#dontdestroyresearch, anche in Italia
Trent’anni di lunga e costosa ricerca, finanziata con soldi pubblici, avviata in campo nel 1998 ma cominciata già nel lontano 1982 verrà gettata alle ortiche, se martedì l’Università della Tuscia dovrà dar corso all’ordinanza del Ministero dell’Ambiente che intima la dismissione di un sito sperimentale dove sono state piantate, ormai diversi anni fa, olivi, ciliegi e actinidia (kiwi) transgenici.
L’impianto era stato regolarmente autorizzato nel 1998/99 per una durata di dieci anni, e nel 2009, il prof. Eddo Rugini, titolare della ricerca, aveva chiesto la sua proroga: le piante arboree hanno bisogno di tempo per mostrare risultati apprezzabili, non crescono in una notte, ma regione e ministero dell’ambiente non hanno potuto far altro che negarla, in base alle leggi vigenti che, non credo sia il caso di ricordarlo, vietano la sperimentazione in campo aperto, caso più unico che raro per un paese che ambisce a definirsi civile.
Dopo la comunicazione da parte della Regione e del Ministero dell’Ambiente di dismettere la sperimentazione in corso questa Università ha chiesto di riconsiderare l’intera materia, al fine di adottare un provvedimento favorevole alla prosecuzione delle sperimentazioni de quibus, al fine non solo di portare a compimento l’attività sperimentale e giungere a risultati concreti nell’ambito della ricerca iniziata molti anni fa, ma anche per evitare un ingiustificabile spreco di denaro pubblico.
A maggio ci ha pensato la Fondazione Diritti Genetici presieduta da Mario Capanna, a montare il caso, ed il resto è cronaca di questi giorni. Le piante, nonostante gli allarmi lanciati ai quattro venti dall’ex leader della sinistra extraparlamentare, non possono essere in nessun caso considerate un pericolo per le colture vicine, e se Capanna presiedesse una fondazione scientifica credibile e non una lobby ideologica votata al luddismo non potrebbe che prenderne atto.
I ciliegi che avete visto in fiore non hanno necessità di essere coperti, perché non sono transgenici. Accanto a questi, i ciliegi transgenici (che sono portinnesti), prima di essere stati sottoposti a manipolazione genetica erano completamente sterili (cioè non producevano nemmeno un granulo di polline perché triploidi) e tali sono rimasti allorché divenuti transgenici, per cui non c’è alcuna possibilità di diffusione di polline e quindi non necessitano di protezione.
Gli olivi (transgenici per la riduzione della mole dell’albero e quelli modificati per aumentare la resistenza a malattie fungine) non hanno prodotto finora alcun fiore e purtroppo nemmeno quest’anno fioriranno, a causa di un ringiovanimento delle piante subìto durante la permanenza in vitro, sebbene derivate da materiale maturo di una varietà di pregio.
Le uniche piante che fioriscono e che producono polline sono quelle appartenenti all’actinidia maschio, alle quali annualmente vengono eliminati i fiori prima della loro schiusura (per la stagione in corso abbiamo finito pochi giorni fa il lavoro di eliminazione e sterilizzati in autoclave). Le piante femmina (trangeniche per riduzione vigoria e transgeniche per resistenza a malattie) non producono polline e vengono impollinate artificialmente con polline di piante controllo per far produrre frutti da sottoporre a test in laboratorio, per verificarne la resistenza all’attacco dei funghi durante la conservazione, e successivamente distrutti, come da protocollo.
Particolarmente curiosa poi l’idea lanciata dal direttore della fondazione, Fabrizio Fabbri, di far partecipare anche la fondazione alla raccolta sul campo di “informazioni utili per capire le interazioni tra gli Ogm e l’ambiente esterno“:
L’idea del direttore della Fondazione Diritti Genetici, dott. Fabbri, di analizzare le piante da morte, è del tutto priva di senso. Senso avrebbe, invece, profittare della presenza, poliennale, del campo, per verificare de facto quali e quanti siano gli effetti sull’ambiente circostante. Abolire il campo significa non consentire verifiche di compatibilità ambientale, importantissime e chiarificatrici, e forse è proprio questo l’obiettivo: non consentire di dimostrare alcunché e continuare al mantenimento di un status quo tanto prepotente quanto oscurantista
Trent’anni di lavoro per lasciar raccogliere a loro gli avanzi su un campo distrutto. Una fondazione che pretende di chiamarsi scientifica, che sollecita l’annientamento delle ricerche altrui. I beccamorti della ricerca italiana.
