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Fuori il Bio dall’Italia! – Un chiarimento

28 giugno 2011

Chicago Blog – 28/06/2011

Alcuni giorni fa ho pubblicato un post, qui e su Chicago Blog, volutamente provocatorio, dal titolo “Fuori il Bio dall’Italia! Fuori l’Italia dal Bio!”. Come era prevedibile, la cosa ha suscitato diverse reazioni. Torno quindi sull’argomento, per tentare di dare una risposta cumulativa ai numerosi commenti e cercare di chiarire meglio il mio pensiero.

L’articolo si chiudeva con un invito a riflettere. Ebbene, dal tenore dei commenti, mi sembra che questo invito non sia stato colto. Infatti molti si sono schierati aprioristicamente a favore dell’agricoltura biologica, altri hanno fatto l’esatto contrario, riducendo la discussione in una specie di scontro tra tifoserie. Insomma, che si sia pro o contro, sembra che la maggior parte dei lettori, almeno di queli che hanno voluto far sentire la loro voce, ritengano legittimo che lo Stato intervenga per dire ciò che è giusto coltivare e come.

Ed è proprio ciò che succede: infatti nel nostro paese è vietato, di fatto se non di diritto, coltivare varietà geneticamente modificate, e anche la legislazione europea è piuttosto restrittiva in merito rispetto a quanto avviene in molti paesi del mondo. Su che basi? Nessuna, al momento, almeno per ciò che realmente conta, ovvero la tutela della salute o dell’ambiente, che non sono messi in pericolo da nessuna delle varietà OGM sul mercato. Piuttosto alcuni stati preferiscono utilizzare i pregiudizi e la scarsa informazione in materia per mettere in atto una nuova forma di protezionismo commerciale, fondato sull’idea (di dubbia efficacia) che se chiudiamo le porte agli OGM e lasciamo credere ai consumatori che facciano male, i consumatori stessi non potranno che orientarsi verso l’acquisto di prodotti nostrani.

Eppure, ed era questo il senso della mia provocazione, se proprio dobbiamo andare a cercare rischi per la salute o per l’ambiente, è più facile trovarne nel metodo biologico, e non occorre riflettere molto per capirne la ragione: è una tecnologia obsoleta, ma pur sempre una tecnlogia, e come tutte le tecnologie obsolete è meno produttiva (quindi comporta la necessità di ricorrere a più terra coltivabile per produrre la stessa quantità di cibo) e meno sicura. D’altronde in un epoca in cui si produceva gioco forza in regime di biologico c’era molta più attenzione a ciò che si mangiava e al modo in cui veniva prodotto, e questa attenzione derivava proprio da una maggiore consapevolezza dei rischi che potevano derivare da metodi scorretti di produzione, stoccaggio, conservazione e trasporto. E al tempo stesso il cibo era, molto più di quanto non sia oggi, veicolo di infezioni e malattie.

Sono queste buone ragioni per proibire l’agricoltura biologica? Ovviamente no. Sarebbe però una buona ragione per evitare di sovvenzionarla e di proteggerla rispetto alla concorrenza dell’agricoltura convenzionale (e per agricoltura convenzionale intendo anche l’uso di OGM) e per lasciare che ogni produttore trovi da sé la maniera ideale e più redditizia per stare sul mercato.

E sarebbe anche una buona ragione per abbandonare un approccio fideistico ai problemi legati all’alimentazione accettando l’idea che ci può essere del buono in ogni metodo: per esempio la diffusione dell’agricoltura biologica ha riportato in evidenza l’importanza delle fertilizzazioni organiche del terreno, molti produttori di fertilizzanti si sono orientati verso quel settore e di questo hanno beneficiato anche gli agricoltori convenzionali – e lo stesso si può dire delle rotazioni colturali. E’ sbagliato però cercare di sostituire una sana e razionale consapevolezza con le certificazioni di qualità, e con l’idea che per stare sicuri basti dividere il mondo in compartimenti stagni.

L’agricoltura è uno straordinario insieme di tali e tante diverse competenze, che si esplicitano in una talmente vasta diversità di realtà aziendali, ognuna con le sue specifiche caratteristiche di clima, composizione del terreno, vocazione colturale, tradizioni territoriali, indirizzi di mercato, che è assolutamente impossibile ridurre tutto a una sterile contrapposizione ideologica tra buono e no buono, così come ogni intervento pianificatorio si rivelerà, e si è sempre rivelato, mortificante per la libertà di ogni agricoltore e controproducente per l’efficienza e la competitività dell’intero settore.

