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La tigre di carta di Greenpeace e di FSC

27 luglio 2011

Disarming the greens – 27/07/2011

In questi giorni sul web impazza il triste video di un esemplare di Tigre di Sumatra ucciso da una trappola per animali in Indonesia. Questo video, in base ad una arbitraria e poco credibile catena di sillogismi, viene utilizzato da Greenpeace per convincere le aziende occidentali ad utilizzare, per il packaging dei loro prodotti, fornitori di materiale forestale che non abbiano aderito  allo standard di certificazione PEFC, bensì a quello FSC, del quale, ma questo Greenpeace dimentica sempre di dirlo, la popolare ONG ambientalista è socia: la tigre è stata uccisa in un’area concessa ad Asia Pulp and Paper, Asia Pulp and Paper lavora con il marchio PEFC, ergo chi compra materiale certificato PEFC ammazza le tigri.

E che la trappola fosse per cinghiali non è una scusante, anzi. C’è subito il sillogismo pronto: la tigre non sarebbe mai passata di lì se la presenza di un cantiere forestale non le avesse impedito di passare di là.

Ora, è abbastanza chiaro che solo chi ha il sedere bene al caldo in qualche comodo salotto di qualsiasi metropoli occidentale, e che l’unico rischio che corre durante il proprio orario di lavoro è quello di incontrare il capoufficio nel tragitto tra la scrivania e la macchinetta del caffé può permettersi il lusso di gridare allo scandalo se delle persone che lavorano cercano di tutelare la propria incolumità, e solo chi per nutrirsi non ha dovuto mai affrontare altra difficoltà se non quella di trovare parcheggio al supermarket può mettersi a strillare per la presenza di trappole per cinghiali in una foresta.

Abbiamo già parlato di quali siano le ragioni che inducono Greenpeace a sostenere lo standard FSC, e quali siano gli effetti per le economie dei paesi in via di sviluppo e per i consumatori occidentali. Non varrebbe la pena ritornare sull’argomento, se non fosse uscito pochi giorni fa un rapporto (PDF) del Congress Of Racial Equality (CORE) che dimostra come sia proprio lo standard FSC ad essere il meno sostenibile dal punto di vista ambientale, oltre ad essere un perverso strumento protezionistico usato a danno delle economie emergenti. Secondo l’autore del rapporto

Questa nuova ricerca rivela che prodotti di carta FSC sono molto più dannosi per l’ambiente di quanto FSC vorrebbe farci credere. Con i prodotti contenenti Lauan rosso (Shorea) – una delle specie tropicali più in pericolo del mondo – FSC non è certo un professionista di una responsabile gestione ambientale. Le lobbies ambientaliste, nella promuovendo FSC, hanno venduto alla gente un sacco di carbone. Invitiamo Greenpeace, Ethic Forest e Rainforest Action Network ad indagare su questo, invece di spacciare FSC come come un salvatore delle foreste del mondo.

Gli ambientalisti tentano da tempo di convincere i governi, le aziende e i consumatori che non esistono alternative allo standard FSC. Secondo la loro logica, se non passi ad FSC, potresti essere responsabile dell’uccisone di tigri nel tuo giardino. Ebbene, questa logica è un mito, proprio come il mito che FSC aiuta i poveri del mondo.

La certificazione FSC costituisce uno scenario “lose-lose” per i paesi in via di sviluppo: non riuscendo a far fronte ai costi eccessivi imposti dai criteri restrittivi di certificazione FSC e sono costretti a lasciare il commercio del legname globale ad un sistema che favorisce i ricchi, o a ottenere la certificazione FSC e cadere vittime di un ordine del giorno verde che limita l’indispensabile sviluppo delle risorse naturali. Ora, che razza di scelta è?

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4 commenti leave one →
  1. Giovanni Tribbiani permalink
    27 luglio 2011 14:08

