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Il marcio nel regno di Danimarca

3 febbraio 2012

Continua la desolante odissea che porterà, con ogni probabilità, gli stati membri dell’Unione Europea a decidere autonomamente se consentire o meno la coltivazione di varietà geneticamente modificate sul loro territorio. Oggi registriamo l’arrivo di un dossier preparatorio della presidenza di turno danese del Consiglio dell’Unione Europea. Il dossier ancora non l’abbiamo letto, ma dalle notizie di stampa appare il solito mortificante quadro fatto di neologismi e ossimori, creati ad hoc per aggirare il quadro normativo esistente (oltre che la logica e il buon senso, ma a questo siamo abituati):

Quali motivi possono essere invocati da un Paese per ‘proteggersi’ dagli OGM? Il testo su cui ragiona il Consiglio presenta un elenco più esaustivo di quello della Commissione europea, allineandosi piuttosto con l’Europarlamento. Questi i casi:

  • la prevenzione delle conseguenze negative per l’ambiente locale determinate da cambiamenti nelle pratiche agricole connessi alla coltivazione di OGM;
  • il mantenimento e lo sviluppo di pratiche agricole, come quelle tradizionali, che combinano la produzione e la sostenibilità degli ecosistemi;
  • il mantenimento della biodiversità locale, ovvero di alcuni habitat ed ecosistemi, ma anche più semplicemente di caratteristiche naturali e paesaggistiche;
  • l’assenza o l’insufficienza di dati adeguati sulle potenziali conseguenze negative dell’emissione di Ogm per l’ambiente, per la biodiversità o per la sostenibilità dell’ecosistema.

Ora, è più che chiaro che nessuna di queste ragioni sarebbe sufficiente a vietare la coltivazione di alcunché, data la totale assenza di evidenze che dimostrino la pericolosità di un OGM per la salute umana, per l’ambiente, per la biodiversità e chi più ne ha più ne metta. Ma quel che conta è dare il potere ai governi, che delle ragioni scientifiche notoriamente se ne fottono, di decidere se queste evidenze vi siano o meno, e se siano sufficienti, come dimostra l’impareggiabile arrampicata sugli specchi dell’ultimo punto.

Oltre a tutto ciò, si affacciano per la prima volta le cosiddette “ragioni socioeconomiche“, e sarebbe un precedente di una gravità inaudita, dato che verrebbe consentito ai governi di stabilire ciò che è giusto produrre e ciò che non lo è, e con quali tecnologie, sulla base di discutibili ma insindacabili ragioni di carattere lobbistico, in barba ad ogni più elementare principio di libertà di impresa e diritto di proprietà. Farebbero bene a prestarvi attenzione tuti coloro che non ritengono così importante l’agricoltura e la questione degli OGM, dato che in linea teorica succedere a qualsiasi attività produttiva: si parla di restrizioni, bandi e divieti, se la cosa non è sufficientemente chiara, non di semplici incentivi o sussidi a questo o a quel comparto produttivo.

La necessità di tutelare la diversità della produzione agricola o la purezza delle sementi diventerebbero motivazioni sufficienti per dire no alle coltivazioni non tradizionali, oltre all’impraticabilità o all’alto costo di affiancarle a quelle preesistenti in situazioni geografiche particolari, come nelle località di montagna. Infine, si potrebbe fare ricorso ad “altri fattori legittimi” e la decisione di non volere le colture geneticamente modificate varrebbe su tutto il territorio nazionale o parte di esso.

Sull’uso di una dicitura generica come “altri fattori legittimi“, e sugli arbìtri che verrebbero resi possibili da una simile dicitura non credo che vi sia bisogno di spendere ulteriori parole. E andiamo avanti.

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3 commenti leave one →
  1. alberto guidorzi permalink
    3 febbraio 2012 19:23

    Te ne cito subito uno:

    Io faccio una varietà incrociandola con una specie dello stesso genere ma selvatica. Lo scopo è di introdurre una resistenza ad una malattia.

    Evidentemente così facendo attraverso la coltivazione io immetto con il polline una quantità di geni nuovi presi dalla specie selvatica enormemente maggiore di quanto può fare la specie selvatica relegata in nicchie.

    Se la mia nuova varietà fosse giudicata dai miei concorrenti rivoluzionaria da un punto di vista produttivo potrebbero invocare nella modifica ambientale per impedirmi di fare loro concorrenza e ciò in barba ai beneficio che ne potrebbe derivare ai bieticoltori.

    AGICOLTORI MA SIETE PROPRIO DEI COGLIONI A TACERE SEMPRE!!!! i VOSTRI FORCONI USATELI PER QUESTE COSE E NON PER CHIEDERE L’ELEMOSINA:

  2. alberto guidorzi permalink
    3 febbraio 2012 19:24

    Ho scritto “bietiicoltori” ma è una deformazione professionale!

  3. Agricoltore evoluto permalink
    5 febbraio 2012 19:36

    ..si appunto e poi si lamentano che non ce la fanno,.. hanno a disposizione una soluzione per fare del reddito aggiuntivo e si fanno prendere per i fondelli dalle solite associazioni a delinquere del tipo Coldiretti….
    Contenti loro.
    Ad aprile giretto in Slovacchia a prendere il seme… che i cosidetti ce li hanno già rotti a sufficienza

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