STRADE, una rivista che non darà la colpa a untori e fornai
Quando mi sono imbattuto nei redattori di Libertiamo questo blog non esisteva ancora. E’ grazie alla fiducia e alla libertà che su quelle pagine mi è stata, fin da subito, concessa, che ho preso dimestichezza con la scrittura, con l’approfondimento e con la polemica. Da allora, era la fine del 2009, per Libertiamo ho scritto 137 articoli.
Oggi che Libertiamo chiude bottega non posso che ringraziare, dal profondo del cuore e senza un filo, credetemi, di retorica di circostanza, Carmelo Palma, Piercamillo Falasca, Marianna Mascioletti, Lucio Scudiero, Mario Seminerio e tutti gli altri, compreso naturalmente Benedetto Della Vedova che di quel progetto è stato l’ispiratore.
Ma se il progetto “Libertiamo” si esaurisce, non sono arrivate al dead end le strade che avevamo cominciato a percorrere anni or sono. Per questo la fine di Libertiamo coincide con l’annuncio della nascita di una nuova rivista che vedrà la luce in autunno, alla cui fondazione e redazione parteciperò in prima persona. Saranno Strade che passeranno, giocoforza, anche attraverso la Valle del Siele. Per descriverle lascio la parola a Piercamillo Falasca, che stamattina proprio su Libertiamo ha annunciato così la nascita di Strade.
La politica, cioè l’attività della polis, si fa nell’agorá. Ma un’agorá resterebbe il luogo d’incontro di una comunità isolata se non ci fossero delle strade a congiungerla con altre agorá. Senza strade non c’é scambio, non c’é commercio e non c’é libertà.
Le strade segnano la storia, noi siamo le nostre strade. L’antica Via Appia congiungeva Roma con Brindisi e fu costruita con una tecnica innovativa per il IV secolo avanti Cristo: i grandi massi levigati della pavimentazione poggiavano su di uno strato di pietrisco che colmava una trincea artificiale che assicurava il drenaggio, in modo da consentire la percorribilità della strada anche durante le piogge. Fu una rivoluzione tecnologica, senza la quale il destino di Roma sarebbe stato diverso.
Tra il 1956 e il 1963, in un’Italia ancora affamata dal dopoguerra ma cosí vivace, fu iniziata, ultimata e aperta al traffico l’Autostrada del Sole, da Milano a Napoli. “Settecentocinquantacinque chilometri di strada dritta, di strada mai fatta“, ama ripetere lo scrittore Francesco Pinto in un libro dedicato alla meravigliosa storia della “strada degli italiani”. Copiarono tecniche altrui, misero le imprese subappaltatrici in competizione tra loro, sfidarono la natura e terminarono i lavori qualche mese prima del previsto: dall’anno della tragedia di Marcinelle a quelllo della visita ufficiale del presidente americano John F. Kennedy a Roma, che simbolicamente decretó l’ingresso dell’Italia tra le nazioni più industrializzate.
Con la caduta di Costantinopoli nel XV secolo per mano turca fu preclusa agli europei una strada, la pista verso l’Oriente, e questi cercarono rotte alternative, una delle quali condusse casualmente alla più grande delle scoperte geografiche: l’America. Un nuovo mondo, che nella sua parte meridionale aveva peraltro conosciuto una civiltà fondato su un formidabile sistema stradale, l’impero Inca.
É una strada anche la Rete, che necessita costantemente di ampliamenti e ammodernamenti per consentire alla merce più preziosa – l’informazione – di circolare e diffondersi per il globo terracqueo. E sono strade le reti energetiche e le rotte aeree. Senza le luci del mercato, le strade sono buie. Se non è garantita la sicurezza di una strada, non ci passerà nessuno e gli scambi tra due piazze si affievoliranno. Tra la mia proprietà privata e l’agorà, c’è una strada da percorrere, che mi piaccia o meno.
La strada é davvero una istituzione. E l’istituzione è – secondo Wikipedia – “una configurazione organizzata di relazioni sociali giuridicamente e storicamente orientata, il cui fine è di garantire la conservazione e l’attuazione di norme o attività sociali e giuridiche -stabilite tra l’individuo e la societá o tra l’individuo e lo Stato – sottratte all’arbitrio individuale e all’arbitrio del potere in generale“. In una società che fatica a consolidare le sue istituzioni formali o sostanziali, politiche ed economiche, quanto è importante riflettere sul rapporto tra regole e discrezionalità e tra diritto e potere!
Non vi sembra allora che STRADE sia un bel nome per un nuovo progetto editoriale che voglia riflettere e discutere con i suoi lettori delle rotte da scoprire, dei percorsi che la creatività umana sta battendo, delle vie migliori per ritrovare la crescita economica e la prosperità? Sará un’infatuazione, ma pare al sottoscritto che ai lettori di Libertiamo – dopo Libertiamo – non si poteva che offrire Strade. Sará un mensile, non cartaceo ma nativo digitale (su sito e app), dove proveremo a pubblicare approfondimenti, analisi e provocazioni utili al dibattito, offrendo al lettore contenuti che non scadano nello spazio di un mattino. Non abbandoneremo il confronto quotidiano, perché oltre al mensile offriremo commenti giornalieri e settimanali ai principali avvenimenti della vita vissuta. Ritroverete firme che molti di voi conoscono e nuovi autori che speriamo apprezzerete. Organizzeremo tavole rotonde e presentazioni a tema (anzi, avremo bisogno del vostro aiuto per farlo dovunque). Proveremo ad essere rigorosi ma non seriosi: il sarcasmo aiuta a vivere, ad una situazione grave ma mai seria bisogna saper controbattere a tema. Se sbagliamo, ci corrigerete.
Parteggeremo sempre per il buon senso e la razionalità, in un’epoca di qualunquismo dilagante. Parafraseremo spesso il Manzoni (prima di scegliere Strade, avevamo anche pensato di chiamare il mensile Lisander in suo onore), scrivendo che la peste non è causata dagli untori e che la carestia non è colpa dei fornai che nascondono il pane. In più, con riferimento all’Italia di oggi, punteremo il dito sulla difficoltà del Paese di costruire le strade della contemporaneità: dalle infrastrutture per i trasporti alla banda larga, dalle reti energetiche alla ricerca scientifica, da un welfare inclusivo all’estensione dei diritti civili, dal rafforzamento dei ponti culturali tra le nazioni alla modernizzazione delle istituzioni repubblicane. Parleremo di politica e di politiche, soprattutto di queste ultime. Cresceremo insieme, se i nostri venticinque lettori lo vorranno, e contribuiremo nel nostro piccolo a rendere un po’ piú fertile un terreno inaridito.
Appuntamento in autunno, allora. Come vi ricorderemo sovente nella rubrichetta “Gli elicotteri del Fondo Monetario Internazionale”, stiamo arrivando.