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La questione della liberalizzazione dei diritti di reimpianto – Prima parte

18 luglio 2011

In questi giorni si e’ un po’ ripreso a parlare della liberalizzazione dei diritti di reimpianto dei vigneti. Partiamo dall’inizio per fare un po’ di chiarezza e metter giu’ due fatti.

La Politica Agricola Comune (PAC) e’ un insieme di norme che, a livello comunitario, mirano a regolare l’agricoltura in Europa.

[…mira a sostenere il reddito degli agricoltori, ma al tempo stesso li incoraggia a dedicarsi alle produzioni di alta qualità richieste dal mercato e a cercare nuove opportunità di sviluppo…]

Il costo della PAC a livello UE e’ di € 55 Miliardi, pari al 40% dell’intero budget comunitario (0,5% del PIL della UE).

Uno degli strumenti di applicazione di queste norme si chiama Organizzazione Comune di Mercato, o OCM. Benche’ ancora si parli di OCM vino, OCM grano, ecc, dal 2008 esiste solo una singola OCM, comune per tutti i settori. Si tratta anche in questo caso di un serie di norme che troveranno la loro applicazione all’interno degli Stati nazionali, in un periodo di tempo definito. Le OCM vengono periodicamente rinegoziate e ridefinite e a volte anche radicalmente cambiate periodicamente, per verificare i risultati ottenuti e aggiustare le norme in funzione dell’evoluzione dei mercati mondiali e delle situazioni contingenti.

Nel 1978, a seguito di squilibri produttivi che videro crescere le eccedenze di vino, furono introdotti i diritti di reimpianto di vigneto, allo scopo di riequilibrare la bilancia tra domanda e offerta (che per inciso era stata ulteriormente squilibrata da un precedente tentativo, sempre a livello di PAC, di intervenire sui mercati, che fini per aggravare il problema). Allo stesso tempo furono introdotte una sertie di misure per la distillazione di crisi, ovvero la trasformazione in alcol alimentare delle eccedenze, a spese del contribuente europeo.

I diritti di reimpianto di vigneto sono delle vere e proprie licenze, al pari delle famigerate quote latte. All’interno della UE il potenziale produttivo non puo’ essere aumentato (tranne ricorrenti eccezioni), per cui ogni vigneto ha un diritto associato per il numero di ettari di cui consiste. I diritti di reimpianto possono essere oggetto di compravendita, all’interno dei confini nazionali, anche se successivamente le regioni, con delle norme apposite, hanno ridotto la compravendita all’interno dei loro confini.

Per fare un esempio, se io possiedo un ettaro di vigneto e decido di spiantarlo, mi viene consegnato un documento attestante il mio diritto di reimpianto di 1 ha (vale per 8 anni e poi se non si usa decade). Io lo posso usare per ripiantare un altro ettaro, magari per rinnovarlo, oppure posso decidere di venderlo per un prezzo che e’ soggetto alla legge della domanda e dell’offerta. Tipicamente intorno ai € 10.000 ad ettaro, con fluttuazioni piu’ o meno grandi a seconda dei periodi. Se uno vuole piantare un vigneto e ne e’ sprovvisto, lo deve acquisire.

Esperienza personale: quando mi sono trovato, verso la fine degli anni ’90, a creare la mia azienda, mi sono dovuto trovare dei diritti di reimpianto. Di solito il meccanismo funzionava cosi: ci si rivolgeva ad un mediatore immobiliare, il quale aveva dei contatti con altri mediatori provenienti da zone vinicole dove il potenziale vinicolo e’ alto ( e i controlli spesso un po’ meno). In particolare, i grandi serbatoi di diritti di reimpianto erano la Sicilia (150.000 ha di vigneti, circa come tutta l’Australia) e la Puglia (circa 100.000 ha). Questo mediatore veniva periodicamente nelle regioni vinicole che avevano bisogno di acquistare diritti, e ne “promettevano” la vendita, spesso con previo versamento di un acconto, che veniva dato senza aver nulla di scritto in mano, sulla parola o con dei contratti che comunque poco valore avevano (perche’ fino alla fine della pratica, quando comunque si deve aver versato tutto, non c’e’ modo di sapere se si sta comperando aria o meno). Per acquistare ad es. 10 ha, si doveva mettere in preventivo € 100.000 di spesa,  e dare un acconto di almeno € 30.000. Ho visto con i miei occhi dei portafogli strabordanti con dentro assegni per alcune centinaia di migliaia di euro. La domanda di acquisto veniva fatta all’ufficio agricoltura della provincia richiedente (es. Grosseto), che richiedeva la “sussistenza”, ovvero la reale esistenza, all’Ispettorato provinciale della regione di provenienza (es. Trapani). Tutta la pratica durava mesi, con faldoni contenti centinaia di pagine di burocrazia allo stato puro per ogni tranche di diritti, fossero anche solo mezz’ettaro (e non era infrequente che si dovessero acquistare molte tranche per fare ad es. 10 ha). Prima del rilascio dela documentazione occorreva saldare il tutto al mediatore. A me alla fine e’ andata bene, nonostante che ci siano stati momenti tesi, perche’ i documenti non erano completi, c’erano problemi familiari con i venditori, ecc. Ma a molti altri, anche alcuni che avevano acquistato dagli stessi mediatori dai quali avevo acquistato io, furono meno fortunati. Alcuni diritti erano falsi, altri erano stati venduti a piu’ persone contemporaneamente, altri non erano mai esistiti. Un sacco di gente e’ stata denunciata – mediatori, venditori, funzionari pubblici-  alcuni sono stati condannati, tanta gente ha perso parecchi soldi. Tanti di quei soldi sono finiti in tasca non ai possessori di diritti, ma a personaggi quanto mai poco raccomandabili.

