I ripetenti
Dal libro di storia di mio figlio (prima media), sul passaggio dall’Alto al Basso Medioevo:
Nell’UNITA’ precedente abbiamo lasciato delle campagne in cui la bonifica di foreste e paludi e una serie di nuove tecniche agricole stavano permettendo di produrre quantità di grano e di altri prodotti molto maggiori di prima (…).
Le eccedenze di grano furono barattate con altri beni; chi era vicino a una salina, poi, raccolse più sale del necessario e barattò anche quello. Questi semplici gesti ebbero il potere di “riaprire” l’economia.
L’autoconsumo dell’Alto Medioevo faceva parte di un’economia chiusa, in cui chi produceva il grano e chi lo consumava erano la stessa persona. L’economia aperta, invece, è un’economia in cui il produttore di grano non lo produce più solo per sé stesso, ma anche per il pescatore che lo baratta con il pesce in più che gli è rimasto nella rete e così via, finché la catena degli scambi non produce un guadagno sufficiente a costruire altre barche per aumentare la quantità di pescato oppure a recarsi sempre più lontano in cerca di prodotti rari da scambiare con maggior profitto.
L’economia aperta si chiama economia di mercato (il luogo dove si porta e si espone la merce) ed è il contrario dell’autoconsumo (…).
Un’economia aperta mette in moto un processo senza fine: le città in cui si concentravano i venditori attirarono un numero sempre maggiore di persone, alcune delle quali trovarono persino conveniente stabilirvisi.
Da cui si può dedurre che i fanatici del protezionismo, dei mercati chiusi, della sovranità alimentare, del km zero e dell’agricoltura tradizionale sono rimasti all’Alto Medioevo.
O più probabilmente alla quinta elementare.
..il nozionismo non è sapere e conoscenza..
basta guardarsi attorno l’asino sarà un bipede lungi dall’estinguersi.
non ho capito però…nell’Alto Medioevo, i pescatori non avevano il pane??
Maurizio Morabito (omnologos)
Il pane presuppone il frumento per cui fai un po’ tu!
.
A Giordano Masini ricordo che prima dell’asilo viene anche la Balia.
Per questo dico che a loro compete la balia e non le lementari.
Mandi,
Renzo Riva
C.I.R.N. F-VG – Comitato Italiano Rilancio Nucleare
e
P.L.I. F-VG – Energia e Ambiente
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+39.349.3464656
Tutto ciò che veniva prodotto nella corte feudale veniva consumato lì. Un regime autenticamente autarchico.
Sarà meglio che la maestra tenga conto anche di queste cose!
“Con la caduta dell’Impero Romano vennero meno anche i tre pilastri su cui si basava il modo di mangiare di Roma e avuto in eredità dalla Grecia, cioè il Pane, il Vino e l’Olio. La destrutturazione dell’organizzazione agricola romana fu totale; l’incolto, la sommersione delle terre basse, il conseguente impaludamento e l’instaurarsi del bosco presero il sopravvento. E’ evidente che a cominciare da III, IV, V sec. con il venir meno dell’ordine costituito, con le orde degli eserciti che scorazzavano nei territori dell’impero, l’agricoltura non riuscì più a sfamare sempre le popolazioni e quindi si incorse in frequenti carestie. E’ di questi anni il fenomeno dell’eremitismo e successivamente del sorgere dell’ordine monastico benedettino che nella regola aveva la non secondaria opera sociale dei monaci. La coltivazione del frumento esige terreni ben sistemati e soprattutto sgrondanti l’acqua piovana e quindi fu resa pressoché impossibile laddove si stanziarono le nuove popolazioni, i barbari si nutrivano di poltiglie d’orzo e d’avena e disdegnavano il pane, al punto che la filiera del pane venne distrutta. I popoli barbari invece portarono l’uso di mangiare esclusivamente carne e l’abbuffata era sinonimo sociale di forza combattente. E’ solo con Dagoberto che nell’800 si ha notizia di disposizioni inerenti al sorgere di panifici. Fu una conseguenza della cristianizzazione delle nuove popolazioni che come conseguenza non potevano non accettarne anche i simboli ed il pane fu uno di questi assieme al vino (eucarestia) e all’olio (strumento sacramentale); le bevande dei barbari erano birra (cervogia) e latte. Nel 900 e 1000 si ha notizia di numerose carestie dovute ad anni eccessivamente piovosi. Evidentemente qui si parla di carestie generali perché di carestie locali ve ne furono molte di più in quanto si viveva un’economia di autoconsumo locale, ebbene sembra che il secolo che non doveva esserci (si ricordi il detto “mille e non più mille”) sia stato particolarmente insidiato da carestie: una ogni 8 anni, quasi uguali all’VIII sec.
Le rese dei cereali nel X sec. non andavano oltre gli 1,7 – 3,3 per 1 seminato. Quando si ricavava il quintuplo era l’abbondanza, tuttavia non bisogna dimenticare che dalla produzione si doveva trattenere la quantità da destinare alla semina successiva e le varie regalie ai signori del tempo ed il diritto di molitura. Pertanto l’aggiunta al miscuglio di farine di cereali anche di farine di castagne e di ghiande era molto frequente. Per il loro sostentamento i contadini ricorrevano anche ai frutti selvatici spontanei, pesce e carne di animali domestici e selvatici, ma anche su quest’ultimi gravavano i diritti del signore di riceverne una parte. Nel 943 si ha notizia di un’epidemia (probabilmente un avvelenamento da segale cornuta di cui abbiamo parlato sopra) che provocò 40.000 morti.”
Non dice che però nell’Alto Medioevo le popolazioni erano sicuramente più felici, dal momento che vivevano una vita semplice, dettata dai lenti e amorevoli ritmi di Madre Natura? 🙂
Ci pensa Petrini ad intervistarli e Repubblica a riportare il reportage!!!!