 euro mensili a fine carriera a causa dei rendimenti assicurati dall’Inps giudicati inadeguati.

Ovvero un meccanismo che trasforma, come era stato efficacemente dimostrato da Michele Liati su noiseFromAmerika, un contributo previdenziale in una vera e propria tassa, il cui corrispettivo non verrà mai restituito al diretto interessato. Una tassa sul precariato, insomma:

quando c’è bisogno di far cassa il provvedimento più semplice da prendere è tosare gli “invisibili”, i soggetti a rappresentanza debole

 

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