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4 commenti leave one →
  1. Alberto Guidorzi permalink
    28 giugno 2011 12:04

    Esiste un’alternativa alla disinfezione con prodotti clorati da farsi sulle vedure e la frutta, ed essa è perfettamente efficace per eliminare batteri molto patogeni e già utilizzata in certe branche dell’industria alimentare americana: l’irradiazione

    Una tecnologia che i produttori di verdure bio rifiutano ( seminano il grano Creso, frutto di irradiazione,ma la stessa tecnica non la si vuole usare per salvare delle vite umane!

    Ha detto bene il Dr Jack Breuil del centro ospedaliero di Villeneuve saint-George in un articolo del 9/9/2007 nel giornale internazionale di Medicina, se l’irradiazione permette di eliminare totalmente il rischio dovuto agli enterobatteri, ” i consumatori innamorati dela coltivazione puramente biologica, per quanto li riguarda o transigeranno con le loro convinzioni o un giorno o l’altro essi si ammaleranno”

    SI RIFLETTA: PER UNA CONVINZIONE FIDEISTICA IL MOVIMENTO ECOLOGICO HA SULLA COSCIENZA TUTTI I MORTI DI PRIMA E I 4O MORTI DI ADESSO.

  2. 28 giugno 2011 14:33

    Sono contento che hai ricordato le opportunità offerte dall’irradiazione, Alberto, dato che proprio oggi è uscito su DisarmingTheGreens.it, il blog promosso da Libertiamo per un ambientalismo pragmatico, un articolo di David Tribe in cui si accenna proprio a questo:

    http://disarmingthegreens.it/2011/06/28/prima-hanno-bandito-lirradiazione-del-cibo-poi-gli-ogm-ora-cominciano-con-le-nanotecnolgie-tutte-tecnologie-salvavita/

  3. Alberto Guidorzi permalink
    28 giugno 2011 16:08

    Tanto per volgarizzare e soprattutto far montare la mosca al naso ai “biologici”, ecco cos’ho riportato in un articolo l’anno scorso.

    L’influeza delle nanotecnologie

    La scienza nanotecnologica è l’altra branca su cui si prospettano le innovazioni che più modificheranno il nostro vivere, qui si tratta di manipolare gli atomi o le molecole per fabbricare nuovi materiali, nuovi apparecchi e nuovi processi. In altri termini è un agire a livello dei “mattoni” microscopici della materia per poterla riorganizzare a livello macroscopico. Anche qui la coniazione di un acronimo simile agli OGM racchiude tutta la paura del nuovo: gli AAM (Alimenti Atomicamente Modificati) riaprirà un dibattito simile a quello verificatosi in seguito alla modifica del genoma di cui si è parlato prima. Tutti i campi della catena alimentare saranno interessati: dalla costituzione di nuove sementi, ai processi di fabbricazione degli alimenti, degli imballaggi, del valore salutistico, della qualità igienica, della struttura dei prodotti, dei gusti e degli aromi. Si tratta di estendere fenomeni naturali già in alcuni casi sfruttati senza sapere che si è modificata la struttura a livello nanometrico delle sostanze. Innanzi tutto occorre spiegare che gli alimenti sono composti da nanoparticelle: le proteine globulari del latte hanno dimensioni tra i 10 ed i 100 nanometri, mentre le catene glucidiche (zuccheri) e lipidiche (grassi) hanno uno spessore di massimo 1 nanometro, ossia un miliardesimo di metro (si consideri che lo spessore di un capello misura circa 100.000 nanometri). Un esempio chiarirà meglio: quando in cucina, mescolando del burro, della farina e del latte si vuol fare una besciamella, con il mescolamento degli ingredienti si ottiene come risultato una struttura amorfa che è capace di fissare grandi quantità di acqua e d’ispessire il composto, ma in effetti la cuoca ha messo in atto una nanotecnologia (i tecnologi dicono che si è operata la modifica della struttura lamellare e cristallina dell’amido della farina). Quando però l’industria si approprierà delle potenzialità delle nanotecnologie e le metterà in pratica allora saremo dotati di materie grasse che grazie ad una struttura diversa non saranno più attaccate dagli enzimi naturalmente presenti negli alimenti, quindi non irrancidiranno più e manterranno la loro freschezza iniziale per lungo tempo, avremo a disposizione aromi che non saranno demoliti dalla cottura e quindi disporremo di alimenti con gusti nuovi, tutti gli alimenti saranno avvolti da speciali imballaggi contenenti molecole antimicrobiche o capaci di prolungare la data limite d’utilizzazione ottimale, oppure di evidenziare la proliferazione di agenti patogeni e muffe durante la conservazione (oltre un certo limite d’infezione il codice a barre diverrà non più leggibile e quindi nessuna truffa legata alla vendita di prodotti scaduti o igienicamente imperfetti sarà possibile). Dei cosiddetti “nasi elettronici” permetteranno di giudicare la sanità degli alimenti e il grado ottimale di maturazione dei frutti, si tratterà di “nanobiocatturatori” delle molecole prodotte nell’alterazione o nella sovrammaturazione della frutta. Delle etichette poste su ogni alimento ci diranno, col loro cambiamento di colore, che questo si è mantenuto allo stato ottimale di sanità e se poi si tratterà di un frutto (melone, kiwi, avocado, anguria) si stabilirà se ha raggiunto la maturazione ottimale.
    Alcuni futurologi vanno oltre e predicono che con le nanotecnologie si potranno creare grassi, proteine, zuccheri, partendo da ossigeno, idrogeno e carbonio e azoto, in altre parole si riuscirà a dar da mangiare al mondo intero senza più aver bisogno di agricoltura e allevamenti. Questi però compiono lo stesso azzardo di Marcelin Berthelot, un eclettico scienziato francese che nel 1894 predisse che dopo un secolo non ci sarebbe stata più agricoltura e tanto meno padroni e contadini. Non è un azzardo invece prevedere che le nanotecnologie potranno rivoluzionare i pannelli solari e renderli molto più performanti ed utilizzabili su larga scala.