    Beh che dire… solo grazie, per fortuna c’è ancora qualcuno che ha del senso critico e che ha voglia di approfondire gli argomenti senza bere qualsiasi cosa.
    Onestamente non credo che FSC sia così da condannare, offre comunque alcune tutele che altrimenti non ci sarebbero, però è anche vero che non può e non deve essere visto come l’unico strumento e che è esente da pecche. Le critiche servono per migliorare, PEFC lo ha fatto e lo sta facendo… FSC? Forse collaborare piuttosto che solo criticare ed ergersi a unici paladini dell’ambiente (vedi Greenpeace) può essere utile a tutti e soprattutto allo scopo ultimo che è la gestione sostenibile di una risorsa essenziale quali le foreste. Il problema dei costi è vero e reale ed è per questo che PEFC ha dato sempre molta importanza ai piccoli proprietari forestali per i quali ha messo a disposizione lo strumento della certificazione di gruppo che abbatte i costi e consente di certificare anche piccoli appezzamenti che altrimenti sarebbe antieconomico certificare, evitando che siano solo le multinazionali a certificarsi perché hanno grossi appezzamenti e disponibilità economiche. Però il PEFC è il male assoluto… forse perché è un’alternativa?
    Grazie ancora

  2. 12 giugno 2012 11:53

    Gentili lettori, grazie ad un’investigazione da poco sostenuta e che vorrei divulgare il più possibile, sono emerse azioni illegali che coinvolgono FSC e una cartaria internazionale, la “Mondi Pulp and Paper Business”. Sarei grata a chi di voi fosse disposto a rendere i risultati del mio lavoro facilmente accessibili e soprattutto visibili. Grazie. x.

  3. Alberto Guidorzi permalink
    12 giugno 2012 12:28

    X
    io potrei esserti utile. Passa attraverso Giordano Masini per metterti in contatto.

  4. Alberto Guidorzi permalink
    12 giugno 2012 12:31

    Questo è il testo di un articolo che ho pubblicato

    Sentite da che pulpito ci viene la predica

    Il WWF è per molta opinione pubblica la “luce guida” di chi vuol salvare il nostro pianeta a scapito, però, di un buon numero dei suoi abitanti, e da li che discendono le direttive che sempre più spesso fanno presa sulla politica e le dettano le cose da fare. E’ proprio vero che si tratti di un pulpito sopra le parti? Ecco, a quanto sembra, anche qui è applicabile la massima andreottiana: “A pensar male spesso ci si prende….”.

