Da bambino volevo guarire i ciliegi
Puntuale e più che benvenuto reminder di Marco Cattaneo, che sul suo blog racconta la storia di Eben M. Byers, morto nel 1932 a causa di una terapia innovativa, ma non adeguatamente sperimentata:
È un medico di Pittsburgh a consigliargli una specialità messa a punto un paio d’anni prima dal «dottor» William A. Bailey, funambolico titolare del Bailey Radium Laboratory, con sede nel New Jersey. Il Radithor, d’altra parte, è descritto dal produttore come cura per la dispepsia, l’ipertensione, l’impotenza e almeno altre 150 malattie «del sistema endocrino», recitano i depliant. E, sul mercato da appena due anni, ha già un considerevole successo, dato anche il prezzo oltraggioso per l’epoca. Di fatto, si tratta di acqua contenente forti dosi di radio, l’elemento scoperto da Marie e Pierre Curie meno di trent’anni prima e che dà il nome alla radioattività.
Fu questo drammatico episodio (Byers muore dopo una spaventosa agonia durata anni) che permetterà alla Food and Drug Administration di ampliare il suo raggio di intervento, fino a quel momento piuttosto circoscritto. Le norme che regolamentano la sperimentazione delle terapie e la messa in commercio dei medicinali, nella loro forma attuale, risalgono per molti aspetti alla storia di Byers e del Radithor.
Lo spunto per questo excursus viene da una frase di Davide Vannoni che, per difendere il metodo Stamina (ma più che altro sé stesso, ormai), ha detto testuale a Radio24: “Visto che avevo in mano una terapia che pensavo funzionasse, ho cercato di applicarla, salvando delle persone“. Splendido. Marco Cattaneo conclude con tre postille, che facciamo nostre:
La prima: trovo inammissibile che strutture ospedaliere pubbliche abbiano autorizzato la somministrazione della cura Vannoni con l’infusione di cellule staminali senza preoccuparsi di conoscerne la sicurezza e l’efficacia prima di ammetterla nella pratica clinica.
La seconda: mi pare singolare che il Governo e il Parlamento di questa Repubblica abbiano prima dato il via libera al Decreto Balduzzi e poi alla sperimentazione Stamina nelle modalità approvate dalla Camera come se fosse tutto normale, mentre chiedono a gran voce e quasi all’unanimità la clausola di salvaguardia sugli OGM in campo agroalimentare quando questi hanno passato tutte le fasi di sperimentazione e validazione (e ormai di commercializzazione, in altri paesi) che Vannoni vorrebbe saltare a piè pari.
La terza: sarebbe bello che chi, nel mondo della comunicazione, ha alimentato questa vicenda nei modi e nei tempi in cui si è dipanata, strumentalizzando il dolore delle famiglie, si facesse un sacrosanto esame di coscienza, e – per il bene dell’informazione – cambiasse mestiere. O si occupasse d’altro.
Perché, appunto, non è la buona fede di Vannoni, peraltro piuttosto traballante, a dover essere oggetto di dibattito. Le ragioni per le quali qualcuno mette in bottiglia “quei fiori di neve” possono essere le migliori o le peggiori, questo non dovrebbe riguardare nessuno, se non chi si occupa di gossip. Ciò che la vicenda Stamina ha messo seriamente in discussione è un metodo che esiste perché funziona, “la medicina fondata sulle prove di efficacia, che non è un impedimento alla tempestività delle cure, ma casomai una conquista della civiltà in nome della sicurezza dei cittadini“. E tutto questo lo dobbiamo non solo e non tanto a Vannoni, quanto alla vigliaccheria delle autorità pubbliche di questo disgraziato paese.