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I broccoli e l’evidenza

27 ottobre 2011

Un’ultima considerazione a proposito dell’articolo di Repubblica sui vegetali brevettati dalle multinazionali, opportunamente sbeffeggiato da Mauro Venier e del quale parlavamo ieri.

Tutti coloro che sostengono che la tecnologia, i brevetti, gli OGM, le multinazionali, il commercio internazionale avrebbero come conseguenza l’aumento del prezzo del cibo e quindi la fame e la miseria dei più, si recano mai al supermercato? Mangiano come noi comuni mortali o si nutrono solo di aria fritta e dell’inchiostro con il quale imbrattano le pagine dei giornali?

Perché se mangiassero probabilmente si sarebbero resi conto che a costare di più (molto di più) non sono i prodotti migliorati dalla tecnologia, brevettati dalle multinazionali, diffusi dal mercato e dal commercio su lunghe distanze, ma il loro esatto contrario: i prodotti tipici, locali, biologici, memoria di un tempo che fu, protetti da certificazione pubblica e abbondantemente sussidiati con i soldi dei contribuenti. Ci sarà un perché?

Ultimissima annotazione (e poi la chiudiamo qui, perchè davvero non merita): come abbiamo già ricordato, un prodotto brevettato è un prodotto innovativo per il quale lo sviluppatore ha messo sotto tutela le potenzialità di guadagno (per un tempo limitato) in cambio della completa pubblicità delle modalità di produzione. L’alternativa è una sola, che io sappia: il segreto industriale. E’ un’opzione preferibile, dato che stiamo parlando di cibo?

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4 commenti leave one →
  1. 27 ottobre 2011 22:29

    La tua frase “per un tempo limitato” dovresti metterla in neretto.

    Molta gente crede (in buona fede) che i brevetti siano per l’eternità. Non è così: un brevetto dura al massimo 20 anni come effetti legali e pratici (e, visti i costi per mantenere i brevetti attivi, la maggioranza vengono portati avanti al massimo 10 anni).
    Passati questi 20 anni il brevetto vale come testimonianza storica o argomento pubblicitario. Nulla di più.

    Quello che invece può essere portato avanti praticamente per tempo indeterminato (basta pagare) e il marchio registrato.

    Saluti,

    Mauro.

  2. uno permalink
    28 ottobre 2011 14:46

    per chi se lo fosse perso, segnalo l’intervento di una sedicente “dott.ssa in scienza e tenologie alimentari” intervistata da un sedicente inviato a Striscia la notizia ieri sera.
    Argomento: pane e farine.
    Sunto: “.. non può essere una farina di certa qualità”, “..molto probabilmente dall’estero, dai paesi orientali”, “..coltivati in campo con i pesticidi, che sono vietati dalla comunità europea”, “.. e quindi ce li troviamo nel pane senza saperlo, questa è la sintesi”

    Scusate, a me viene da piangere.
    Soprattutto perchè nessuno sente più come necessario replicare, ristabilire un minimo di verità se non fattuale almeno documentale.
    Segno che la marea dei cialtroni è montata a tal punto che questo paese non ce la può fare.

  3. Alberto Guidorzi permalink
    28 ottobre 2011 17:16

    Uno

    Se può interessare su questa rubrica del blog di Bressanini a partire dal 20 ottobre ho fatto quattro interventi a proposito di Pane e Farine.
    http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/01/28/la-forza-della-farina/#comments

    Che poi ci sia chi la materia prima la va a comprare in posti su cui dubitare e non fa i controlli quasto è sempre possibile, come è vero. però che ci sono furti e omicidi in Italia.

    Comunque molte delle farine ci vemgono dalla Francia già miscelate perchè provenienti da varietà di frumenti complementari in fatto di qualità e già aggiustate per fare i differenti pani.

    Certo i francesi si fanno pagare, ma purtroppo noi non siamo capaci di stoccare le varietà di frumento singolarmente ed il coltivatore mescola tutto.

    Ora l’Italia patria della Battaglia del grano (quella di Strampelli non quella di Mussolini) si ritrova a dover seminare solo le varietà di grano francese se le vogliono vendere ai mugnai. Parlo di grano tenero

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