Uno spettro si aggira sul junk food: il protezionismo
Libertiamo – 15/05/2012
La recente proposta del Ministro Balduzzi di istituire una tassa sul cosiddetto “cibo spazzatura” ha sollevato molte polemiche, e ottimi argomenti contro di essa sono stati portati da Lucia Quaglino e da Diego D’Andria, entrambi su Chicago Blog.
Una tassa del genere sarebbe inutile, dato che l’obesità non è conseguenza esclusiva di un eccessivo consumo di bevande gassate (sarebbero queste le prime ad essere colpite dalla nuova imposta), regressiva, poiché colpirebbe soprattutto gli strati più poveri della popolazione, e discriminatoria, dato che si fonda sul presupposto che alcune persone gravano più di altre sul Sistema Sanitario Nazionale, e che debbano essere in qualche modo punite.
In realtà sappiamo bene che l’idea nasconde solo un tentativo di fare cassa in un momento difficile: il governo sa benissimo quanto anelastica sia la domanda di cibo, anche di quello considerato “spazzatura”, e come nel caso delle accise sulla benzina e sui tabacchi provvede a tassare proprio quello a cui i consumatori, con ogni probabilità, rinunceranno con maggiore riluttanza. Praticare sport estremi non è certo abitudine meno irresponsabile e potenzialmente dannosa per la salute del consumo di Coca Cola, ma se venissero tassati gli sport estremi non si potrebbero fare previsioni di gettito altrettanto ottimistiche.
Ma che l’idea della tassa sul junk food abbia poco a che vedere con il benessere dei consumatori lo dimostrano le stesse parole del ministro Balduzzi, riportate dal Corriere della Sera: “Ci potrebbero essere anche dei profili problematici, nell’ipotesi in cui un responsabile pubblico si mettesse in testa di attaccare alcune delle qualità del nostro Paese”.
Già: chi dice che solo le bevande gassate prodotte da multinazionali straniere fanno male alla salute? Sappiamo benissimo che consumare troppa carne rossa è una delle strade che conduce all’obesità, e i grassi saturi non sono racchiusi solo negli hamburger di McDonalds. Vogliamo con una mano istituire una tassa che penalizzi gli allevatori italiani, o la filiera lattiero-casearia, che magari sussidiamo con l’altra mano? E gli insaccati dei quali tanto ci vantiamo? E i viticoltori? Fa bene consumare troppo vino? Mettiamo una tassa sulle distillerie?
Il ministro sembra escludere, e non potrebbe essere altrimenti – pena la rivoluzione – di voler colpire l’agroalimentare italiano, sottolineando invece l’importanza di un accordo con i produttori. Saranno quindi i rappresentanti dei produttori ad indicare al governo quali prodotti colpire? In questo modo la tassa sul junk food diventerebbe né più né meno che una misura protezionistica.
E, in fin dei conti, la cosa non dovrebbe stupire più di tanto, dato che i primi a chiederne l’istituzione, pochi mesi or sono, erano stati gli esponenti del movimento dei “forconi” siciliani, con l’intento esplicito di salvaguardare i prodotti isolani dalla concorrenza.