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La libertà costituzionale di non fare concorrenza a FS

26 settembre 2011

Libertiamo – 26/09/2011

Eccoli qui, i liberalizzatori at work. Nonostante non siano ancora riusciti a scolpire a lettere di fuoco nella carta costituzionale la banalità più sconcertante dell’ultimo secolo, “è permesso tutto quel che non è vietato”, si portano avanti col lavoro, vietando a più non posso, a titolo preventivo, e frapponendo quanti più ostacoli possibile alla libera iniziativa, che non si sa mai. E riuscendo quindi ad offrire al pubblico la migliore interpretazione circa la serietà delle loro intenzioni.

Manovra d’agosto, ultima versione, articolo 8: proprio quell’articolo che vorrebbe favorire la contrattazione locale e aziendale. Se “è permesso tutto quel che non è vietato”, è la stessa legge, due righe più sotto, che provvede a vietare, liberandoci subito dal peso di troppa libertà. In questo caso, vieta alle imprese del settore ferroviario di utilizzare un contratto collettivo di lavoro diverso da quello utilizzato dall’ex monopolista e attuale incumbent (ma ancora monopolista de facto), Trenitalia.

Sarebbe a dire che le imprese private del settore dovrebbero tentare di far concorrenza a Trenitalia utilizzando un contratto, quello di Ferrovie dello Stato, che la stessa Trenitalia ha stipulato in beata solitudine e beneficiando della rendita che la sua posizione di monopolista le garantiva. Un contratto di lavoro insostenibile per chi deve fare i conti con la produttività e conquistare quote di mercato in una posizione di assoluta debolezza. E attenzione, perché nonostante la norma in questione sia stata immediatamente interpretata come un tentativo di sgambetto a Montezemolo, che con Ntv si accinge a competere nel settore strategico per Trenitalia del trasporto passeggeri e dell’alta velocità e, cosa ben più grave, potrebbe accingersi a competere anche in politica, a farne le spese sarebbero soprattutto le società private operanti nel settore merci, più lontane dalle luci della ribalta. Secondo Fercargo, che riunisce alcune di queste imprese, il costo aggiuntivo che dovrebbero sopportare applicando il contratto Fs è dell’ordine del 30 percento.

Che poi, va detto, nel settore ferroviario nessuno opera al di fuori dei contratti collettivi. Semplicemente, le imprese ferroviarie private, dalla già defunta (non per caso) Arenaways a Ntv fino a quelle aderenti a Fercargo, applicano il contratto collettivo nazionale di lavoro degli autoferrotranvieri e quello della logistica. Rispondendo all’interrogazione parlamentare presentata da Daniele Toto, di Futuro e Libertà, il ministro Elio Vito ha sostenuto che l’intenzione del governo era quella di sollecitare la formulazione di un unico contratto collettivo nazionale di lavoro valido per tutto il settore (il contratto Fs da impiegare ope legis è scaduto, sia detto per inciso, dal 2007). Resta da vedere come si concilia un tale proposito con l’intento “liberalizzatore” dell’articolo 8 della finanziaria, così come restano da vedere quali margini di contrattazione rimarranno alle imprese con la spada di Damocle dell’applicazione di una norma del genere.

E’ permesso tutto quel che non è vietato”. E in un sol colpo abbiamo uno sgambetto alla concorrenza, un danno materiale a molte imprese e ai loro lavoratori, un dispetto ad un possibile avversario politico, e un bel cadeau d’inizio autunno al sindacato. E se il settore ferroviario già risulta, secondo l’Indice delle liberalizzazioni dell’Istituto Bruno Leoni, tra i meno aperti alla concorrenza, da oggi potremo stare tranquilli: non potrà che andare peggio.

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One Comment leave one →
  1. 26 settembre 2011 23:28

    Ça va sans dire.

    Delinquenti politici e criminali economici.

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