    Sul giornale Le Monde del 4/1/2012 il giornalista Philippe Bernard ha titolato un suo articolo “La grande mal bouffe” che potremmo tradurre liberamente “il cattivo mangiare”. Il giornalista francese descrive la situazione dell’obesità e il sovrappeso negli USA, che stanno diventando una vera e propria piaga sociale, specialmente negli strati meno abbienti della popolazione americana. Il colpevole viene subito individuato nei fast-food che, a dire del giornalista, in USA sono più disseminati e più numerosi dei negozi di alimentari di cibi freschi. Mi si permetta un inciso: una cosa che non ho mai capito però di tutta questa diatriba è il fatto di dire che è colpa del cibo malsano se gli americani ingrassano oltremisura. A mio modesto avviso il cibo di bassa qualità o contiene dei veleni ed allora è nocivo ma non in quanto tale, oppure la qualifica deriva dal fatto che esistono alimenti fatti con materia prima migliore da un punto di vista gustativo. Mi spiego con un esempio, ricordo che negli anni ’50 in casa mia era sconosciuta la bistecca della parte posteriore del bovino, si mangiava lessata dopo aver fatto il brodo solo carne di parte anteriore (punta di petto o doppione). A quei tempi per giunta non era per niente un mangiare malsano, anzi rappresentava un mangiare dei dì di festa. Quindi a mio avviso il cibo, se non è avariato, qualsiasi sia la qualità non è di per sé colpevole. La colpevolezza risiede nella non educazione alimentare, nella mancanza di esercizio fisico e nella società edonistica (una forma di edonismo è per me anche l’ecologia intesa com’è intesa). Il mangiare una fiorentina da 6/7 etti e mangiare 200 g di “doppione” lessato è molto più salutare il secondo che il primo tipo di nutrirsi, anche se il primo sarà più soddisfacente per i nostri sensi.
    Cos’è avvenuto di veramente nuovo in questo mezzo secolo? E’ avvenuta di per se una cosa encomiabile, vale a dire l’industria alimentare ha saputo, partendo da prodotti di minore qualità, creare prodotti molto appetitosi ed a basso prezzo. E’ vero, dieteticamente non sono il non plus ultra da un punto di vista gastronomico, ma se si mangiassero in modica quantità e limitatamente alle esigenze fisiologiche costituirebbe un modo di nutrirsi come un altro. Non si vorrà incolpare l’industria alimentare se è riuscita a produrre dei cibi che al netto dell’inflazione sono offerti a prezzi diminuiti del 30%? Essa ha soddisfatto le esigenze della parte della popolazione a scarso potere d’acquisto quindi anche del cittadino povero, che, a parità di calorie, spende meno. Non sarà colpa dell’industria alimentare se questa parte di popolazione non “mangia con il cervello” e si rimpinza a dismisura e va in sovralimentazione? Forse non è colpa della pubblicità che non si colpevolizza mai? Se un cittadino non capisce come ci si nutrisce correttamente significa anche che è acriticamente recettivo alla pubblicità. D’altra parte il cibo fresco e di alta gamma da cucinare, nel medesimo periodo, è cresciuto del 40%, e per lo stesso motivo al nostro SlowFood dovrei dirigere, paradossalmente, la colpa dell’aumento di peso della popolazione in quanto avendo propagandato solo cibi di alta qualità (ad esclusione del biologico che è solo un cibo come tutti gli altri!) hanno obbligato i meno abbienti a rivolgersi verso i cibi preparati industrialmente perché meno cari e, per scelta commerciale, resi più appetibili e soddisfacenti per i sensi (sapidità, ricchi in grassi, in zuccheri e additivi). Ecco che quindi ancora una volta vediamo dei movimenti d’opinione artefatti inviare i loro strali sui colpevoli sbagliati o comunque colpevoli alla stessa stregua degli altri. Se, però, seguiamo Michelle Obama dovremmo combattere solo contro: “la forza d’urto finanziaria dei mastodontici bilanci di marketing delle lobby delle bevande zuccherate, degli hamburger e dei cereali”.
    Ma è vero che sono proprio queste lobby che non possono scagliare la prima pietra, mentre altri come il WWF, Greenpeace o Slow Food lo possono fare, anzi sono solo loro quelli che lo possono fare perché indossano le vesti candide dell’innocenza? Se, però, andiamo ad analizzare i vari ammanicamenti che sono noti sorgono molti dubbi.
    Prendiamo in considerazione il WWF per primo, in realtà questa associazione ecologista, nota in Europa per il suo impegno in favore dell’agricoltura biologica e promotrice dello slogan: “gustiamo un mondo migliore….” (non sembra di sentire il nostro Carlo Petrini guru di Slow Food che di conseguenza si guarda bene dal censurare i comportamenti del WWF che diremo…?), ha deciso di promuovere a pieni voti la Coca Cola, da sempre nel lessico salutistico corrente sinonimo di cattivo alimentarsi, in quanto ha siglato con questa multinazionale un partenariato al fine di soccorrere gli orsi polari. Dove stanno le cose concrete già prodotte da questo partenariato? Eccole e lasciamo parlare i numeri! La Coca Cola ha già consegnato al WWF 2 milioni di $ ed ha promesso di raddoppiare ogni dono ricavato da ogni consumatore (io lo definirei un “prelievo forzoso”) fino alla concorrenza massima di 1 milione di €.