  4. 29 giugno 2011 19:19

    Il Creso è stato ottenuto a Foggia una cinquantina di anni fa, se non vado errato ed è quindi, ampiamente sperimentato ed ha risolto molti problemi. Non è, comunque oggetto di innesti di geni di specie animali ed è liberamente riseminabile.
    Per quanto riguarda ciò che viene asserito nel post: “per esempio la diffusione dell’agricoltura biologica ha riportato in evidenza l’importanza delle fertilizzazioni organiche del terreno, molti produttori di fertilizzanti si sono orientati verso quel settore e di questo hanno beneficiato anche gli agricoltori convenzionali – e lo stesso si può dire delle rotazioni colturali.” Veramente è il contrario: è stata l’agricoltura spinta a trarre beneficio dagli organici, la tradizionale lo ha sempre fatto unita alla pratica della rotazione e del sovescio. Queste sono, infatti, le pratiche tradizionali e basilari di una agricoltura che non si basa sul principio di utilizzare il terreno come mero supporto ed alimentare le piante con il chimico sia di copertura che di mantenimento.
    Per quanto riguarda la modifica strutturale, le nanoparticelle, bisogna vedere se l’impossibilità delle fermentazioni enzimatiche rendano il cibo digeribile dall’organismo visto che gli enzimi non potranno attaccarli. Per esempio, gli omogeinizzati per bimbi si sono dimostrati una vera catastrofe visto che essendo predigeriti non stilolavano i succhi gastrici nello stomaco. Le etichette e confezioni intelligenti sono allo studio e ben conosciute da chi come chi scrive, ad esempio, lavora nel settore. Speriamo mantengano ciò che promettono ma esse riguardano solo la commercializzazione e non la produzione.
    Ma qui, tutto ciò premesso, non si è contro gli OGM.
    Qui si vuole solo essere contro il gravissimo (e sottovalutatro) pericolo rappresentato da genetisti e biologi sempre più tentati dalla veste di imprenditori. Ciò causa la messa in commercio di prodotti non sufficientemente sperimentati nel tempo e l’eventuale danno a colture autoctone.
    Potrebbe valere il principio di produrre meno ma di qualità, senza mangiare, ad esempio, pomodori con vago retrogusto di pesce, ad esempio.
    Poi c’è la grossa questione sociale sollevata dgli OGM, dei Paesi sottosviluppati, ma questo è un discorso diverso anche se importantissimo….

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