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Ditelo a mamma

8 ottobre 2011

Pasquale Annicchino mi segnala l’iniziativa “La campagna a scuola”, promossa dalla Commissione europea e ideata da ARM, e giunta alla sua terza edizione. A cosa serve? Sul sito leggiamo che si vuole

raccontare ai ragazzi delle scuole primarie e secondarie di I grado di Roma e provincia i vantaggi derivanti dalla riforma della PAC, la Politica Agricola Comune. Questo il messaggio fondamentale che si vuole trasmettere: la PAC è una politica viva che cerca di promuovere una agricoltura sostenibile, in grado di raccogliere sfide quali la sicurezza alimentare, la crescita e l’occupazione nelle zone rurali; la PAC valorizza il carattere multifunzionale dell’agricoltura.

Il tutto grazie all’utilizzo del solito quiz, del solito kit informativo, del solito supporto audiovisivo, del solito software dedicato, del solito concorso a premi, della solita simpatica mascotte, di tutto l’armamentario tipico, insomma, delle più inutili e trite iniziative divulgative ministeriali nella scuola. In questo caso lo sforzo è chiaramente volto a far digerire alle famiglie il fatto che, in tempi come questi, una parte tanto consistente del bilancio europeo venga utilizzato per sovvenzionare l’agricoltura.

Nella speranza di fare cosa gradita agli studenti di quelle classi che avranno la fortuna di partecipare ad una così sontuosa perdita di tempo, provo a fornire loro qui di seguito il mio personale bignamino in sei punti sulla Politica Agricola Comune.

  1. La PAC danneggia l’agricoltura europea: sostenendo aziende agricole troppo piccole, frammentate, inefficienti ed inadeguate a rispondere alle sfide della globalizzazione, la PAC condanna l’agricoltura europea alla marginalizzazione nonostante lo straordinario aumento della domanda di materie prime agricole proveniente dall’Asia.
  2. La PAC danneggia il paesaggio rurale: solo aziende agricole orientate al profitto e all’innovazione, in grado di fare economie di scala adeguate, possono svolgere il ruolo di tutela del paesaggio agrario che l’Europa chiede loro. La dipendenza dai sussidi spinge inesorabilmente gli agricoltori a coltivare meno e ad abbandonare la terra.
  3. La PAC riduce l’occupazione in agricoltura e sostiene le rendite: per le stesse ragioni, proprietari il cui reddito deriva in larga parte dai sussidi e non dal lavoro saranno meno incentivati ad investire, anche in manodopera. L’aumento spropositato dei valori fondiari conseguente all’erogazione dei sussidi trasforma il possesso della terra e l’attività agricola in una forma di rendita, spingendo gli agricoltori ad impiegare il loro tempo in attività più remunerative.
  4. La PAC danneggia l’ambiente: sostenere economicamente pratiche agricole “green” come l’agricoltura biologica, la spesa a km zero e l’utilizzo di materie prime e superfici agricole per la produzione di energie alternative aumenta il fabbisogno di terreni coltivabili per produrre la quantità di cibo di cui abbiamo bisogno, terreni che dovranno essere sottratti necessariamente agli ecosistemi naturali, in Europa e soprattutto nel resto del pianeta. Solo l’agricoltura intensiva e orientata a soddisfare i bisogni del mercato, aumentando la produttività unitaria di un ettaro di terreno, aiuta a ridurre la superficie agricola e a restituire terreni marginali e meno produttivi all’ambiente.
  5. La PAC mortifica il carattere multifunzionale dell’agricoltura: solo aziende agricole grandi ed efficienti sono in grado di sostenere il costo della diversificazione: aziende agricole piccole e dipendenti dai sussidi sono invece naturalmente vocate alla monocoltura.
  6. La PAC riduce la sicurezza alimentare: riducendo la produttività dell’agricoltura europea, la PAC contribuisce sensibilmente a contrarre l’offerta di prodotti agricoli. A farne le spese sono prima di tutto i poveri dei paesi in via di sviluppo, i primi a soffrire per l’aumento dei prezzi del cibo, ma anche i consumatori europei.
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3 commenti leave one →
  1. Alex permalink
    8 ottobre 2011 21:05

    7. La PAC e la grande burocrazia che la caratterizza costringe gli agricoltori a rivolgersi, per ottenere i contributi, a consulenti, CAA e compilatori a vario titolo di domande, con costi sempre più elevati. E una volta compilata, la domanda di aiuto finisce nella mani di una burocrazia pubblica che definire elefantiaca è un complimento. In pratica la PAC si porta dietro una pletora di “addetti” (pubblici e privati) che alla fine sono anche loro “beneficiari” di un sistema piuttosto complicato e inefficiente, un po’ come beneficiassero di una qualsiasi altra forma di assistenzialismo.

  2. 8 ottobre 2011 21:18

    @Alex. E’ vero, e avevo pensato anch’io ad aggiungere un punto sull’apparato elefantiaco che gestisce l’erogazione e l’intermediazione dei fondi comunitari. La PAC è una politica di sussidi caratterizzata da un enorme “peso morto”, ovvero la quantità di denaro che si disperde lungo la strada tra l’erogatore e il beneficiario.

  3. Alberto Guidorzi permalink
    9 ottobre 2011 11:34

    Infatti la poca agricoltura italiana sostenta ben quattro organizzazioni sindacali agricole! Poi si dice di eliminare gli enti inutili….

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