Dai trash movies alla junk science
Nuovo assalto alla logica e al buon senso da parte di Slow Food, che questa volta se la prende con l’utilizzo della soia come mangime per gli allevamenti ittici negli Stati Uniti. Il problema, ovviamente, è che la soia è per la maggior parte OGM e le conseguenze sarebbero, a leggere il rapporto di Food & Water Watch citato nell’articolo, terrificanti.
Tra queste non viene citato, naturalmente, il minore impatto sugli ecosistemi marini dell’acquacoltura rispetto alla cattura in mare aperto, né la maggiore sostenibilità ambientale di mangimi che derivano dall’agricoltura intensiva piuttosto che dalla pesca. Ma quando una generazione cresce a grigliate sulla spiaggia e trash movies sui pesci mutanti, questo è il minimo che può accadere. E andiamo avanti.
Tutti sono convinti che l’allevamento ittico rappresenterà una delle fonti più importanti di proteine animali( tra l’altro con grassi buoni) per dare da mangiare ai due miliardi di abitanti in più fra 30 anni. Evidentemente acquacoltura significa applicazione massiva dei metodi di selezione genetica fin qui applicati sui vegetali e alimentazione su basi scientifiche.
Questi slowfoodisti non sanno neppure di cosa parlano e mi piacerebbe che ne sopravvivesse qualcuno per metterlo nelle mani dell’abitante n° (9 miliardi + 1) che non sarebbe neppure mai nato se si fosse dato credito ai Petrini.