La megatruffa dei falsi biologici
Quella della scoperta di una frode non è necessariamente una brutta notizia, potrebbe essere il segno di controlli efficienti e di un sistema sano che sa mantenersi tale. Ebbene, non è questo il caso:
La guardia di finanza di Verona ha scoperto una megatruffa nel settore dei prodotti biologici, sequestrando 2.500 tonnellate di materie prime e 700mila di prodotti alimentari spacciati per “bio” e scoperto un giro di fatture false per oltre 200 milioni di euro. Sei le persone arrestate a Verona, Ferrara, Pesaro Urbino e Foggia: secondo gli investigatori hanno commercializzato una quantità di prodotti pari al 10% dell’intero mercato nazionale.
Non è questo il caso perché se si parla del 10% dell’intero mercato nazionale di prodotti biologici e se queste cifre venissero confermate è l’intero sistema, con ogni probabilità, ad essere marcio fino al midollo.
Non è questo il caso perché se è stata la Guardia di Finanza a scoprire la frode questo indica che gli enti certificatori, che esistono proprio per garantire che queste porcate non avvengano, sono nella peggiore delle ipotesi collusi con i truffatori, nella migliore inefficienti ben oltre qualsiasi soglia di ridicolo.
Come si usa dire in questi casi, ci aspettiamo che venga fatta piena luce sulla vicenda, e alla svelta, anche perché c’è ancora gente che questo mestiere si ostina a farlo onestamente. Ma ci aspettiamo anche che chi, in questi anni, ha continuato a sostenere la necessità di ingigantire l’apparato di intermediazione pubblico e parapubblico, che grava sulle spalle di produttori, consumatori e contribuenti, in nome del mantra salvifico e criminogeno dell’etichettatura e della tracciabilità, sappia trovare qualche parola di autocritica adeguata alla gravità della situazione.
Dall’esame di tutti i documenti che interessavano le ditte coinvolte si è accertato che il volume di prodotti con falsa certificazione biologica è meno del 2,5% di quello prospettato dalla GdF, che si riferisce all’intera quantità registrata dalle ditte indagate, che risulta perdipiù frutto anche di fatturazione fittizia: non a caso agli arrestati vengono addebitati i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture e altri documenti inesistenti, la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Anche il valore dei prodotti accompagnati da certificati falsificati è nettamente inferiore a quello stimato la settimana scorsa: applicando le quotazioni di mercato odierne, arriviamo a fatica a 5 milioni di Euro (contro i 220 milioni di cui s’era parlato: anch’essi sono riferiti al
volume d’affari complessivo delle società coinvolte, sempre gonfiato da operazioni inesistenti).
È stato anche accertato che la frode si è protratta da ottobre 2007 ad agosto 2008 e ha riguardato esclusivamente orzo, mais e soia per mangimi, girasole, farro, 2 partite di frumento e delle mele da purea.
Il perimetro della frode (che innegabilmente c’è stata, ma si palesa più come “frode fiscale” che come “frode biologica”), va assai ridimensionato.
Ciò non basta a rasserenare le 47.658 aziende perbene e le oltre 300.000 persone che lavorano nel settore biologico italiano (che sono parte lesa e attraverso le loro organizzazioni stanno costituendosi parte civile nel processo), ma dà almeno la dimensione corretta.
Roberto Pinton
grazie Roberto
Io sono contro la coltivazione biologica, ma quando vi sono altre verità bisogna farle sapere.