Cose che capitano – 3
Il protezionismo ha la stessa faccia ovunque, e si basa ovunque sui medesimi presupposti. Il primo di questi è la speranza, peraltro ben riposta, che la credulità popolare sulle questioni che riguardano il cibo possa fungere da leva per politiche che con la sicurezza alimentare non hanno nulla a che vedere.
E quindi ci ritroviamo con il seguente paradosso: mentre dalle nostre parti le importazioni cinesi vengono agitate come uno spauracchio e considerate, sic et simpliciter, come esempio di prodotti scadenti e troppo a buon mercato (cosa che nel cibo è sinonimo di merce pericolosa per la salute – si pensi alla lunga querelle sui barattoli di pomodoro cinese), proprio in Cina stanno per essere messe in atto politiche restrittive contro le importazioni di vini europei, in particolare francesi e italiani, “sospettati di arrivare in quantità eccessive e a prezzi troppo bassi“.
Ora, se siamo in grado di riconoscere che la minaccia di misure protezionistiche nei confronti del vino europeo (che a prezzo troppo basso non è stato mai venduto) è solo una risposta ai dazi antidumping previsti in Europa per i pannelli fotovoltaici made in China, dovremmo essere in grado di riconoscere che le misure protezionistiche che invochiamo contro i prodotti agroalimentari asiatici non servono a tutelare la salute dei nostri consumatori ma il portafogli dei nostri produttori, e che la concorrenza e la competizione, anche su scala globale, sarebbero strumenti più efficaci tanto per garantire ai consumatori di ogni parte del mondo il prodotto migliore al prezzo migliore, tanto per adeguare ai tempi che corrono sistemi produttivi obsoleti.
Oppure ci si può lanciare in spericolate faide commerciali, apprestandoci a prenderne almeno quante gliene diciamo, dato che in casi come questi contano solo i rapporti di forza. Preparate i popcorn.
la globalizzazione senza regole è la faida commerciale…ogni Stato dovrebbe essere libero di mettere in pratica le proprie politiche commerciali…se sbaglia politica (chi ha detto che il protezionismo è a prescindere positivo), paga, se le azzecca prospera…accettare a prescindere il libero scambio è stupido ideologismo.
A Granduro il premio cazzata dell’anno.
Bene Granduro, accettiamo l’idea che le politiche commerciali, i dazi, le tariffe, i sussidi, siano uno strumento legittimo. Diamolo per acquisito, come infatti è universalmente acquisito, e limitiamoci a considerare che le guerre si vincono se si tiene conto dei rapporti di forza e si mettono in campo strategie adeguate e lungimiranti.
Allora come consideriamo l’idea di mettersi a fare una trade war con un colosso come la Cina per proteggere un settore, quello del solare fotovoltaico, che da noi gode di sussidi in abbondanza, e quindi di vantaggi competitivi? Secondo il tuo metro di giudizio, se alla fine ce la caviamo solo con una ritorsione sul settore vinicolo, importante, ma sostanzialmente marginale in termini di PIL generato, gli eminenti strateghi europei molto probabilmente potranno considerarsi soddisfatti e vittoriosi, alla faccia di chi il vino lo produce e prova ad esportarlo. Esattamente come è successo in occasione dell’accordo con il Marocco per l’ortofrutta. Un settore è stato sacrificato per ottenere vantaggi in altri. Le politiche commerciali sono questo, nulla di più, e quando si fa parte di un settore “sacrificabile” come quello agricolo, sarebbe meglio fare attenzione a volerle implementare 🙂
1° Se facessimo autarchia alimentare metteremmo alla fame metà degli italiani e risolveremmo solo il problema di chi è proprietario della terra che si vede decuplicare il prezzo del bene fondiario, ma senza risolvere nessun problema di autosufficienza alimentare.
2° Einaudi diceva nel 1956 a proposito dell’industria saccarifera che chiedeva sovvenzioni e che da sempre in Italia è stata protetta altre misura:”E’ inconcepibile che un’industria la quale data dal decreto di Berlino del 21 novembre 1806 , con cui Napoleone decretò il blocco continentale, non abbia saputo fare, in questo quasi secolo e mezzo, le ossa e ancora abbisogni di protezione…”. Questo giudizio è rimasto inascoltato e ne è continuata la protezione, ma l’industria italiana come si è trovata sullo stesso piano delle altre bieticolture europee ha preferito chiudere i battenti preferendo lucrare sostanziosi incentivi.
3° e’ giusto che una nazione protegga un suo settore, ma questo deve essere temporaneo e volto a mettere in atto strumenti di crescita e recupero di competitività, se invece è solo un cantonamento in nicchia protetta, si buttano soldi pubblici e la collettività tutta intera non ne trae nessun vantaggio, ma solo danno.
Questo blog è troppo liberare per i miei gusti…sono troppo stanco per beccarmi insulti (ingiustificati) da Bacillus, senza che l’autore del blog accenni ad una censura.
Cantatevela fra di voi…
Saluti
Insulti? Te la prendi per così poco? Suvvia…
Giordano, censura pure, mi sembra giusto che Granduro non si senta offeso e che possa esprimersi liberamente.
Scusate, ma il ruolo di moderatore da forum non è cosa che fa per me.
Chi frequenta queste pagine sa che preferisco rispondere con argomenti agli argomenti (cosa che ho fatto anche in questa occasione), che se rispondo significa che prendo sul serio l’interlocutore, che evito di prendere parte alle lunghe discussioni in cui ci si parla addosso, che quando comprendo che, se una volta che ognuno ha detto la sua le diversità di opinioni ancora sussistono, abbandono la discussione, e che lascio che ognuno (siamo tutti adulti e vaccinati) si regoli da solo.
Anche perché stabilire regole di comportamento significa poi vigilare perché vengano applicate sempre ed in maniera imparziale, col rischio di dare la sensazione di fare figli e figliastri, e personalmente mi sembra un modo assai poco proficuo per impiegare il tempo.
I commenti sgradevoli o sgraditi possono essere tranquillamente ignorati.
A questo punto, però, mi sento una merda. Il che lo sono, si capisce, ma da qui a massacrare un essere umano in questo modo per una innocente pulsione in una mattinata di crisi italiana mi sembra un’ingiustizia.
Rivendico il diritto alla censura, come atto di solidarietà da parte di interlocutori più esperti e più posati di me. Incoraggio quanti, essendo dotati di esperienza di vita, professionale e culturale, hanno gli strumenti per argomentare con argomenti piuttosto che con colpi di testa che nascono da frustrazioni personali, molto particolari e quindi assai criticabili.
Granduro, ti prego di scusarmi. Anch’io, ogni mattina, mi alzo con un sacco di preoccupazioni. Cerca di capirmi.