La Repubblica dei broccoli
Ricordate la collezione di scemenze ineseattezze e imprecisioni pubblicato tempo fa da Repubblica sulla questione dei broccoli brevettati, aiuto le multinazionali, moriremo tutti di fame e via discorrendo? Ebbene, per chiudere l’anno in bellezza, Repubblica torna sull’argomento, dedicandovi un’intera pagina, a firma questa volta del suo maître à penser di riferimento sull’agroalimentare, il fondatore di Slow Food Carlo Petrini, e ribadendo nella sostenza quanto sostenuto a suo tempo da Andrea Tarquini.
Non torneremo nel merito della questione, l’avevamo già fatto allora (qui e qua) e meglio di noi l’aveva fatto anche Mauro Venier, e dato il livello dell’articolo di Petrini direi che basta e avanza. Quel che ci preme considerare è l’aspetto “giornalistico” dell’intera vicenda: un’importante testata nazionale come Repubblica pubblica un articolo pieno di errori e orrori, non si sente minimamente in dovere di correggere il tiro scusandosi magari coi lettori, anzi rincara la dose con un’ulteriore iniezione di sciocchezze.
Cose che possono succedere, e che infatti regolarmente succedono, nel paese degli esami di Stato e degli ordini professionali, in cui l’accesso alla professione giornalistica è protetto sempre e comunque in nome dell’interesse supremo dei cittadini: quelli che pagano due volte, da lettori e da contribuenti, per un’informazione da Repubblica delle banane. O dei broccoli.
Volevo pubblicare in coda all’articolo di Petrini da te segnalato un commento. Però il modulo per i commenti non funziona 😦
Saluti,
Mauro.
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Quello che ho tentato di scrivere è questo:
“Caro Petrini,
vedo che anche lei – solitamente preparato – è caduto nella trappola di Tarquini che a suo tempo aveva pubblicato su Repubblica una valanga di corbellerie a proposito dei brevetti di cui anche lei parla riportandole pari pari.
Se volesse informarsi sulla vera questione dei brevetti può leggere questo mio commento all’articolo originale di Tarquini:
http://pensieri-eretici.blogspot.com/2011/10/ignoranza-brevettata.html
Saluti,
Mauro Venier.”