Continuiamo a mangiarci le scorte
I grafici sul rapporto domanda-offerta delle materie prime agricole sull’home page dell’ International Grains Council evidenziano quel che sappiamo da tempo: è il costante aumento della domanda globale di cibo, trainata dallo sviluppo asiatico, il motore del rally dei prezzi delle materie prime agricole. Altro che chiacchiere sulla speculazione. Guardiamo quello che sintetizza l’andamento di tutti i cereali con l’esclusione del riso nell’ultimo decennio
Quel che salta subito agli occhi è un andamento in costante crescita dei consumi, inseguiti dalla produzione che in alcune annate non riesce ad essere adeguata. E’ quel che è successo nel 2007, e l’anno successsivo infatti i prezzi sono saliti alle stelle, ed è quel che è successo lo scorso anno. Certo, produzioni inferiori ai consumi globali non sono una novità, sul grafico si vede come il decennio si sia aperto proprio in questa situazione. Se allora però i prezzi non hanno conosciuto rialzi significativi, lo dobbiamo al dato delle scorte dei principali paesi esportatori, che sono decisamente sotto le attese ripetto ai consumi solo dal 2007 ad oggi, senza che si vedano da questo punto di vista segnali incoraggianti.
Il dato degli stocks, quindi, molto più di quello dell’andamento della produzione di ogni singola annata, sembra indicare un pianeta che ha cominciato a divorare se stesso e sembra suggerire al mercato una contrazione dell’offerta che gli innegabili successi produttivi non riescono a controbilanciare. Guardate il mais: nonostante il prossimo raccolto sarà, secondo le stime, il più grande di tutti i tempi (853 milioni di tonnellate), non sarà sufficiente a coprire una domanda prevista di 861 milioni di tonnellate, e il dato delle scorte ferme a 123 milioni di tonnellate è quello che fa più paura.
In una situazione del genere risulta sempre più difficile sostenere l’opportunità dei sussidi ai biocarburanti, che indubbiamente riducono l’offerta disponibile, così come ogni tipo di politica che si frappone ai necessari aumenti di produttività (vedi ostacoli alle biotecnologie) e al commercio internazionale, in nome di un protezionismo tinto di verde.
E sarà sempre più difficile per l’Europa sostenere la necessità di chiamarsi fuori da quella che per l’agricoltura del vecchio continente dovrebbe essere invece una straordinaria opportunità di crescita, in nome della protezione ad oltranza di un sistema produttivo inadeguato e delle sue croniche inefficienze.
- L’International Grains Council aggiorna le sue stime mensilmente. Questa è la ragione per la quale, andando ai link nei prossimi mesi, vedrete dati diversi da quelli riportati nel post.
Oltre ai sussidi ai biocarburanti che dire degli incentivi (aka soldi presi forzatamente dalle bollette dell’energia elettrica) da regalare a chi a posto dei cereali ci mette un bel fotovoltaico a terra (che non risolve i problemi di approvigionamento energetico ma quelli di approvvigionamento di denaro di chi vende\installa gli impianti) o a chi brucia del silomais (con la scusa che ci mette un pochettino di liquame, ma poco, giusto per dire che il digestato non è un effluente zootecnico e quindi niente direttiva nitrati) per fare una bella correntina elettrica che chiamano pure verde? Oltrettuto gli affitti dei terreni per gli agricoltori veri sono diventati insostenibili perché “drogati” dal miraggio energetico, non bastava già la “droga” denominata PAC.
Alex
Proprio l’altro ieri un “verde” mi ha chiesto cosa ne pensavo delle energie rinnovabili (ci eravamo già scontrati sugli OGM) e l’ho letteralmente scandalizzato perché ho detto che lo considero”un crimine al cospetto di Dio”.
Alberto le sue, è proprio il caso di dire, sono “sante parole”