Stamattina il prof. Rugini faceva fiamme, intervistato su Radio24 (qui l’audio). Molto difficile dargli torto. Come è difficile prevedere che le cose possano finire come sono finite in Inghilterra, proprio poche settimane fa, in un caso per molti aspetti simile a questo.
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Siamo in Italia… dove la scienza è il male. E Capanna in fondo è il male minore. Tutta questa merda (scusa i termini) ce la tiriamo dietro dai tempi di Benedetto Croce: http://pensieri-eretici.blogspot.de/2011/10/ne-portiamo-ancora-la-croce.html
Saluti,
Mauro.
Questo è vero, Mauro. Ma non può diventare un alibi.
ma che ce frega a noi , noi ch’abbiamo la cultura, il rinascimento …..o sole ………
Giordano, mi rendo conto di essere stato sibillino. Scusa.
Non deve essere un alibi, sono assolutamente d’accordo. Quello che voglio dire io è anche riuscissimo a mettere a tacere Capanna e la sua fondazione non avremmo ancora risolto nulla (a parte il caso specifico presentato nel tuo articolo). Quello che serve è una “rivoluzione” nello studio, nella presentazione al grande pubblico della scienza in Italia. Senza di ciò potremmo anche vincere molte battaglie, ma non vinceremo mai le guerre.
Il nostro nemico numero uno, in realtà, è l’informazione (giornali, tv, internet, un po’ meno radio), non la fondazione di Capanna.
Saluti,
Mauro.
Mauro, sono d’accordo, ed avevo capito quel che intendevi dire. Se ho parlato di alibi è perché attorno a ‘sta storia di Croce e della sua influenza sulla cultura italiana si sta creando una specie di mito, di cui cominciamo ad essere tutti un po’ succubi. Croce ha occupato uno spazio vuoto, e se quello spazio era vuoto è anche responsabilità del mondo scientifico italiano e di una sua certa atavica “pigrizia”
Quello che scrivi è verissimo, non si discute, ma purtroppo da lì dobbiamo partire.
Il vuoto che tu giustamente citi (e che Croce ha riempito con la sua ignoranza e la sua arroganza) è dovuto al fatto che in Italia abbiamo avuto l’industria senza la rivoluzione industriale.
Cioè abbiamo avuto chi si è messo a fare tecnologia, a fare prodotti, a costruire fabbriche… ma non abbiamo mai avuto chi facesse delle considerazioni, della sociologia, della politica, o chiamiamola come ci pare, sul tema. Abbiamo avuto solo filosofi che cercavano di adeguare tutto alle visioni filosofiche classiche senza adeguare invece queste visioni al mondo che cambiava.
Saluti,
Mauro.
Giordano, so che lo stai già facendo… cerchiamo di smuovere qualcosa, dài.
poi dicono che gli OGM sono in mano alle multinazionali (= il demonio)… se non è permesso fare ricerca pubblica…
elisabettalatorre
Pensa che i media non riescono a capire la grande verità che hai detto.
La manioca, la banana plantain, il pomodoro San marzano (per venire a noi) ecc. ecc. cioè il cibo base delle nazioni sottosviluppate o i prodotti tipici che sono nicchie, chi vuoi che li risolva i loro problemi nutritivi e di sopravvivenza in tempi consoni all’emergenza, se non la ricerca pubblica con (se ne vale pena e se possibili) trasferimenti mirati di geni. I metodi di genetica classica hanno ormai tempi troppo lunghi o addirittura sono impotenti, ma non per questo non devono continuare ad essere affiancati alle biotecnologie.
Ma questi(quelli che vogliono fermare la ricerca) sono cretini, se vogliamo piante ogm già esistono e sono commercializzate tutt’ora. Penso alle ciliegie del fruttivendolo italiano, mica sono quelle selvatiche…sono alberi di cilieggio innestati. Come per le cilieggie, si fa la stessa operazione con tanti altri alberi…cosa facciamo, aboliamo anche questi visto che in natura non si innestano da soli?