    Certo, per una multinazionale che vende nel mondo 17.000 bottiglie o lattine per minuto secondo, ossia 1,5 miliardi di confezioni al giorno, sicuramente la sovvenzione promessa sarà mantenuta. Tuttavia non è difficile comprendere allora come le campagne di queste multinazionali dell’ecologia contro l’insalubrità dell’acqua dei nostri rubinetti d’acquedotto ed i silenzi verso le bevande zuccherate del tipo della principessa delle bevande mondiali, come se fossero innocenti circa il concorrere a provocare i problemi d’obesità predetti, abbiano motivazioni che potrebbero essere frutto di accordi. Le commistioni, però, non si limitano a ciò; il vicepresidente del WWF USA è Nevil Isdell che è l’ex Presidente Direttore Generale della Coca Cola Company ed è anche membro del CSIS (Center for Strategic International Studies) assieme, tra gli altri, a R.James Woolsey (giù Direttore della CIA dal 2002 al 2008). Ma di questi intrecci il WWF ne ha altri, In Europa l’attuale presidente del WWF Belgio Ronald Biegs è un ex di Coca Cola anche lui, avendo ricoperto la carica di PDG della società in Belgio fin dal 1978; sotto la sua direzione il Belgio, l’Islanda ed il Lussemburgo sono divenuti i più grandi consumatori procapite di coca-cola per abitante. Pensare che Mc Donald possa eventualmente decidere di seguire la stessa strategia della Coca Cola è maldicenza? WWF rifiuterebbe le “donazioni” dei consumatori dei panini della multinazionale del Fast-Food per salvare ad esempio i rinoceronti dalla strage, in quanto portatori di organi anatomici ritenuti afrodisiaci?
    Un altro esempio lo possiamo trovare in Combat-Monsanto (associazione che passa al setaccio tutto l’operare di Monsanto per farne denunce pubbliche) che è entrata in Alter-EU (alleanza per la trasparenza e la regolazione etica in materia di lobbying) dove già siedono altre associazioni ecologiche molto agguerrite nella lotta agli OGM. Ebbene fin dal novembre 2010 l’ufficio di Bruxelles di Alter-EU riceve 50.000 € dalla Fondazione Isvara (che è prodiga anche con altre associazioni ambientaliste e quindi anti-OGM). La fondazione Isvara è stata creata nel 2007 per contrastare le politiche neoliberiste dell’UE, della Banca Mondiale e dell’OMC, ma essa appartiene all’uomo d’affari libanese Ayman Jallad ed è specializzata nell’import-export di macchine agricole ed esclusivista dei due giganti americani Caterpillar e John Deere. Non ci sembra che queste due ditte siano promotrici della decrescita e della disintensificazione dell’agricoltura, come vorrebbero molti movimenti ecologisti.
    Vogliamo citare un altro esempio significativo: con quali convincimenti ideali Al Gore, un antesignano della salvaguardia del pianeta, ha agito? Egli, avvocato, divenne vicepresidente USA. Quando esce dalla Casa Bianca, diviene amministratore ed azionista di Enron, per poi esserne membro del board (si tratta della società americana di cui ha fatto scandalo il recente fallimento e incarcerazione dei dirigenti). D’ora in poi il “nostro” se ne va a cercare petrolio ovunque come mediatore di Enron, è da qui che nasce un nuovo Al Gore, vale a dire il fondatore dell’ecobusiness, e che nel 2006 fa girare il suo film “Una scomoda verità” divenendo eroe dell’ecologismo e addirittura premio Nobel per la Pace. D’ora in poi diviene consulente dei capi di Stato, viaggia su jet privati e con l’ecobusiness diviene miliardario (si fa pagare 200.000 $ l’ora per tenere conferenze). Il personaggio è appetito, infatti, diviene consigliere anche di Lehman Brothers, sul mercato del carbonio (Carbon Trading, cioè il mercato delle emissioni consentite). Lehman fallisce ed allora Al Gore diviene il parafulmine ecologista delle industrie che si vogliono cautelare e darsi un’immagine “verde”, ma non lo fa certamente gratis, anzi da questa posizione continua a lucrare sul “Carbon Trading”. Chiamato a rispondere davanti alla Commissione del Congresso americano, egli si difende descrivendosi come un filantropo disinteressato e salvatore del pianeta. Il commissario che l’interroga allora gli chiede: “Se Lei fa tutto ciò in camera caritatis, dove ha trovato i fondi per fare un investimento personale di 35 milioni di $ presso la Capricorne Investment?
    In questo contesto di divulgazione di notizie fasulle per fini propagandistici, di acquisizione di visibilità e quindi di “attrazione” per chi si vuol mettere al riparo da campagne giornalistiche inopportune vi è anche la notizia di qualche anno fa circa lo scioglimento dei ghiacciai dell’Himalaya. Si disse che era una questione di pochi anni, poi quando furono sbugiardati allontanarono di qualche secolo l’evento (2350). Chi, però, è andato un po’ a fondo alla vicenda ha stabilito poi che la previsione catastrofica sui ghiacciai era di provenienza WWF che riportava il parere (quindi non uno studio scientifico) di un glaciologo. Questo glaciologo, tale Murari Lal, ha poi ammesso candidamente che non erano proprio informazioni scientifiche, però, le hanno messe nel rapporto perché erano funzionali a esercitare pressioni per influenzare l’opinione pubblica mondiale. Anche le previsioni catastrofiche sull’Amazzonia, che tra l’altro non è il polmone di niente perché il bilancio produzione di ossigeno e anidride carbonica è in pareggio, erano il frutto di segnalazioni del WWF e di Greenpeace, quest’ultimo poi aveva anche piazzato suoi esponenti, laddove si preparavano i documenti dell’IPCC che a quanto sembra delle indagini scientifiche scrupolose se ne sono fatte un baffo.

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