In tutti questi anni si sono poi susseguite, sempre finanziate dalla PAC (e quindi dalle nostre/vostre tasche), una serie di interventi sul potenziale produttivo: premi di estirpazione vigneti, premi di impianto vigneti (?!), vendemmia verde, ecc. Spesso a poca distanza temporale le une dalle altre, furono messe in vigore norme che prima aumentavano e poi dimunivano il potenziale produttivo. Nel 2002, uno studio indipendente commissionato dalla UE rivelo’ come queste norme, e tutti i soldi pubblici utilizzati, non avessero in realta’ portato ai risultati voluti (ne parlavo nel mio blog di allora gia’ nel 2006, a proposito, curiosamente, di una relazione del Governatore Draghi). Ne riporto un breve estratto:

[…LA RIGIDITÀ DELLE REGOLE CONNESSE AI DIRITTI DI IMPIANTO HA COSTITUITO UN OSTACOLO PER LA COMPETITIVITÀ DELL’INDUSTRIA VITIVINICOLA EUROPEA, MENTRE L’IMPATTO DEL PREMIO PER L’ABBANDONO DEFINITIVO, PUR EFFICACE, È CONTRADDITTORIO…
… E L’ANALISI HA DIMOSTRATO CHE LA DISTILLAZIONE INCORAGGIA INDIRETTAMENTE IL PERMANERE DELLE ECCEDENZE STRUTTURALI
L’OCM DOVREBBE EVITARE INTERVENTI COSTOSI PER LE ECCEDENZE STRUTTURALI E ISTITUIRE STRUMENTI DI CARATTERE PIÙ LIBERISTICO PER ACCRESCERE LA QUALITÀ DELLA PRODUZIONE VINICOLA…]

La nuova OCM vino, che e’ entrata in vigore il 1 Agosto 2008, ha un impostazione che taglia molto rispetto al passato, ne riporto alcuni passaggi estratti da questo sommario, qui invce trovate il testo integrale del REGOLAMENTO (CE) n. 479/2008 DEL CONSIGLIO del 29 aprile 2008, :

Principali aspetti dell’OCM vitivinicola riformata

[… Diritti di impianto: è prevista la loro progressiva eliminazione entro il 2015, ma potranno essere mantenuti a livello nazionale fino al 2018.

Eliminazione progressiva dei regimi di distillazione: la distillazione di crisi sarà limitata a quattro anni, a discrezione degli Stati membri, fino al termine della campagna 2011/12, con una spesa massima limitata al 20% della dotazione finanziaria nazionale nel primo anno, al 15% nel secondo, al 10% nel terzo e al 5% nel quarto. La distillazione di alcool per usi alimentari sarà progressivamente eliminata nel corso di un periodo transitorio di quattro anni, durante il quale verrà concesso un aiuto accoppiato che sarà poi sostituito dal pagamento unico disaccoppiato per azienda. Gli Stati membri avranno la possibilità di esigere la distillazione dei sottoprodotti, finanziata a partire dalla dotazione nazionale e ad un livello considerevolmente inferiore a quello attuale, che includa i costi di raccolta e trasformazione dei sottoprodotti.

Introduzione del pagamento unico per azienda: questo pagamento disaccoppiato sarà concesso ai produttori di uve da vino a discrezione degli Stati membri e a tutti i produttori che estirpano i loro vigneti.

Estirpazione: è introdotto un regime di estirpazione volontaria su un periodo di tre anni, per una superficie totale di 175 000 ettari e con premi decrescenti. Uno Stato membro può mettere fine all’estirpazione quando la superficie estirpata rischia di superare l’8% della superficie viticola nazionale o il 10% della superficie totale di una determinata regione. La Commissione può mettere fine all’estirpazione quando la superficie estirpata raggiunge il 15% della superficie viticola totale di uno Stato membro. Gli Stati membri possono inoltre vietare l’estirpazione

Aiuto per l’utilizzazione dei mosti: tale aiuto potrà essere versato nella sua forma attuale per quattro anni. Una volta trascorso tale periodo transitorio, la spesa corrispondente verrà convertita in pagamenti disaccoppiati ai produttori di vino….]

Le reazioni, come sempre, non si sono fatte aspettare. Il sunto di quasi tutte e’ che in assenza dei diritti di reimpianto vi sara’ una proliferazione incontrollata dei vigneti.  Secondo alcuniLe nuove regole della nuova OCM vino, per fare qualche esempio, potrebbero portare la superficie coltivata nella Côtes-du-Rhône da 61.000 a 120.000 ettari, quella del Chianti da 17.000 a 35.000 ettari, oppure quella della Rioja da 60 mila a 350 mila ettari“. Le organizzazioni sindacali, e per prima la apolittica Coldiretti, hanno plaudito alla posizione  dei nove Stati che si sono dichiarati contrari. Anche il Governo italiano, con Galan prima e Romano poi hanno dichiarato la contrarieta’, in compagnia dell’opposizione, con Susanna Cenni, gia’ assessore all’agricoltura della Regione Toscana.  Piu’ recentemente anche la FIVI (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti)  ha dichiarato la sua contrarieta’.

Tutti contrari (tranne me)? Sembra che qualche piccola voce si faccia strada anche sui blog, dove Angelo Peretti ha ripreso l’argomento con delle argomentazioni che hanno almeno il pregio di essere indipendenti e ragionevoli.

  • Nel prossimo post, (la questione della liberalizzazione dei diritti di reimpianto, parte II), andiamo a vedere i pro, i contro, la visione del mercato, della societa’, le norme costituzionali, e i destini dell’umanita’. O poco meno.
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