E poteva andar peggio
Mentre si celebra la “non reintroduzione” dell’IMU sui fabbricati rurali strumentali, forse è il caso di fare due conti, e di rimettere lo spumante in frigo. Dunque: l’IMU da terreni agricoli nel 2012 ha reso un gettito di 628 milioni di euro, e leggiamo che il governo intende reperire circa 350 milioni di euro dalla “rimodulazione delle esenzioni”. La dicitura sembrerebbe eufemisticamente delicata, considerato che cifre del genere indicano un aumento della tassazione patrimoniale sulle imprese agricole (e sulle persone fisiche che detengono terreni non edificabili) del 56%. Ma tanto la patrimoniale in questo paese non c’è, vero?
Beninteso, il sistema delle esenzioni è oggettivamente ributtante. Tre ettari su quattro non pagano l’IMU in base all’altimetria, che è il criterio mediante il quale le associazioni di categoria (e i governi) calcolano la produttività delle imprese e soprattutto il numero di potenziali associati (ed elettori). Ed è in base all’altimetria che i vigneti di Montalcino, per fare l’esempio più grottesco, sono esenti dall’IMU, mentre chi pianta carciofi a Tarquinia la paga.
Ma è altrettanto ributtante continuare a rimandare per l’ennesima volta a data da destinarsi la riforma del catasto e della tassazione patrimoniale sulle imprese agricole che comprende, lo ripetiamo alla nausea, anche i contributi generali di bonifica, con i quali si sovvenzionano enti sovente di dubbia utilità, i consorzi di bonifica, ma di solida resa clientelare. Il tutto perseverando in questo intollerabile tacco-punta su rendite di posizione ed esenzioni, a saldi costantemente, e pesantemente, negativi per le imprese.